hakurenshi: (Default)

Fandom: UchiTama?!
Prompt: neonati/cuccioli (m1)
Parole: 658 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: tanta stupidità canina.



Benché tutti loro avessero sempre sperato che ciò non sarebbe mai avvenuto, era infine giunto il temuto momento in cui persino la pace della Terza strada veniva messa a dura prova. Nei loro peggiori incubi si erano, forse, sempre immaginati che tutto ciò sarebbe avvenuto per qualcosa di lontano da loro, di impossibile da fermare: una calamità naturale, oppure un qualche sortilegio di un gatto magico venuto da parti estreme del mondo tanto da essere sconosciute persino a Nora.

Pensare invece come si trattasse sì di un nuovo arrivato, ma di qualcuno che sarebbe potuto essere loro amico… e invece portava solo grossi guai.

«Non è cattivo, credo… ma è impegnativo.» aveva detto Gon, cercando forse di sminuire il problema per non spaventare i più giovani. Kuro, sentendosi con ogni probabilità responsabile, in quanto uno degli adulti, aveva annuito mantenendo una facciata di calma di fronte a qualcosa di complesso ma gestibile. Il punto di non ritorno era stato raggiunto quando la povera Koma era arrivata terrorizzata dal gruppo, andando subito a nascondersi tra le zampe di Momo, cercando conforto e tremando come una fogliolina. Quando le avevano chiesto cosa fosse successo, aveva scosso la testa con energia, quasi non volesse nemmeno provare a ricordarlo.

L’unica cosa che aveva detto era stata: «E’ gigantesco e spaventoso! Non ci voglio più tornare!»

Non avevano davvero saputo cosa pensare, visto il carattere curioso e sempre entusiasta di fronte alle nuove conoscenze che era il tratto distintivo di Koma.

Di certo, questo nuovo arrivato che si divertiva a terrorizzare i cuccioli doveva essere gestito in qualche modo!


*


Erano tutti appostati, nascosti dietro il muretto della nuova casa. La tensione si poteva tagliare con l’apriscatolette. 

Uno sguardo oltre il bordo e Beh intravide la targa sulla cuccia del nuovo arrivato: se la cuccia enorme non fosse stata sufficiente, il nome - con l’aiuto di una piccola spiegazione di Gon, che leggeva tanto - Ares la diceva lunga: il dio della guerra degli umani! Non c’era dubbio, doveva essere arrivato lì per scatenare l’inferno con i suoi terribili padroni!

«Ho paura, non voglio incontrarlo...» mormorò Pochi, terrorizzato. Tama, al suo fianco e non meno tremolante di lui, cercò di fargli forza con una zampa sulla spalla. Erano cresciuti entrambi, ormai, non potevano tirarsi indietro.

Forse.

Il rumore pesante di una zampa poggiata sulla terra li fece trasalire tutti quanti. Trasalire così tanto che Tama, sportosi più degli altri, si ritrovò a capitombolare nel giardino altrui.
«T-Tama…!» chiamò preoccupato Pochi, mentre tutto il piccolo gruppo andava nel panico e al tempo stesso cercava di trovare subito il modo di farlo saltare dal proprio lato. Tama si scrollò di dosso i fili d’erba, ma troppo tardi si rese conto di un’ombra sempre più vicina; alzò lo sguardo quando la vide torreggiare su di lui e… quasi svenne. Un cane gigante, nero e marrone, lo guardava. Le sue zampe, da sole, erano forse grandi quanto la testa di Tama-- no, quanto tutto il suo corpo!
«S-S-S-Salve...»

Il cane lo fissò. Tama sentì che se esisteva uno sguardo famelico al mondo, doveva essere quello. Stava per abbandonarsi all’idea che non sarebbe sopravvissuto, sperando almeno di diventare un eroe dando il tempo ai suoi amici di fuggire, quando il cane si acquattò prima e si mise pancia all’aria dopo; dalla bocca semiaperta, fece penzolare la lingua rosa. Improvvisamente la sua espressione era immensamente scema.

«Ciao!» lo salutò entusiasta mentre scodinzolava così forte che, chissà, forse avrebbe potuto scatenare una tromba d’aria! «Sei venuto per giocare? Ciao! Io sono Ares! Diventiamo amici? Sai giocare a rotolarti? Io ho appena imparato!»
Tama lo fissò, senza sapere davvero cosa fare.
«Appena… imparato…?»
«Sì!» disse quello «Ho ancora solo tre mesi, quindi inciampo quando rincorro la palla ma a rotolare sono già bravissimo!»

Tre mesi. Un cucciolo, praticamente.
«Ma… sei così grande...»
«Sì, sono un cucciolo grande! Adesso giochiamo?»

La pace nella Terza strada, forse, non era del tutto perduta allora. 

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Fandom: UchiTama?!
Prompt: neonato (gattino, m1)
Parole: 539 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: sembra porno furry ma non è, però serve a dare l’allegria (...)



Tutto ciò era a dir poco inusuale, qualcosa che in condizioni normali non sarebbe mai dovuto avvenire, non in questo modo almeno. Innanzitutto, era convinto al cento per cento del fatto che sì, cani e gatti potessero essere amici o persino fratelli, ma alcuni limiti non si sarebbero mai dovuti superare. Poteva concepire rapporti tra specie diverse, eppure queste cose un cane e un gatto non avrebbero mai dovuto farle insieme.

Aveva provato a resistere, a tirarsene fuori, a rifiutare. Seppure era vero che fosse immensamente difficile, per lui, dire di no era altrettanto vero che avesse una morale ferrea e forse il problema era stato proprio quello: per chi lo conosceva bene bastava far virare la conversazione e la situazione sul prendersi le proprie responsabilità e, quasi per magia, per Kuro diventava terribile il solo pensiero di sottrarsi alla cosa. Eppure, in questo caso, era persino riuscito a insistere più di quanto avesse mai fatto in altri casi. Era stato possibile perché c’erano tante altre persone che si sarebbero rivelate più adatte di lui a quel… compito, per così dire: Beh, per dirne uno, era talmente informato che Kuro non dubitava sarebbe stato in grado di spiegare meglio di una qualsiasi rivista la cosa. Momo sarebbe stata di sicuro la migliore per quel ruolo, in quanto una gatta femmina, ma gli impegni al Tulip l’avevano impossibilitata, e questo poteva rispettarlo. Tora? Ancora troppo cucciolo, forse. Pochi? Lo stesso. Ma Nora? Nora era un gatto di mondo, un gatto pieno di conoscenze e soprattutto di esperienza.

Kuro era un cane. Un cane grande. E se avesse fatto male al povero Tama mentre… mentre stavano…?

«Ci stai pensando troppo, Kuro.» la voce divertita di Gon lo raggiunge e, quando alzò lo sguardo su di lui con negli occhi una vera e propria supplica, Kuro lo vide sforzarsi per nascondere una risata vera e propria.

«Persino tu saresti molto più adatto di me, Gon...» si lamentò, sull’orlo della disperazione; nemmeno la formazione da cane poliziotto poteva niente di fronte a tutto ciò. Anzi. Se ci pensava diventava tutto molto peggiore di come già non sembrasse. E se lo avessero saputo? Gli avrebbero tolto la possibilità di esercitare i suoi doveri? Cacciato dalla stazione di polizia? Rimproverato per aver gettato l’ombra della vergogna su tutti i cani poliziotto del mondo?!

«Guarda Tama, è già pronto e sta aspettando soltanto te. Forza! Grazie a te, diventerà un gatto adulto.»

Kuro deglutì, spostando gli occhi azzurri sul piccolo Tama. Un gattino così giovane, allontanato troppo presto dalla mamma sebbene per un’adozione che in futuro lo avrebbe di certo reso felice… se ne stava lì, a guardarlo senza alcuna preoccupazione al mondo, pronto ad accoglierlo. A vedere cosa avesse da mostrargli, da insegnargli.

C’era la determinazione nei suoi piccoli occhi di gattino di pochi mesi.

Kuro inspirò, portando le zampe possenti vicine a Tama; si chinò lentamente su di lui, per non spaventarlo. Socchiuse la bocca, ormai vicinissimo al suo corpo… e indugiò, per un secondo. Decise che il piccolo, così pieno di fiducia nei suoi confronti, meritava di sapere cosa stesse per accadere.

«Tama… ora ti insegnerò a leccare via il pelo per pulirti. E’ molto importante per i gatti, quindi osserva bene, okay?» 

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Fandom: Uchitama?! Have you seen my Tama?
Prompt: cuccioli/neonati (m1)
Parole: 1260 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: tutti i personaggi nominati presenti sono cani e gatti.



Si erano tutti riuniti per discutere dell’importante, importantissima notizia che serpeggiava nel quartiere da quella mattina. Beh l’aveva sentita prima di tutti - non consegnava i giornali con il suo adorato padrone per nulla, insomma! - ed era stato prioritario riunire tutto il gruppo e comunicargli la cosa.

Gon e Kuro si guardano, il fare pensieroso; in qualità di più grandi del gruppo è comprensibile che siano loro a ponderare come agire. Momo sembra davvero contenta, la sua coda a muoversi di continuo seppure con la solita grazia. Il piccolo Tora non è presente, ancora, ma passeranno di certo a dirglielo e Nora se ne sta lì appollaiato sull’albero, come se la cosa non lo toccasse, ma Beh è abbastanza sicuro stia comunque prestando orecchio. 

Pochi è il primo a rompere il silenzio: «Perciò è già arrivato?» chiede, con il suo tono gentile ma senza riuscire a nascondere l’eccitazione di fronte alla notizia. E’ comprensibile, d’altronde, per lui più che per chiunque altro si tratta di avere un nuovo compagno di giochi. Beh annuisce, senza fare il misterioso ma notando che tutti pendono ugualmente dalle sue labbra. Sorride pacato, ma perché lui è pacato sempre - non ha ben presente come ci si agiti, nella vita.

«Sì, l’ho sentito dire proprio mentre passavamo all’angolo con la quarta strada.» asserisce «Devo ancora andare a trovarlo, però.» 

Kuro si schiarisce leggermente la voce, l’aria seria che ricorda a tutti come sia il cane della stazione di polizia, con quel non si sa bene cosa a far sentire gli altri sicuri; man mano che parla, Gon di fianco a lui annuisce per confermare in silenzio quanto l’altro sta dicendo: «Credo dovrebbe andare uno solo di noi.» decreta Kuro «Se questo nuovo arrivato è solo un cucciolo, potrebbe spaventarsi nel vedere tanti estranei tutti in una volta. Oltretutto, potrebbe non essere abituato ai cani.»

In effetti tutti sembrano d’accordo, per quanto le orecchie di Pochi si abbassino, specchio della tristezza al pensiero di dover aspettare ancora per conoscerlo. Tuttavia Beh lo sa, la gentilezza di Pochi è tale che farà il bravo e aspetterà il suo momento.

«Forse allora dovrebbe andare Beh.» si inserisce Momo, matura ed equa nella sua scelta nonostante si veda che vorrebbe conoscere il piccolino anche lei il prima possibile «Visto che senza di lui non avremmo saputo nemmeno che era già arrivato!»

Tutti i presenti annuiscono, soddisfatti della scelta. Persino Nora non sembra avere nulla in contrario - di certo non pensava di offrirsi per primo, comunque.

Beh non ha idea di come si tratti con i cuccioli ma, dopotutto, lo sono stati tutti: quanto può essere diverso?


*


La voce di un bambino, probabilmente il padroncino del nuovo arrivato, si sente da oltre il muretto che circonda il piccolo giardino della casa ora abitata. Beh rimane fermo, in ascolto, e quando capisce che c’è via libera con un salto agile si sistema sul muretto e guarda: il gattino è dentro casa, in quello che sembra un salotto, e se ne sta raggomitolato a godersi i raggi del sole vicino alla grande porta-finestra. Beh scende cadendo in silenzio e su tutte e quattro le zampe sull’erba, si muove con tutta calma, sale il piccolo scalino della veranda e si affaccia alla finestra; è chiusa, naturalmente, per evitare di certo che il cucciolo all’interno se ne esca rischiando di perdersi. Ma Beh è un gatto quasi adulto, ormai, ha imparato uno o due trucchetti come aprire la finestra se questa non è bloccata. Una zampata qui, una spintarella di là ed eccolo a sgattaiolare - battuta involontaria, davvero - dentro quel salotto dove tutto odora di nuovo e di pulito.

Il cucciolo non si è minimamente reso conto dell’intrusione, se ne sonnecchia beato e Beh un po’ lo invidia, da grande amante dei sonnellini quale è… e dunque decide che non esiste modo migliore di fare amicizia che mettersi a dormire con lui. Si avvicina, si acciambella e si adagia, ma proprio quando finisce di sbadigliare ed è pronto a chiudere gli occhi, un miagolio acuto tipico dei cuccioli attira la sua attenzione.

Il nuovo arrivato sta aprendo gli occhi e una volta che focalizza la sua presenza il suo musetto si riempie di meraviglia, stupore e curiosità; la codina comincia a ondeggiare a destra e sinistra, lo sguardo non abbandona Beh nemmeno per un istante.

Forse un altro felino andrebbe in brodo di giuggiole (Momo), o forse qualcuno sarebbe particolarmente commosso (Kuro), e altri ancora di certo sarebbero incuriositi dal modo in cui quel piccolo allunga la zampina attirato dal motivo particolare sul pelo di Beh (Gon) ma lui, gatto di casa di un padrone che si occupa di diffondere le informazioni del mondo consegnando giornali, non si fa sorprendere da così poco. Lascia che il più piccolo lo pungoli con la zampa - forse è il primo gatto più grande di lui che vede dopo la sua mamma? - e infine sorride beato con un: «Eh...» che non ha nessun senso ma al tempo stesso racchiude tutti i significati del mondo.

Secondo lui. Gli altri probabilmente non capirebbero.

«Sei così nero...» il piccolo osserva. E’ comprensibile, lui è completamente bianco a eccezione di quella macchia in quel punto tanto particolare, unica interruzione di un manto altrimenti del tutto candido. Beh ridacchia, allunga una zampa e gli tocca la macchia «Tu sei così bianco.»

Chissà perché quelle parole sembrano essere recepite come un complimento; il cucciolo lo guarda, si tira su sulle zampette e alza un poco il musino, con il fare di chi è stato appena riempito di lodi: «Anche la mia mamma è tutta bianca.» dice con orgoglio «Anche tu sei un gatto grande? Come ti chiami?»

La timidezza pare sparita, se c’è mai stata, e Beh sorride pacioso: «Beh» replica «sono quasi un gatto adulto.» dice senza alzarsi, troppo comodo sulla morbida moquette - o forse è solo un tappeto? Oh, ma cosa importa poi - per farlo, e dopotutto possono parlare anche così «Tu come ti chiami?»
«Tama!» dice, ancora pieno di orgoglio «Lo ha scelto il mio padroncino!»

«Eh...» ripete Beh, girandosi sulla schiena, amando quella moquette come ama poche cose - il sole mentre dorme, i rami comodi per dormire, la cesta della bicicletta del suo padrone in cui dormire, le scatole per i sonnellini, il letto del padrone… sì, anche quello per dormire. Dormire in generale.

«Sei il capo dei gatti di questa città?» chiede Tama, avido di informazioni, curioso come solo i cuccioli sanno essere. Beh ridacchia, immaginandosi a capo della Terza strada per un istante; sarebbe così faticoso, no, meglio vivere con semplicità e godersi le piccole gioie. Scuote la testa: «No, non c’è un capo, qui siamo tutti uguali.» assicura, è un concetto importante e i più piccoli è giusto lo sappiano.

«E ci sono tanti gatti?»
«Tanti gatti e tanti cani, siamo tutti amici e gli altri non vedono l’ora di conoscerti.»

A Tama brillano gli occhi, gli si butta addosso, le zampine a premere leggermente sul suo addome ma è così piccolo da fargli quasi un piacevole solletico mentre un po’ prova a spingerlo per estrapolare informazioni, un po’ gli fa la pasta addosso «Anche cani?!»

«Sì, ci sono Gon… Kuro...» la moquette è così morbida «Momo che è una gattina… Tora è poco più grande di te...» così tanto morbida «E poi… c’è Nora...» è insopportabilmente morbida «Pochi...»

«Pochi? Pochi sembra un nome da cane! Un grande cane! Un cane grandissimissimo!»
«Ronf...»
«Beh? Dai, Beh, dimmi se Pochi è un grande cane morbido! Posso giocarci? Beeeeh...»
 

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