2020-02-18

hakurenshi: (Default)
2020-02-18 07:05 pm
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C'è un nuovo gatto in città (COWT10, week 3, m1)

Fandom: Uchitama?! Have you seen my Tama?
Prompt: cuccioli/neonati (m1)
Parole: 1260 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: tutti i personaggi nominati presenti sono cani e gatti.



Si erano tutti riuniti per discutere dell’importante, importantissima notizia che serpeggiava nel quartiere da quella mattina. Beh l’aveva sentita prima di tutti - non consegnava i giornali con il suo adorato padrone per nulla, insomma! - ed era stato prioritario riunire tutto il gruppo e comunicargli la cosa.

Gon e Kuro si guardano, il fare pensieroso; in qualità di più grandi del gruppo è comprensibile che siano loro a ponderare come agire. Momo sembra davvero contenta, la sua coda a muoversi di continuo seppure con la solita grazia. Il piccolo Tora non è presente, ancora, ma passeranno di certo a dirglielo e Nora se ne sta lì appollaiato sull’albero, come se la cosa non lo toccasse, ma Beh è abbastanza sicuro stia comunque prestando orecchio. 

Pochi è il primo a rompere il silenzio: «Perciò è già arrivato?» chiede, con il suo tono gentile ma senza riuscire a nascondere l’eccitazione di fronte alla notizia. E’ comprensibile, d’altronde, per lui più che per chiunque altro si tratta di avere un nuovo compagno di giochi. Beh annuisce, senza fare il misterioso ma notando che tutti pendono ugualmente dalle sue labbra. Sorride pacato, ma perché lui è pacato sempre - non ha ben presente come ci si agiti, nella vita.

«Sì, l’ho sentito dire proprio mentre passavamo all’angolo con la quarta strada.» asserisce «Devo ancora andare a trovarlo, però.» 

Kuro si schiarisce leggermente la voce, l’aria seria che ricorda a tutti come sia il cane della stazione di polizia, con quel non si sa bene cosa a far sentire gli altri sicuri; man mano che parla, Gon di fianco a lui annuisce per confermare in silenzio quanto l’altro sta dicendo: «Credo dovrebbe andare uno solo di noi.» decreta Kuro «Se questo nuovo arrivato è solo un cucciolo, potrebbe spaventarsi nel vedere tanti estranei tutti in una volta. Oltretutto, potrebbe non essere abituato ai cani.»

In effetti tutti sembrano d’accordo, per quanto le orecchie di Pochi si abbassino, specchio della tristezza al pensiero di dover aspettare ancora per conoscerlo. Tuttavia Beh lo sa, la gentilezza di Pochi è tale che farà il bravo e aspetterà il suo momento.

«Forse allora dovrebbe andare Beh.» si inserisce Momo, matura ed equa nella sua scelta nonostante si veda che vorrebbe conoscere il piccolino anche lei il prima possibile «Visto che senza di lui non avremmo saputo nemmeno che era già arrivato!»

Tutti i presenti annuiscono, soddisfatti della scelta. Persino Nora non sembra avere nulla in contrario - di certo non pensava di offrirsi per primo, comunque.

Beh non ha idea di come si tratti con i cuccioli ma, dopotutto, lo sono stati tutti: quanto può essere diverso?


*


La voce di un bambino, probabilmente il padroncino del nuovo arrivato, si sente da oltre il muretto che circonda il piccolo giardino della casa ora abitata. Beh rimane fermo, in ascolto, e quando capisce che c’è via libera con un salto agile si sistema sul muretto e guarda: il gattino è dentro casa, in quello che sembra un salotto, e se ne sta raggomitolato a godersi i raggi del sole vicino alla grande porta-finestra. Beh scende cadendo in silenzio e su tutte e quattro le zampe sull’erba, si muove con tutta calma, sale il piccolo scalino della veranda e si affaccia alla finestra; è chiusa, naturalmente, per evitare di certo che il cucciolo all’interno se ne esca rischiando di perdersi. Ma Beh è un gatto quasi adulto, ormai, ha imparato uno o due trucchetti come aprire la finestra se questa non è bloccata. Una zampata qui, una spintarella di là ed eccolo a sgattaiolare - battuta involontaria, davvero - dentro quel salotto dove tutto odora di nuovo e di pulito.

Il cucciolo non si è minimamente reso conto dell’intrusione, se ne sonnecchia beato e Beh un po’ lo invidia, da grande amante dei sonnellini quale è… e dunque decide che non esiste modo migliore di fare amicizia che mettersi a dormire con lui. Si avvicina, si acciambella e si adagia, ma proprio quando finisce di sbadigliare ed è pronto a chiudere gli occhi, un miagolio acuto tipico dei cuccioli attira la sua attenzione.

Il nuovo arrivato sta aprendo gli occhi e una volta che focalizza la sua presenza il suo musetto si riempie di meraviglia, stupore e curiosità; la codina comincia a ondeggiare a destra e sinistra, lo sguardo non abbandona Beh nemmeno per un istante.

Forse un altro felino andrebbe in brodo di giuggiole (Momo), o forse qualcuno sarebbe particolarmente commosso (Kuro), e altri ancora di certo sarebbero incuriositi dal modo in cui quel piccolo allunga la zampina attirato dal motivo particolare sul pelo di Beh (Gon) ma lui, gatto di casa di un padrone che si occupa di diffondere le informazioni del mondo consegnando giornali, non si fa sorprendere da così poco. Lascia che il più piccolo lo pungoli con la zampa - forse è il primo gatto più grande di lui che vede dopo la sua mamma? - e infine sorride beato con un: «Eh...» che non ha nessun senso ma al tempo stesso racchiude tutti i significati del mondo.

Secondo lui. Gli altri probabilmente non capirebbero.

«Sei così nero...» il piccolo osserva. E’ comprensibile, lui è completamente bianco a eccezione di quella macchia in quel punto tanto particolare, unica interruzione di un manto altrimenti del tutto candido. Beh ridacchia, allunga una zampa e gli tocca la macchia «Tu sei così bianco.»

Chissà perché quelle parole sembrano essere recepite come un complimento; il cucciolo lo guarda, si tira su sulle zampette e alza un poco il musino, con il fare di chi è stato appena riempito di lodi: «Anche la mia mamma è tutta bianca.» dice con orgoglio «Anche tu sei un gatto grande? Come ti chiami?»

La timidezza pare sparita, se c’è mai stata, e Beh sorride pacioso: «Beh» replica «sono quasi un gatto adulto.» dice senza alzarsi, troppo comodo sulla morbida moquette - o forse è solo un tappeto? Oh, ma cosa importa poi - per farlo, e dopotutto possono parlare anche così «Tu come ti chiami?»
«Tama!» dice, ancora pieno di orgoglio «Lo ha scelto il mio padroncino!»

«Eh...» ripete Beh, girandosi sulla schiena, amando quella moquette come ama poche cose - il sole mentre dorme, i rami comodi per dormire, la cesta della bicicletta del suo padrone in cui dormire, le scatole per i sonnellini, il letto del padrone… sì, anche quello per dormire. Dormire in generale.

«Sei il capo dei gatti di questa città?» chiede Tama, avido di informazioni, curioso come solo i cuccioli sanno essere. Beh ridacchia, immaginandosi a capo della Terza strada per un istante; sarebbe così faticoso, no, meglio vivere con semplicità e godersi le piccole gioie. Scuote la testa: «No, non c’è un capo, qui siamo tutti uguali.» assicura, è un concetto importante e i più piccoli è giusto lo sappiano.

«E ci sono tanti gatti?»
«Tanti gatti e tanti cani, siamo tutti amici e gli altri non vedono l’ora di conoscerti.»

A Tama brillano gli occhi, gli si butta addosso, le zampine a premere leggermente sul suo addome ma è così piccolo da fargli quasi un piacevole solletico mentre un po’ prova a spingerlo per estrapolare informazioni, un po’ gli fa la pasta addosso «Anche cani?!»

«Sì, ci sono Gon… Kuro...» la moquette è così morbida «Momo che è una gattina… Tora è poco più grande di te...» così tanto morbida «E poi… c’è Nora...» è insopportabilmente morbida «Pochi...»

«Pochi? Pochi sembra un nome da cane! Un grande cane! Un cane grandissimissimo!»
«Ronf...»
«Beh? Dai, Beh, dimmi se Pochi è un grande cane morbido! Posso giocarci? Beeeeh...»
 
hakurenshi: (Default)
2020-02-18 07:09 pm
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Eternal garden (COWT10, week 3, m2)

Fandom: Fate series
Prompt: mitologia greco-romana (m2)
Parole: 684 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: what if?, original!Heroic spirit, mito di Ganimede



Lui e il suo Master non hanno avuto esattamente il migliore degli approcci. A conoscere la sua storia, chiunque penserebbe che uno Spirito Eroico simile non veda l’ora di essere in qualche modo liberato, seppure per essere sfruttato in una guerra non sua, dall’infinito ripetersi di un passato a cui non vuole né pensare né sentirsi legato. In una certa misura, forse, è anche così ma la verità è che al contrario di quanto possa essere romanzato il suo mito - di cui non esiste nemmeno una sola versione, dal poco che sa - è stufo marcio di avere qualcuno più potente di lui convinto di potersi appropriare della sua esistenza e deciderne ogni dettaglio o il fine ultimo.

Razionalmente capisce di essere ingiusto nei confronti del suo Master: è niente più di un ragazzo, qualcuno che forse nella guerra morirà per primo o non durerà comunque a lungo, uno che non sembra nemmeno fatto per cose del genere. Se fossero amici, e non legati da un contratto magico, forse riuscirebbe a essere più morbido nei suoi confronti e a capire che tutto quello non dipende da lui. Ma è stato ragazzo e il destino non gli ha fatto sconti; il mondo lo crede un prescelto e invece è stato solo il gioco preferito di un dio e per un tempo decisamente breve; dopo è diventato solo un trofeo esposto, ma a osservarlo era solo una persona.

E’ la prima volta che lui e il suo Master condividono uno spazio insieme, sdraiati l’uno accanto all’altro, in silenzio. Lui non è di molte parole, ma non nega una risposta secca, spesso anche brusca se gli si fa una domanda. Sotto un cielo notturno senza nemmeno una nuvola, uno specchio di pace che dovrebbe invece riflettere l’inizio di una guerra imminente, il suo Master rompe il silenzio.

«Cosa vedono gli Spiriti Eroici prima di essere richiamati da un Master?»

Ganimede non lo guarda, mentre gli risponde: «Io vedevo un giardino eternamente in fiore.»


*


Le notti sono calde ma non afose, nel suo regno; non ci sono stagioni ad alternarsi, non si patisce il freddo come non si soffre la calura da cui bisogna ripararsi sotto l’ombra degli alberi per non rischiare di rallentare il pascolo, una cosa a cui è stato abituato fin dalla tenera età e che invece ora è così distante da lui, dalla sua vita - no, più che vita, di ciò che gli resta della sorte di essere un fanciullo dalla pelle perfetta, i lunghi capelli che brillano al sole, come lo decanterebbero gli artisti che sanno giocare con le parole, gli occhi un tempo curiosi e scintillanti di vita e ora freddi, come il più cupo antro del regno di Ade.

Ogni giorno, ogni ora, è circondato da meravigliosi fiori: boccioli che timidi si celano al sole, perché la loro peculiarità è fiorire di notte alla luce più lieve ma elegante della luna; altri del tutto sbocciati invece, a mostrarsi in ogni istante della giornata. Il loro profumo inebria senza nauseare, accompagna senza sovrastare, a volte sembrano sussurrare con le leggere folate di vento e altre sono muti spettatori, consiglieri che fanno solo presenza senza offrire soluzioni. Ganimede è il padrone di un giardino di cui è prigioniero, un fanciullo con dei fiori di cui occuparsi ma trattato egli stesso come il fiore all’occhiello di qualcos’altro, di qualcun altro. Gli vengono fatti i doni più preziosi, eppure anche lui è considerato un dono di cui ci si è appropriati con la forza anziché essere regalato dal fato.

Zeus il fato lo schiaccia, vede qualcosa di gradito e se ne appropria, lo investe di un ruolo che sembra importante - il coppiere degli dèi! - che è solo un modo di dire “schiavo”, di dire “proprietà”. Ganimede ha passato un’eternità intera a percepire il suo sguardo lascivo su di sé, a sentirsi sussurrare complimenti e vezzeggiativi, con la promessa di tutto ciò che desiderava e la negazione dell’unica cosa che voleva: essere libero. Andare via. Tornare mortale.

Il giardino lo culla come la più amorevole delle madri.

Ganimede vorrebbe vederlo bruciare. 

hakurenshi: (Default)
2020-02-18 07:15 pm

Stage crisis (COWT10, week 3, m3)

Fandom: Fire Emblem: Three Houses
Prompt: Omegaverse/Teatro/”Stop texting me weird stuff so late at night” (M3)
Parole: 955 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: modern setting, creepy theatre scripts



Linhardt and Caspar have been childhood friends since forever, so of course they have always known almost everything about each other. They have done things together all the times, be it going to school - and they are still schoolmates even now in college -, try out some acting, discover each other second gender. Not even the medical results managed to separate them: despite them being an alpha and an omega, they have never thought about staying away from the other.

But going back to the theatre and the acting. Linhardt is sitting on a chair, on the stage; it’s Sunday in the morning, he gave up his precious sleep to help Caspar. Tomorrow is the first day of their small group performance and his best friend still hasn’t memorized the whole script. Crossed arms against his torso, when Caspar stays silent without the slightest idea about how to finish his line, Linhardt frowns and looks at him, eloquently. 

«Caspar» he calls «this is the third time you stop.»

Caspar growls, quite literally, frustrated more than anyone else, hands on his face «I know.» he almost cries, stomping on the stage with his foot. Linhardt gets, at this point, that they can’t go on like this if he wants to go back to sleep before midnight.

«I don’t get it!» Caspar exclaims «How am I supposed to act as an omega? I’m an alpha!»
«Well, I act as an alpha.»
«Exactly! Why?! We could have just done the opposite!»
«Aaaand goodbye to acting.»

Caspar looks at him, dumbfounded for several seconds; then, as if some dots just linked in his brain, he looks offended: «Are you saying I can’t act?!»
«Well. So, your omega.»
«You traitor! Doesn’t our friendship mean anything to you?!»

Linhardt stares at him, like he’s trying to mentally tell him “are you for real?” and then he just remembers that Caspar has a lot of qualities, but “being perceptive” is not one of them.

«I’m here, ten in the morning, to help you. I could have slept until two in the afternoon. If this is not enough friendship for you, Caspar...»

They stay quiet for a bit; Linhardt can tell that the other is trying his best, but Caspar has never been one to memorize stuff - which makes it even more incomprehensible why he chooses to take that acting class, but whatever - so of course it’s so complicated for him. Especially this time, since he has to act as someone completely different from him. Linhardt sighs: there is no other way.

«Let’s do the scene again together.» he offers, standing up from the chair; Caspar beams with gratefulness and joy, closing the distance between them with two big steps.

«So, the scene where we talk about texts, right?»
«Right! You really are my saviour, dude!»

Yeah. Dude. 


*


Caspar shows him the screen of his mobile phone, a text Linhardt knows way too well almost staring back at him; it’s something he sent during the night - at least his character did, Linhardt uses his nights for two things: studying stuff he is interested in and sleeping. What’s with people texting at two in the night? - and as he moves his gaze between the screen and Caspar’s face, he’s not fazed at all. 

«You have to stop.» Caspar says, frowning and worried «This needs to stop.» he adds as he search for some kind of reaction on Linhardt’s face. He doesn’t find any.

«I don’t see the problem. I was thinking of you so I texted you.»
«Reason aside, it was two in the morning, man!»
Linhardt looks at Caspar - the childhood friend, not the character he’s acting as - and sighs «Caspar, “man” is something your character definitely doesn’t say.» he points out.
Crap, he hears the other whispers, apparently to himself, before clearing his voice with a couple of small coughs.
«Reason aside, it was two in the morning!» he repeats, sticking to the script this time. So Linhardt goes back to act as well: «So it would be okay for me to text you if it was during the day?»
«That’s not the point!» Caspar replies and, wow, he can sound almost believable «Stop texting me weird stuff so late at night!»

Linhardt pretends to be confused, as if he doesn’t understand what’s so weird about it. Seriously, though, this script is awful and clearly a delusion; nonetheless, he keeps acting «What’s so weird about it? Is it because I wrote that I think about you, that I can’t forget about when I saw you change clothes? How I understood myself for the first time or is it about me wanting you to be my mate?»

Urgh. That’s pretty creepy. And that’s when Caspar frowns again, opens his mouth to speak and yet only manages to gasp. Linhardt can see him blush slightly and he knows it’s the end of this even before Caspar gives up.

«Urgh, that’s so embarrassing!»
«Well, you alphas are kind of embarrassing anyway.»
«I’m not???»
«Not so creepy, yeah. Also you don’t text late at night.»
«You wouldn’t answer anyway...»
«Oh?» Linhardt replies and thinks: does he want to spend some energy to make more fun of him? Or would it be better and wiser to just finish with their rehearsal and go back to sleep at home? 

«So you wanted to text me about the fact you can’t forget when I changed clothes in front of you?» he makes fun of him because, well, more than ten years of friendship and you more or less do everything together at some point, be it while naked or dressed.

The desperate sound Caspar lets out echoes in the empty theatre.