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Prompt: Gemelli
Missione: M12
Parole: 635



Hinata capisce che non sia davvero colpa di qualcuno se questo equivoco continua a ripetersi ancora e ancora. Tuttavia quando sente qualcuno avanzare l’ipotesi che lui sia “il gemello di Hazel” sente dentro di sé un istinto violento che di solito scarica solo in un modo: hackerare il computer o un qualsiasi mezzo tecnologico in uso dal suo - momentaneo - acerrimo nemico e distruggere ogni prova della sua esistenza telematica. Possibilmente perdendogli dati di gioco irrecuperabili, se il soggetto si presta alla distorta arte dei videogiochi.
A ben pensarci quest’agonia è un processo attraversato già una volta, ma al contrario: quando ha iniziato a indossare abiti femminili per una questione di proprio agio, sebbene non relativa al sentirsi una donna nel corpo di un uomo, diverse persone che conoscevano la sua famiglia solo in maniera molto superficiale non facevano che chiedere a sua madre “Signora Fujimori, ha due gemelli, quindi?” o a sottolineare quando incontravano Hinata stesso in abiti femminili “tu e tuo fratello siete proprio due gocce d’acqua” e all’epoca, per pura praticità e poca propensione a offrire ad altri informazioni personali, Hinata non si è mai dato la pena di correggerli. D’altronde non era mai stato nessuno di vicino a lui o sua madre a fare domande, solo vicini troppo impiccioni per sopravvivere senza chiedere.
Ora però è diverso. Ora lui si trova nella condizione di fare la corte a un uomo che lo ha visto sempre e solo in panni femminili, a cui non ha ancora detto di essere la stessa “Hazel” che ha conosciuto e incontrato in più occasioni e non ci tiene affatto a far circolare la voce di loro come gemelli perché sarebbe tutto ancora più complicato e in salita. E lo è già abbastanza così.
«Così» pronuncia Kazunari al suo fianco, facendolo sobbalzare impercettibilmente «di cosa volevi discutere?»
«Ecco» comincia senza avere nemmeno un vero inizio in mente, inspirando dal naso e umettandosi le labbra per riflesso «hai sentito anche tu di una mia sorella gemella?»
Può sentire lo sguardo di Kazunari su di sé e non lo biasima: è stato l’inizio di conversazione più disagiato degli ultimi dieci anni, con molta probabilità.
Ma Kazunari è troppo educato per dirglielo o negargli una risposta: «Hazel, giusto? Ci siamo… conosciuti.»
«In realtà no.»
...Fantastico.
«Cioè, sì, ma non è mia sorella gemella. Voglio dire-- urgh, perché non può essere facile come hackerare un computer aziendale.» sbotta, uno sbuffo a scappargli tra le labbra e lo sguardo tenuto con ostinazione davanti a sé, senza neanche osare direzionarlo su Kazunari al proprio fianco. Starà pensando che è fuori di testa.
«Ero io, Hazel. Lo sono. Insomma, tanto per cominciare è un nickname nel mio ambiente, non è che io abbia mai cercato di cambiare identità o cose del genere. Ma per un po’, ecco, ancora adesso a dirla tutta mi capita di preferire vestiti da donna. Nel senso. Sai.» lo sente ridere al proprio fianco e non azzarda a guardarlo, perché la derisione da Kazunari non se l’aspetta eppure ne teme comunque l’esistenza. Però, poi, la mano dell’uomo si posa sulla sua testa a sorpresa e gli scompiglia i capelli piano, in un gesto appena accennato e inatteso.
«Quindi» prende a parlare lui «l’unica cosa che devo sapere di te e Hazel è che non siete gemelli ma la stessa persona, giusto?» domanda. Solo allora lo guarda, perché vorrebbe riuscire a ringraziarlo almeno con lo sguardo, quando invece annuisce soltanto e si ritrova a guardare un sorriso semplice ma che trova davvero bello.
«Ah, e ancora più importante: come vuoi che ti chiami?»
Non deve davvero pensarci, ma si prende un secondo per allontanare da entrambi loro l’immagine di una sorella gemella che non c’è mai stata ma che in passato l’ha, in fondo, accompagnato almeno per un po’.
«Hinata.»
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Prompt: Bilancia
Missione: M12
Parole: 479




Ormai l’abitazione in cui si sono sistemati a Treviri è vissuta abbastanza da poter vantare i propri misteri, o così sostiene Mikhail quando si diverte a far venire i brividi ai chi non è amante dei racconti su esperienze paranormali che Yukinaga è sicuro non siano mai successe davvero.
Ci sono solo due prove che danno, in effetti, il beneficio del dubbio a Mikhail: punto primo, è vero che di tanto in tanto si sente il rumore di qualcosa in fase di distruzione causa probabile oggetto contundente - e per quanto diversi membri della famiglia non siano ciò che si potrebbe definire “delicati” e l’arrivo di piccoli ability users a cui manca ancora il controllo, Yukinaga dubita ci sia qualcuno in grado non tanto di distruggere oggetti (o meglio, sempre lo stesso ma ripetutamente) e occultare così bene la cosa. Sì, poco importa che alcuni della famiglia siano ex assassini e la scelta della parola “occultare” sembri una battuta mal riuscita o volutamente molto triste.
La seconda prova è come, seppure a intervalli irregolari, la bilancia tenuta in bagno continui a sparire. Finora ne hanno cambiate tre e non perché avessero smesso di funzionare. Se all’inizio ha pensato fosse stata buttata per qualche motivo, dopo è diventato un fatto inspiegabile.
Per questo ora la controlla in ogni occasione disponibile. E’ così che trova Rui in bagno, non consapevole di essere vista mentre in pantalocini e canottiera fissa con insistenza la bilancia a terra, davanti a lei, nella chiara indecisione sul salirci sopra o meno.
«Mmh...» le sente mugugnare, mentre l’indice arriccia i capelli con un fare nervoso che Yukinaga, da buon amico d’infanzia, conosce bene «Non mi tradire, okay?» coglie quelle parole per caso tanto quanto l’averla intravista per pura fortuna entrare in bagno con fare furtivo poco prima.
La vede alzare un piede e poggiarlo sulla bilancia, poi fare lo stesso con l’altro; un lungo momento di silenzio è tutto ciò che accoglie lo sguardo di Rui che si posa sullo schermo che deve starle rimandando indietro l’ammontare del peso.
Così com’è salita, Yukinaga la vede scendere e infilare le ciabatte una per una con una calma che non le appartiene. Poi, senza preavviso, le vede fare quella cosa che ha imparato a riconoscere come spia di quando Rui - consapevole del fatto o meno - sta attivando la sua abilità speciale.
Non fa in tempo nemmeno a palesare la sua presenza e, dunque, men che meno a fermarla che un poderoso calcio fa volare la bilancia contro il muro e un istante dopo diversi suoi componenti giacciono a terra come cadaveri di una sanguinosa guerra.
Yukinaga, nell’immediato, prende due sagge decisioni: inventerà qualche scusa per far circolare meno dolci in casa almeno per un po’ - quanto sufficiente a salvare la prossima bilancia che compreranno - e non farà mai parola di quanto visto con nessuno. Mai.
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Prompt: scontro
Missione: M1
Parole: 1091




Le parole di Tatsuya prima dell’inizio della missione sono state piuttosto chiare, e ancora si ripetono nella mente di Hiyori: giocheranno sicuramente sporco, gli ha detto, dai russi non mi aspetto di meglio. Non siamo mai stati un gruppo di assassini, ma piuttosto che farvi prendere, uccideteli.
Da quando si è unito al suo gruppo, Hiyori non si è sentito rivolgere una sola volta da Tatsuya l’ordine di privare della vita qualcuno se non per difesa personale e, anche in quel caso, è avvenuto molto di rado. Sa che i trascorsi con la Russia non sono proprio ottimali per Tatsuya - ironico considerando che tanto il suo compagno quanto quello del fratello del boss siano russi, tanto per cominciare - ma per arrivare a dargli un ordine simile, Hiyori sa che Tatsuya deve aver preso in considerazione ogni possibile variabile e non aver trovato altra soluzione.
Hiyori è abituato alle retroguardie. Succede, quando si è il medico del gruppo e l’unico in grado di salvare delle vite, dovessero alcune missioni prendere una pessima piega. Per questo in pochi, persino all’interno del loro gruppo, possono dire di averlo visto combattere e ancora meno (nessuno?) di averlo visto combattere per uccidere.
«Non preoccuparti, Hiyori.» pronuncia una voce pacata e rassicurante al suo fianco, e non ha bisogno di alzare lo sguardo per sapere che si tratta di suo fratello Jun. Quando lo guarda, tuttavia, nota che si sta tirando su le maniche della camicia candida e che la cravatta è già finita abbandonata a terra «Ti copro le spalle.» assicura rivolgendogli un sorriso gentile e portando una mano a scompigliargli appena la zazzera bionda.
Sono anni che lui e Jun non combattono fianco a fianco, perché non ce n’è mai stato bisogno finora. Saperlo accanto lo fa sentire pressoché invincibile da quando aveva anche meno di dieci anni e non sapeva nemmeno come assumere una posizione di guardia.
Puntano entrambi lo sguardo davanti a loro, adocchiando i due ability user che li stanno approcciando; fisico uno, elementale l’altro da quanto hanno visto.
Non hanno bisogno di dirsi qualcosa, di farsi un segnale: lui e Jun si sono sempre mossi in quella che la sorella Tarja ha etichettato come simbiosi irritante dalla prima volta che in allenamento se l’è vista rivolgere contro. Per loro è come essere un solo corpo diviso in due: riescono a tenersi d’occhio a vicenda nei rari momenti in cui hanno bisogno effettivo di vedersi anziché percepirsi e basta, consci l’uno dei movimenti dell’altro.
Hiyori è il primo a scattare in avanti, e forse il russo non se lo aspetta: assume una frettolosa posa di guardia ma il medico evita di dargli il tempo di concentrarsi sul proprio potere e gli sferra un calcio atto più a distrarre che a colpirlo davvero. Riesce nel suo intento quando lo vede alzare la guardia e lasciare libero il fianco; lo colpisce con la mano, di taglio, mirando con precisione millimetrica allo spazio tra due costole. Lo vede piegarsi di lato, lasciandosi andare a un verso di dolore misto alla frustrazione - si ritrae di un paio di passi, scarta leggermente di lato e lo vede sferrargli un calcio a propria volta. Non alza la guardia, perché un istante dopo è Jun a farne le veci portandosi con un braccio alto a protezione e rinforzo del proprio corpo, così da poter incassare il colpo ed evitarlo a Hiyori.
Lui così ha il tempo di aggirare il nemico e dare un secondo colpo di mano, sempre di piatto, contro un punto preciso della nuca; ormai conosce i nervi con una tale precisione da percepire, quasi, il momento in cui li colpisce e in cui reagiscono al suo tocco. Non si sorprende, quindi, di vedere l’altro crollare a terra.
«Dietro!» esclama Jun, conciso nell’unica indicazione davvero necessaria da dare in quel momento. Hiyori si sposta sulla sinistra, mosso da cieca fiducia, e vede una fiammata passargli di fianco. Anche Jun l’ha evitata a propria volta e sta già scattando verso l’altro ability user. Rischia quasi un colpo in pieno viso e vederlo porta Hiyori a irrigidirsi, ma quando nota che non c’è reale pericolo non perde ulteriore tempo: si muove veloce e silenzioso, e se avesse il tempo di ricordare le parole del suo maestro capirebbe quanto erano veritiere e ponderate - io insegno l’arte di uccidere, ma la volontà di farlo dipende dalla persona. Tu però sei il mio allievo più pericoloso, perché tutto il tuo corpo è naturalmente portato all’uccisione, e se l’unica cosa che lo frena dovesse venire meno avrei creato un mostro, non un uomo che può scegliere.
E’ questione di un attimo: il mutante lo percepisce e sferra un colpo che lui para per un soffio. Jun lo colpisce alle gambe e lo distrae, e per questo diventa il bersaglio di una nuova fiammata ma Hiyori lo anticipa. Basta la pressione di due dita, come un solletico appena più incisivo; due dita in due diverse zone tra la base del collo e la carotide e quello si accascia, prima scosso da un paio di convulsioni e poi soffocato, le mani alla gola nel disperato tentativo di liberare le vie respiratorie senza successo, fino a che non esala l’ultimo respiro.
Hiyori lo guarda morire come ha visto morire altre persone - non tutte per mano sua, ma qualcuna sì. Jun all’improvviso gli si scaglia contro, carica un pugno e lo sferra; gli sfiora appena la guancia, andando a colpire con forza l’uomo alle spalle di suo fratello.
«Andiamo.» lo incalza, con quella dolcezza di fondo che riesce a riservargli anche mentre si circondano di violenza e morte «La famiglia ha bisogno di noi.»
Hiyori annuisce, sebbene lo sguardo si ancora sul corpo senza vita ora steso ai suoi piedi; ha gli occhi sbarrati, e fa sempre l’effetto di una muta accusa eterna. Distoglie l’attenzione da lui solo quando la mano di Jun si posa di nuovo tra i suoi capelli, sostando lì un secondo più del necessario. Capisce l’intento di suo fratello di proteggerlo da tutti i mali del mondo, non soltanto quelli fisici ma anche quelli emotivi, soprattutto quelli che tende ad autoinfliggersi. Abbozza un sorriso breve, il rumore di un’esplosione non troppo lontana, nella direzione in cui hanno lasciato a combattere altri membri del gruppo.
Alzando lo sguardo mentre iniziano a correre in loro direzione, appollaiato su un edificio, Hiyori vede Mirai puntare e colpire senza alcuna esitazione all’idea di prendersi una, due, dieci vite.
Maestro, un uomo che sceglie di uccidere per proteggere è ancora considerabile un mostro?
 

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