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Prompt: “nome” + iniziale (s) + titolo (massimo 9 parole, iniziale “s”)

Missione: M3 (week 4)
Parole: 5260
Rating: mature
Fandom: Boku no Hero Academia

Warnings: omegaverse, tematiche delicate




Se avessero chiesto a Todoroki di elencare i momenti più significativi della sua adolescenza, avrebbe avuto solo l'imbarazzo della scelta. Se si fosse trattato dell'età adulta, tuttavia, ognuno di essi sarebbe stato senza dubbio riassumibile nel nome di Shinso Hitoshi. Anche se, forse, è cominciata molto prima di quanto lui stesso ricordi.


*


Aizawa-sensei è un uomo particolare e un insegnante altrettanto particolare, Shoto l'ha pensato dal primo giorno di scuola in cui l'adulto si è presentato come responsabile di classe. Potrebbe aver influito il suo aver lanciato il gessetto all'indirizzo di Kaminari senza nemmeno impegnarsi a sembrare dispiaciuto per averlo fatto, ma Shoto dopo un anno con lui crede di ci sia di più. O almeno dal suo punto di vista è così. Si tratta di qualcosa che va oltre il suo. modo di tenerci agli studenti o il rapporto instaurato con la classe, perché di insegnanti che si impegnano Shoto ne ha visti tanti e non sente di poter rimproverare loro chissà cosa.


Azzarderebbe a dire che sarebbe capace - in un modo tutto suo, certo - di far sentire qualsiasi studente a proprio agio, più o meno... se non fosse per quello che gli sta di fianco, con l'aria poco convinta di essere lì, mentre sulla lavagna i kanji compongono Shinso Hitoshi. Le parole introduttive di Aizawa non sono molte, ma quelle di presentazione del ragazzo riescono a essere anche meno: nome, cognome, un paio di hobby generici che potrebbero essere i preferiti di chiunque ma che hanno la peculiarità di essere solitari e niente di più. Finisce col sedersi un paio di posti dietro Shoto e non sorprende nessuno che Kaminari cerchi di attaccare bottone da bravo essere socievole quale è.


Shinso spreca meno di cinque parole per rispondergli, prima di fissare lo sguardo sul quaderno nell'inequivocabile messaggio di non avere voglia di parlare. Poco male, dal momento che Aizawa non conta di lasciar loro tutta l'ora per chiacchierare.


Shoto non sa ancora che passeranno mesi prima che lui e Shinso interagiscano per davvero, notandosi sul serio; in quel momento, l'unica cosa capace di incuriosirlo per una manciata di secondi, è il portachiavi a forma di gatto nero che l'altro tiene attaccato alla zip dell'astuccio poggiato sul banco.


*


L'avvenimento più significativo si rivela essere l'eterno cliché di una classe adolescente in una scuola inclusiva quando si parla di secondo genere. Il momento in cui l'attenzione di Shoto si catalizza inevitabilmente su Shinso non ha nulla di romantico, nessun riconoscersi come anime gemelle, nessuna passione prorompente a fare da mix letale con degli ormoni fin troppo attivi.


Midoriya è suo amico. Shoto ha passato l'intero primo anno di scuola in difficoltà, in silenzio come Shinso è ancora nonostante la classe lo consideri già parte di loro. Lui - Shoto - e Izuku non potrebbero essere più diversi e non soltanto come carattere ma anche per la loro natura: gli ci è voluto davvero poco per accorgersi che l'altro fosse un omega, anche se non sa se la cosa sia stata solo una percezione dovuta al proprio essere alpha o se sia perché sua madre lo è. Senza dubbio, però, sono diventati amici perché per qualche strano scherzo del destino, Midoriya più di chiunque altro ha capito quanto anche a Shoto pesasse essere incasellato in una specifica categoria dalla quale non poteva liberarsi. Una scatola chiusa dalla quale non sarebbe mai potuto uscire e nella quale, perciò, avrebbe potuto solamente imparare a convivere.


Non gli è mai successo di essere presente, ma una volta Midoriya gli ha raccontato di un brutto incidente alle medie: a Shoto non è servito chiedere né costringerlo a rivivere qualcosa di spiacevole, per capire da solo di quale tipo di incidente si trattasse. In quell'occasione, però, l'altro gli ha accennato a quanto problematico sia sempre stato per lui più che per tutti gli altri omega: un periodo di calore irregolare e a volte dei sintomi così forti da costringerlo persino a dare di stomaco. Non capita spesso, per fortuna non è la norma, gli ha detto in quell'occasione ma Shoto aveva faticato anche solo a immaginare una situazione di quel tipo. D'altra parte era cresciuto circondato solo da Alfa e l'unica Omega della sua vita - sua madre - non era esattamente il tipo di persona da mostrare un lato simile ai propri figli.


Per questo quando Shoto apre la porta dell'aula e un odore di feromoni così forte da fargli girare la testa gli colpisce le narici, tre pensieri distinti gli vorticano nella testa: devo averlo e devo allontanarmi e Midoriya.


Una mano premuta contro il viso e un primo passo indietro, con l'altra a stringere la porta fino a farsi sbiancare le nocche mentre l'istinto lo spinge a entrare ma il raziocinio gli impone di uscire, mettere una barriera tra loro - per quanto sia consapevole in un angolo della propria mente che servirebbe molto meno di quanto gli piacerebbe credere - e impedire a chiunque altro di avvicinarsi.


E' proprio in quel momento, mentre sente distrattamente la voce di Iida dire agli altri di allontanarsi con fermezza per poi alzarla abbastanza da farsi sentire da Yaoyarozu per rivolgerle un «Chiama Aizawa-sensei!» che il suo sguardo incontra quello di Shinso, di cui non aveva notato la presenza fino a ora.


Shoto ha letto spesso, nei libri, la frase se uno sguardo potesse uccidere eppure non ha mai davvero compreso fino a questo momento cosa potesse significare né se lo è mai immaginato con particolare precisione. Invece gli occhi di Shinso in questo momento sono proprio questo: due armi che se potessero mietere vittime solo perché lui vuole, lo farebbero senza alcuna esitazione. Hanno una fermezza che nell'indolenza generale di cui Shinso si circonda volutamente non ha mai visto e la ferocia di chi sarebbe pronto a proteggere qualcuno anche con i denti se necessario. Le sue mani sono sulle spalle di Midoriya e il suo corpo è fra quello del compagno e il resto del mondo che potrebbe semplicemente entrare varcando la soglia di un'aula.


Shinso lo guarda e sembra tacitamente ringhiargli contro. Anche quando, in un tono basso che sembra liberarsi direttamente dalla cassa toracica, pronuncia una sola parola che sa di avvertimento, di minaccia e di ordine tutto insieme: «Vattene.»


Senza nemmeno rendersene conto, di lì a poco Aizawa - con una mano stretta con forza attorno alla sua spalla - lo sta tirando indietro e lo sta spingendo con più delicatezza possibile verso Iida, perché lo accompagni lontano da lì. Mentre entra chiudendosi la porta alle spalle, Shoto non riesce a staccare gli occhi da Shinso.


*


Non ci sono veri e propri sconvolgimenti nel loro rapporto, da quel momento in avanti. Shoto lo segue con lo sguardo più di quanto si renda conto e, quando sono gli altri ad accorgersene per lui, più di quanto gli piacerebbe ammettere. Forse lui e Shinso sono troppo simili nella loro riservatezza, per riuscire a interagire senza qualcuno a fare da tramite; in alcuni casi Midoriya ci prova, se non altro per la sua amicizia con entrambi, ma è come un ostacolo troppo grande da superare: lui e Shinso finiscono per sedersi su quel metaforico muretto oltre il quale non riescono o forse non vogliono saltare e una volta che si alzano, ognuno va semplicemente per la sua strada.


Shoto non saprebbe nemmeno dire se a incuriosirlo sia ancora quel che ha scorto negli occhi di Shinso quel giorno in classe o altro, ma il diploma delle superiori arriva prima di quanto chiunque possa aspettarsi e alla fine si dividono tutti con la promessa di non perdersi mai davvero di vista.


Eppure ci vorranno tre anni perché entrambi partecipino insieme all'annuale rimpatriata di classe.


*


«Ehi, Todoroki!» lo chiama a gran voce Inasa, inconfondibile anche se fossero ai due lati opposti del campus. Shoto alza lo sguardo in sua direzione, lì a uno dei tavoli dell'aula studio in cui si trova, interrompendo a metà una frase che sta finendo di scrivere al computer. Inasa gli si piazza davanti, muovendo una sedia in modo rumoroso per potersi accomodare senza troppe cerimonie, il sorriso ampio sul viso mentre sposta un paio di quaderni su cui Shoto aveva appuntato parte delle cose che sta finendo di riportare su digitale. Quello è sempre l'inequivocabile segno del suo avere due possibilità: fermarsi e ascoltare cosa l'altro abbia da dire, oppure provare prima a concludere le proprie cose ma consapevole che Inasa non farà altro che parlare in sottofondo comunque, seppur a modo suo lui sia convinto di star aspettando nel rispetto di qualunque attività distolga Shoto dalla notizia - qualunque essa sia - che il compagno vuole comunicargli.


In pratica una vera scelta non c'è, dunque Shoto si limita a concludere la frase prima di assicurarsi di salvare con un clic veloce e alzare lo sguardo su Inasa in un tacito invito a parlare. L'altro si illumina ancora di più, evidentemente soddisfatto di non aver dovuto aspettare affatto.


«Cos'è?» si informa però Inasa, senza partire in quarta con l'argomento che è chiaro lo abbia portato fin lì a cercarlo «Il report per Miyamoto?»

«No, quello per il corso di Nagashima.»

«Stai scherzando?!» sbotta Inasa, ma il tono a metà tra l'incredulità e l'ammirazione, senza alcun filtro come ogni persona fin troppo diretta nelle sue emozioni e nei suoi pensieri «Ma la consegna è tra poco meno di un mese!» puntualizza, come se faticasse davvero a comprendere perché mai Shoto ci stia lavorando ora. Lui sospira un poco, limitandosi a un semplice «Avevo tempo.» che di sicuro non sarebbe sufficiente come spiegazione in condizioni normali, ma che in un momento in cui c'è altro è abbastanza sicuro passerà in sordina.


Non a caso, Inasa seppur con un'occhiata scettica non gli fa altre domande in merito, tornando a mostrare entusiasmo nel ricominciare a parlare: «Allora, amico mio» comincia, con l'aria di chi la sa lunga e questo di solito non fa presagire delle proposte sempre sensate «devo assolutamente presentarti qualcuno. ALT. Prima che ricominci a elencarmi le cinquantadue motivazioni per cui non puoi, di cui comunque ammetto ne ricordo molto meno della metà.» aggiunge con un'alzata di spalle, alzando persino una mano e frapponendola tra sé e Shoto in un ulteriore fermarlo prima che possa interromperlo.


Shoto sospira, ma tace: «So che non sei da locali affollati, la tua famiglia ha altri piani per te, hai un sacco di problemi nell'ultimo periodo e tutto il resto, ma siccome sono uno dei migliori amici che qualcuno potrebbe desiderare e non lascerei mai nei guai o nella tristezza uno dei miei» prosegue a sproloquiare, neanche fossero una gang molto triste e improvvisata «ho preparato tutto.» conclude, con un altro ampio sorriso e facendo anche un movimento esagerato con le sopracciglia che Shoto suppone dovrebbe essere un qualche ammiccamento giocoso di sorta. In realtà è così buffo che non riesce comunque a trattenere uno sbuffetto divertito.


«Sentiamo.» gli concede e Inasa, si vede, non aspettava altro che un'occasione.


«Oggi hai da fare?» lo incalza subito, riprendendo senza perdere tempo una volta che Shoto fa un cenno negativo con la testa «Bene. Allora ho l'ultima lezione tra un'ora, poi sono a posto. Ci muoviamo insieme, ti porto in un posto tranquillo e ti faccio conoscere chi devo farti conoscere. No spoiler.» aggiunge subito con un'aria di divertita superiorità. Shoto sospira piano, non apprezzando granché tutti quei misteri - non tanto per Inasa, quanto perché quando si parla di incontri combinati non è mai tranquillo. Per quanto, dopo tre anni, si aspetta che l'altro sappia già come la pensa e di potersi quindi fidare di tutta quell'insistenza.


Nonostante questo, si sente in dovere di rivolgergli comunque un «Non è un appuntamento al buio, spero.» perché non sarebbe corretto né per sé, né per l'altra persona. E' già successo troppe volte che un'uscita di gruppo si rivelasse un appuntamento a quattro o addirittura a sei, combinato. Senza parlare dei primi mixer ai quali si è unito facendosi convincere, imparando a proprie spese e smettendo di andarci.


Inasa lo guarda, prima di alzarsi con l'aria di qualcuno che non potrebbe divertirsi più di così nemmeno se si impegnasse: «Non è come te lo immagini.» replica, senza dare nessun reale indizio a Shoto se non quello di andarsene cinque minuti in anticipo così che l'altro non possa trovarlo quando tornerà a cercarlo fuori dall'aula alla fine della sua lezione. Purtroppo il fatto che Inasa, cominciando a muoversi per andarsene, si soffermi sulla soglia per guardarlo e intimargli un: «Fatti trovare, okay?! Ho promesso che ci saresti stato!» manda in fumo il suo piano ancora prima di definirne i dettagli.


*


Contrariamente alle sue aspettative, una volta abbandonato il campus universitario Inasa non lo ha portato al primo locale nelle vicinanze, di quelli in genere frequentati dagli studenti anche solo per fare gruppo. L'altro ha chiacchierato di qualsiasi cosa possibile per tutto il tragitto e, sebbene all'inizio Shoto non ci abbia badato troppo, nel momento in cui hanno iniziato a essere decisamente distanti dall'area studentesca si è chiesto quale fosse la reale meta di quello spostamento. Inasa è persino riuscito a non farselo scappare, ma diventa chiaro quanto abbia faticato a tenere il segreto quando nell'intravedere il locale in questione, si conceda un profondo sospiro di sollievo.


Shoto alza lo sguardo sulla facciata: si presenta piuttosto semplice, sebbene l'insegna si mostri con un nome nefasto - come dovrebbe prendere quel "nyan cafè" a lettere occidentali piuttosto vistose? - e un'ancora più nefasta illustrazione di una zampina di gatto con i gommini rosa in bella vista. Lo sguardo non può che passare da quello a Inasa, non sapendo se aspettarsi che l'altro scoppi a ridere dicendogli di esserci cascato in pieno o se sia il caso di chiedere prima di entrare.


«Inasa» inizia quindi, non essendo del tutto sicuro su come impostare la domanda «è un luogo in cui possiamo entrare di giorno?» è l'unica maniera indiretta in cui sente di poter domandare. Il fatto Inasa lo guardi prima confuso e poi assuma la colorazione del naso di un clown non sa che tipo di indicazione dovrebbe essere - è per l'implicazione sbagliata? E' per aver colto nel segno?


«NON TI PORTEREI IN UN POSTO DEL GENERE» sbraita quello e per quanto i timpani di Shoto non siano in condizione di ringraziare, c'è un pizzico di sollievo a farsi strada in lui data la negazione così decisa. Vede Inasa muoversi offeso per arrivargli alle spalle e non ci vuole molto perché lo inizi a spingere verso la porta, borbottando indignato; una volta lì è una delle mani altrui ad abbassare la maniglia, facendo suonare il campanellino nell'aprire la porta per spingerlo dentro.


E' subito evidente come - per fortuna - non si tratti affatto di un locale in cui sarebbe consigliabile per il buon gusto andare nelle ore notturne: basta un colpo d'occhio per notare che i colori predominanti dell'ambiente sono quelli pastello e che si tratta di un luogo piccolo ma accogliente, dove la prima cosa ad attirare l'attenzione sono dei miagolii che riempiono l'aria. Il disimpegno dove lasciare le scarpe e indossare le pantofole messe a disposizione della clientela è piccolo, vi si affaccia il bancone sulla sinistra, da cui proviene anche quel «Benvenuti» che lo distrae per qualche istante. Poiché è Inasa a prendere parola con la commessa, parlando di una prenotazione di cui Shoto non si interessa oltre, lo sguardo cade oltre: buona parte del resto del locale è infatti occupato da una sala unica che si divide in piccole aree con qualche tavolino basso, un pavimento in legno chiaro e una serie di inequivocabili giochi e tiragraffi per felini. Una piccola porta laterale reca la targhetta che indica si tratti del bagno mentre, se c'è della ristorazione inclusa, Shoto sospetta sia oltre la porta dietro il bancone.


Non è molto affollato al momento, se non per un paio di ragazze sedute a un tavolino e intente a giocare con uno dei gatti liberi di gironzolare per il locale. Inasa lo sospinge verso le pantofole a disposizione e solo in quel momento Shoto nota come siano tutte a forma di gatto, sebbene in colori diversi. Si libera delle scarpe con un sorrisetto, perché sono oggettivamente adorabili, mettendole nella scarpiera a disposizione così che non rimangano a dar fastidio; inforca quindi un paio di pantofole-gatto bianche, salendo il piccolo gradino per muoversi verso il tavolo seguendo i passi di Inasa di cui osserva solo brevemente le pantofole-gatto calico. Con sua sorpresa, non è al tavolo con le due ragazze che il compagno di università punta ma a uno libero, cui prende posto con sicurezza.


Shoto lo imita, approfittando di uno dei cuscini messi a disposizione, osservando qualcuno dei gatti più vicini osservare incuriosito la sua tracolla non appena la poggia a terra vicino a sé. E' un sorriso leggero quello che rivolge alle bestiole, lasciandole libere di curiosare mentre l'attenzione torna su Inasa.


«Guarda...!» esclama quello, indicandogli poco più in là: uno dei felini, dal pelo tigrato, sta giocando con un topolino di pezza e Inasa sembra una di quelle persone incapaci di mostrare dignità di fronte a un qualsiasi animale domestico. A sua discolpa, Shoto riconosce quanto sia difficile.


«Pensavo qualcosa di diverso, quando mi hai detto di dovermi presentare qualcuno. Non credevo un gatto.» pronuncia Shoto, attirando l'attenzione altrui e vedendolo incurvare le labbra in un sorrisetto soddisfatto: «Te l'ho detto che era diverso dalle altre volte!» puntualizza Inasa, tornando dritto e recuperando uno dei menù plastificati già presenti sul loro tavolo. Nonostante tenga lo sguardo su quello e Shoto lo imiti, non gli sfugge quando l'altro riprende a parlare con tono un poco più serio: «Qui mettono a disposizione un sistema di adozione, sai? Col fatto che sono tutti gatti randagi, di partenza.» spiega, prima di vederlo occhieggiare velocemente il gatto tigrato di poco prima «E sto pensando di adottare quello. Tu ormai abiti in appartamento da solo e non più dai tuoi, magari puoi adottare anche tu se ce n'è uno con cui scatta la scintilla! Bisogna portare un po' di buono nel mondo, Shoto!» se ne esce, dandogli un po' a sorpresa una pacca sulla schiena che lo fa piegare leggermente in avanti.


Sta per rispondergli quando sente pronunciare, poco distante da loro, un «Ah. Todoroki.» verso cui alza lo sguardo, finendo per inquadrare una figura che impiega un manciata scarsa di secondi a riconoscere ma che è come un libro non letto per molto tempo di cui non viene subito in mente la trama, se non per ritrovarsi a ricordarla a memoria appena lette un paio di pagine. Shinso Hitoshi non è cambiato granché, se non per un'acconciatura leggermente diversa da quella del liceo e aver preso qualche centimetro in altezza rispetto a tre anni fa: ha ancora la stessa espressione indolente, per quanto Shoto non riesca - ora quanto ai tempi della scuola - a considerarlo completo disinteresse.


E' Inasa a rompere il silenzio, con un incuriosito: «Ma dai, vi conoscete?!» neanche fosse chissà quale grande scoperta. Prima ancora che Shoto possa voltarsi a rispondergli è lo stesso Shinso a limitarsi al semplice «Eravamo nella stessa classe al liceo e avevamo un paio di amici in comune.» che è poi il perfetto riassunto del loro rapporto, in effetti.


*


Alla fine Inasa quell'adozione la porta anche a termine e per quello Shoto si ritrova ad accompagnarlo un altro paio di volte. In nessuna delle due gli capita di incrociare Shinso però, anche se poi l'ironia della sorte lo porta a farlo quando davanti al locale è solo di passaggio. Shinso apre la porta pronunciando verso chi si trova all'interno un «Torno tra poco.» prima di chiudersela alle spalle e guardare davanti a sé. E' in quel momento che si vedono e il cenno del capo di Shinso è pressoché immediato.


«Venuto per adottare anche senza il tuo amico?» si sente incalzare, ritrovandosi a scuotere un poco la testa: «No, sono di passaggio.» l'ammissione sul momento, prima di aggiungere un «Ma non escludo l'adozione.» perché a onor del vero sono già tre volte che va con Inasa e altrettante quelle in cui uno dei felini gli si appisola di fianco. Potrebbe essere una cosa da poco, in realtà, o assolutamente casuale perciò Shoto non ha ancora deciso se considerare la possibilità davvero oppure no.


Shinso sembra farsi più attento a quella specifica e, le mani in tasca, è un cenno del capo verso la direzione che stava per prendere quello che gli fa: «Se non hai da fare, sono in pausa. Posso rispondere a qualche domanda, se intanto camminiamo.» gli offre e Shoto, benché non abbia domande così pressanti, lo segue comunque.


Mantengono un passo piuttosto regolare e l'inizio di quel percorso breve è accolto solo dal silenzio. Almeno fino a quando non è Shinso a parlare, mentre si fermano ad aspettare che scatti il semaforo verde per i pedoni.


«Quindi, quale dubbio hai sulle adozioni?»

«...Inasa mi ha fatto notare che c'è un gatto nero che si addormenta spesso vicino a me, quando vengo.» inizia Shoto, un po' incerto «Ho pensato che in realtà potrebbe solo avere sonno negli orari in cui sono capitato al locale. Ma ho letto da un libro sul comportamento dei gatti che--»

«Hai letto su cosa?» lo interrompe Shinso, osservandolo con un pizzico di scetticismo che quasi si perde nel divertimento che Shoto gli legge negli occhi. Non capisce se dovrebbe intuire o meno cosa ci sia di male nella propria affermazione, quindi decide di rispondere e basta: «Su un libro sul comportamento dei gatti.»


Non si aspetta di vedere Shinso cercare senza successo di trattenere una risata, riuscendo al massimo a mascherarla male e a farsi comunque sfuggire uno sbuffo che alla fine si traduce comunque in quello: una risata bassa, breve, ma senza dubbio divertita.


«Todoroki, sei una delle poche persone oltre Izuku che leggerebbe un intero libro sul comportamento di un animale che non ha ancora nemmeno deciso di adottare.» lo sente pronunciare, in una presa in giro che non ha nulla di cattivo. Anzi, c'è una piccola complicità mentre il semaforo finalmente scatta e dà loro modo di muoversi insieme agli altri pedoni che iniziano a spostarsi. Shoto lo osserva portarsi una mano vicino alle labbra per coprire con un paio di colpetti di tosse lo strascico di quel divertimento prima di raggiungere la soglia di un convenience store. Mentre le porte automatiche si aprono, con il solito suono ad accompagnarle, Shinso lo guarda da sopra la spalla con un sorrisetto che in due anni di liceo non gli ha praticamente mai rivolto.


«Forza, Todoroki» lo incita a entrare con lui, benché non avessero mai parlato di fare più che un pezzo di strada insieme solo per rispondere a qualche sua domanda «scegli uno snack. Offro io per essere interessato abbastanza, anche se in modo strano, a fare il meglio per uno dei nostri gatti.» conclude, facendogli un cenno vago verso l'area con gli snack appunto. Shoto non è sicurissimo, né gli è davvero chiaro tutta quella ilarità a cosa sia dovuta - cosa c'era di buffo nel libro sui felini? - ma alla fine quello è l'approccio più amichevole che lui e Shinso si siano scambiati senza avere Midoriya a fare da tramite o da collante.


Perciò si divide da lui e impiega poco a scegliere il suo snack - come tutte le persone abitudinarie che ricadono nelle scelte che li fanno sentire a proprio agio quando c'è qualcosa che non sanno davvero come approcciare per la prima volta.


Alla cassa, dove Shinso lo sta aspettando perché la commessa possa fare un unico conto, Shoto allunga un braccio per andare a posare vicino agli acquisti dell'altro niente più di una semplicissima onigiri. Shinso alterna lo sguardo da quella a Shoto, tornando poi con un sorrisetto al cibo e rivolgendosi alla cassiera per dire di aggiungerla al conto.

«Sei davvero una persona semplice, tu, eh?» pronuncia al suo indirizzo quando sono ormai fuori dal convenience store. Shoto lo guarda e si concede un leggero sorriso a sua volta: «Tu stupisce così tanto?»


Shinso lo guarda, lì dove sono prima che le loro strade si dividano di nuovo, quasi a vagliare 

attentamente la risposta. Si muove prima di parlare, ma non lo lascia senza risposta comunque: «I venerdì pomeriggio sono sempre di turno, se vuoi venire a trovare il gatto per decidere e chiedere qualche informazione.» pronuncia infatti, facendogli un cenno della mano quando è già di spalle e cammina per tornare verso il locale.


E' una risposta, solo non quella alla sua domanda.


*

A Shoto ci vogliono due settimane per decidere di tornare al locale di venerdì e in ogni caso quando lo fa non è nemmeno certo se quella di Shinso fosse una battuta che lui non ha compreso - non sarebbe la prima volta, come direbbe qualcuno dei suoi compagni di università - oppure un invito sincero da cogliere subito.


Lo trova lì e, quando Shinso lo nota, non perde troppo tempo a rivolgergli un «Pensavo avessi abbandonato l'idea dell'adozione.» quasi fosse cosa già assodata. E' la sua collega a salutare Shoto con un certo entusiasmo, sottolineando come sia stato lì nelle due settimane precedenti, ma che semplicemente Shinso non era presente.


«Beh, meglio se stavi evitando me e non il gatto.» è tutto ciò che Shinso dimostra di avere da dire con un'alzata di spalle, prima di indicargli la scarpiera dove lasciare le scarpe e invitandolo poi ad andare verso uno dei tavoli liberi. Shouto vorrebbe specificare di non aver davvero evitato nessuno, ma dietro di lui la porta del locale si apre di nuovo e una persona delle consegne entra, dunque per non occupare inutilmente l'ingresso si appropria di un paio di pantofole e prende posto comunque. Lo sguardo cerca d'istinto il gatto nero, trovandolo poco lontano occupato ad azzuffarsi per gioco con un altro dei felini, così si limita a dare uno sguardo a un menù da cui in ogni caso finisce per prendere la stessa cosa delle visite precedenti.


La vera sorpresa arriva quando, ormai quasi un'ora dopo e dunque al termine del tempo per cui ha richiesto di sedersi e dopo pochi minuti che l'ultima coppia ha lasciato il locale, Shinso gli si siede davanti come se Shoto non avesse fatto altro che aspettarlo. L'altro porta con sé due caffè, uno dei quali viene poggiato proprio davanti a lui; Shoto lo osserva per qualche istante prima di focalizzarsi sull'ex compagno di scuola e decidere di accettare in silenzio, quasi non volesse interrompere l'inizio di un discorso che non arriva subito. Shinso invece si mette comodo, nel linguaggio del corpo la nonchalance di una persona che è perfettamente a proprio agio in un luogo che in un certo modo gli appartiene. Shoto lo vede osservare i gatti e distrarsi a seguire quel che stanno combinando - da quelli intenti a giocare, a quelli ormai appisolati vicino a uno dei cuscini liberi, finendo con quelli impegnati a sgranocchiare qualche croccantino fresco appena messo.


Quando riporta l'attenzione su di lui, Shoto quasi non se lo aspetta: «C'è una cosa di te che non ho mai capito dai tempi della scuola, Todoroki.» comincia, come se non si fosse mai interrotto da chissà quale discorso iniziato in precedenza «A sentire Izuku, tu sei tipo la persona migliore lui abbia mai conosciuto. Ovviamente non mi ha mai raccontato i tuoi affari privati» specifica subito con una certa decisione, in cui Shoto non può fare a meno di leggere un certo istinto di protezione anche per la reputazione di Midoriya «ma ha reso molto chiaro che nonostante tutto, sei qualcuno che non farebbe mai un torto agli altri, una persona corretta. In generale e con lui.» chiarisce meglio, prendendosi un sorso di caffè prima di puntare lo sguardo sul viso di Shoto.


L'erede dei Todoroki non può che ricambiare lo sguardo, sebbene senza comprendere davvero dove tutto questo discorso stia andando a parare. Shinso non sembra volerlo lasciare all'oscuro ancora a lungo, sebbene prima di proseguire sembri più attento a controllare che non ci siano orecchie indiscrete dei suoi colleghi nei paraggi. Quando individua quella dietro la cassa intenta a parlare con qualcuno della cucina, sembra convinto abbastanza.


«Ho sentito da Shota-san che sei stato uno dei più difficili da seguire e non per la tua media scolastica.»

«...Da chi?»

«Shota-san. Aizawa-sensei?» lo incalza Shinso, come se non capisse il problema, fin quando l'espressione di Shoto non lo rende evidente, probabilmente. Lui tuttavia non fa domande sul perché di quella familiarità con il loro ex professore, perché capisce immediatamente a cosa Shinso si stia riferendo e non può evitare l'irrigidirsi delle spalle che è consapevole di star mostrando. Di certo deve averlo notato anche Shinso perché sembra cogliere di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato - o semplicemente di aver scelto un approccio discutibile a qualunque sia la cosa di cui vuole parlare.


«Non ha proprio detto "difficile" e non guardarmi in quel modo. Non voglio dire mi abbia raccontato cose che ti riguardano. Dico soltanto che ho capito da solo tu abbia avuto la tua parte di complicazioni. Quello che non capisco, Todoroki, è perché nonostante due delle persone di cui ho più rispetto parlino di te in un certo modo, non ci sia stata una sola volta durante i due anni di scuola insieme in cui io sia riuscito a capire cosa ti passasse per la testa o quanto vicino fossi agli altri della classe.» chiarisce meglio Shinso e, se Shoto si convince abbia finito e si concede un sorso del proprio caffè, ha giusto il tempo di mandare giù il liquido già tendente al tiepido prima che la voce dell'altro lo raggiunga di nuovo.


«Come la volta in cui ti ho intimato di andartene per aiutare Midoriya.»


La presa di Todoroki sulla tazza di caffè si stringe un poco, mentre si ritrova a serrare un poco la mascella. Non è rabbia, quella che prova, ma il completo rifiuto nel condividere una parte di quello che gli sembra Shinso voglia sapere. Vorrebbe poter avere la capacità di Bakugo di risolvere quasi tutto sbraitando - per quanto rimanga una delle persone più intelligenti Shoto abbia mai conosciuto, sebbene si impegni a non sembrarlo ogni tanto - ma si sente come se un blocco alla gola gli impedisse anche solo di parlare, figurarsi urlare.


Per un momento non è seduto in un cat cafè con Shinso Hitoshi che lo guarda dall'altra parte del tavolino, aspettandosi di scoprire chissà quale mistero del mondo; per un lungo, terribile istante Shoto è in una sala professori vuota se non per Aizawa di fronte a lui, in silenzio da quasi un'ora nell'attesa che lui parli. E' nel caldo dell'estate, mentre l'unico adulto che abbia capito quale terribile realtà si è per anni celata dietro il casato dei Todoroki gli pone l'unica domanda che qualcuno sperava gli facesse, senza che però nessuno abbia mai davvero osato.


Shoto ha di nuovo sedici anni, il peso di un'eredità morale sulle spalle, la cosa più vicina a un migliore amico che ha appena avuto un episodio di calore in aula e tutto ciò che riesce a fare è affondare la faccia tra le mani, senza sapere come fare ad ammettere che non ce la fa più.


In un locale, Shinso Hitoshi è una voce distante che lo richiama chiedendogli se sia tutto okay,  ma l'unica cosa che rimbomba davvero nelle orecchie di Shoto è una risposta di tanti anni fa.


«Piuttosto che Alfa, avrei preferito non nascere affatto.»


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Prompt: skinship
Missione: M1 (week 5)
Parole: 2503
Rating: pg13
Warning: rotten fluff




A voler essere del tutto sinceri, la prima volta che Hitoshi finisce per addormentarsi addosso a Todoroki è davvero un caso: è la festa di Natale del loro secondo anno alla U.A., ormai più a ridosso della sua fine che dell'inizio. Marzo sembra incredibilmente vicino e alcuni di loro ancora si trascinano dietro l'inquietudine che la guerra ha lasciato loro addosso come cicatrici. Hanno tutti bisogno di qualcosa di normale, di una festa di Natale e così Hitoshi non ha nulla da ridire: organizza con gli altri più che volentieri, asseconda la vaga tendenza alla pianificazione di Midoriya ed è bello, per una sera, avere la leggerezza della sua età.


Hitoshi nemmeno si accorge di addormentarsi, in verità. Semplicemente, quando si sveglia, la prima cosa che nota è Kaminari a sbavare sul cuscino, sdraiato sul divano di fronte in un intreccio di gambe che vede protagonisti insieme a lui anche Kirishima e Tetsutetsu. La seconda di cui si accorge è di essere poggiato a qualcuno - e, quando si sposta e alza lo sguardo, è il profilo di Todoroki che trova. Sbatte un paio di volte le palpebre, mentre l'altro si gira a guardarlo come se nulla fosse.


«Scusa.» pronuncia Hitoshi ancora prima che il cervello elabori qualsiasi altra cosa, guardandosi attorno per dare più valore alle proprie parole nell'aggiungere un «Dormono tutti?»


Todoroki scuote la testa: «C'è qualcuno in cucina, si sono spostati per parlare.»


Hitoshi sospetta l'altro sia rimasto immobile per non svegliare lui e sta per scusarsi di nuovo - non che Todoroki sia mai il centro attivo di una conversazione, ma da lì a fare la statua di sale... -, quando è l'altro ad anticiparlo: «Nessun problema.» liquida la questione, senza dargli modo di aggiungere altro.


*


Succede di nuovo quando sono in affiancamento alle agenzie, pochi mesi dopo l'inizio del loro terzo anno. Sia lui che Todoroki, pur essendo di due agenzie diverse, si ritrovano nella stessa area ad approfittare della pausa pranzo e ad avere entrambi la stessa idea: occupare il cornicione di un palazzo.


Mangiano per lo più in silenzio, se non per qualche scambio su come stiano andando le cose ognuno col proprio - così sperano - futuro capo. E' Todoroki ad accostarsi a lui una volta finito il suo pranzo: Hitoshi lo osserva muoversi verso di lui, sederglisi vicino abbastanza da far toccare le loro spalle e inclinare la testa di lato fino a poggiarla contro il corpo di Hitoshi. Lo fa con una naturalezza che Hitoshi non si aspetta, come se avessero un tacito accordo tra loro per quando sono insieme e uno dei due è troppo stanco per restare sveglio.


Hitoshi è consapevole di essersi irrigidito appena, per quanto si stia impegnando a far sembrare di no. Todoroki, da parte sua, se lo ha notato non lo dà a vedere - ma questo sorprende poco: non sono molti i pensieri di Todoroki che Hitoshi sia stato in grado di leggere in un'espressione o di indovinare.


L'altro non parla, non gli chiede se può restare così per un po', né niente di simile; se ne sta solo in quella posizione, il respiro regolare che lentamente porta Hitoshi a rilassarsi. Lì, in alto su quel palazzo, l'aria di una primavera inoltrata si traduce in una brezza piacevole. A un certo punto i capelli di Todoroki gli solleticano la guancia; Hitoshi abbassa lo sguardo e, solo in quel momento, si accorge di come l'altro abbia le mani strette tra loro, i muscoli troppo poco rilassati perché Todoroki stia effettivamente dormendo.


A vederlo così, Hitoshi non è sicuro del motivo di quella posizione. Dopotutto, però, lasciarlo fare non gli costa niente.


*


Tutto il loro terzo anno è costellato di momenti simili: non così frequenti da poter essere considerati un'abitudine, ma nemmeno così rari. Fino al diploma, però, non c'è mai nulla di più di quello: poggiarsi l'uno alla spalla dell'altro, riposare una manciata di minuti e rilassarsi con un contatto fisico leggero.


E' una sera come tutte le altre, quella in cui Todoroki si unisce a una cena con altri ex studenti della sezione A su cui non incombe il massacrante turno serale. Hitoshi non lo vede bere affatto, di solito, per questo si sorprende quando lo sente ordinare una birra. Non è sicuro sia sufficiente a camminare storti una volta usciti, eppure non si sottrae quando fuori dal ristorante Todoroki si poggia alla sua spalla, né quando decidono di dividere il taxi perché arrivi intero a casa - a nessuno di loro sembra saggio assecondarlo quando, con la sua solita espressione seria, assicura che «Posso creare una strada di ghiaccio e poi spararmi in direzione di casa con il fuoco.»


Questo è il problema di quando si ha a che fare con persone come Todoroki Shouto: la loro quasi totale mancanza di un'espressione capace di lasciar intendere se stia o meno scherzando finisce, irrimediabilmente, a far prendere in considerazione che qualsiasi affermazione possa essere molto seria. Anche quelle più assurde.


A quel punto, quando sono ormai di fronte a casa sua, Hitoshi non ha nemmeno un reale motivo per rifiutarsi di accompagnarlo dentro. Todoroki sembra tornare sobrio quando sono nell'appartamento (sempre che sia mai stato ubriaco), ma Hitoshi insiste per farlo sedere sul divano mentre recupera un bicchiere d'acqua per entrambi. Lo bevono in silenzio, alla luce soffusa della piantana del salotto altrui, così Hitoshi si prende la libertà di guardarsi un po' intorno: ha sempre sentito parlare della casa della famiglia Todoroki come un luogo tradizionale e la stanza personale di Shouto alla U.A. vantava un arredamento per nulla diverso. E' strano, ora, vederlo in un contesto moderno - Hitoshi sospetta ci sia stato lo zampino della sorella o del fratello maggiore.


«Torni con il treno?» domanda Todoroki all'improvviso, nel silenzio totale. Hitoshi porta lo sguardo su di lui, dopo una breve occhiata al cellulare: «Non credo ce ne siano più, a quest'ora. Mi fermo all'agenzia.» conferma, senza darci troppo peso. Todoroki ha lo sguardo fisso sul suo bicchiere, ormai mezzo vuoto, come se l'acqua dovesse dargli una risposta a un quesito su cui si sta lambiccando il cervello. Hitoshi immagina che, se la loro fosse una storia di fantasia piena di cliché, questo sarebbe il momento in cui Todoroki gli offre di dormire da lui e ammicca riguardo la presenza di un unico letto... tralasciando che cercare di figurarsi Todoroki ammiccante lo fa più che altro sorridere.


Invece, quando sarebbe più plausibile chiedersi se non si stia addormentando lì seduto e con il bicchiere in mano, la sua voce lo raggiunge: «Riesci a dormire, la notte?» lo sente chiedere e questo gli fa inarcare un sopracciglio, perplesso. Ci arriva con un attimo di ritardo, quando Todoroki sta ormai aggiungendo un «Ci sono notti in cui se dormo sogno Dabi.»


Arriva con la stessa potenza che Hitoshi si immagina se pensa a cosa si debba provare nell'essere colpito in pieno petto da una palla di cannone. Sono due frasi appena udibili nel silenzio di una casa altrimenti vuota, eppure hanno una violenza inaudita. Chissà perché nessuno pensa mai, quando li guarda, che le cicatrici non sono solo quelle a cui qualcuno in un ospedale si è dedicato dal punto di vista medico. Nessuno riflette mai su cosa abbia significato mandare degli adolescenti in guerra, poggiargli sulle spalle il peso del mondo e limitarsi a dire loro: se dovesse andare male, ne pagheremo tutti le conseguenze.


Hitoshi sa che nessuno dei pro Hero lo ha voluto e che molti avrebbero preferito tenerli lontani se fosse stato possibile - non ne fa una colpa a loro, né ai civili indifesi, né a chi purtroppo non è stato salvato. Eppure, mentre guarda il profilo di Todoroki, si domanda se ci sia un manuale da qualche parte che spieghi loro non solo come essere gli Eroi perfetti che possano ispirare le nuove generazioni, ma anche come raccogliere i pezzi quando si sente il bisogno di appendere il costume al chiodo per un momento e tornare fragili. Lui una risposta non ce l'ha. Todoroki nemmeno, evidentemente. 


Quando lo vede inclinarsi appena verso di lui lo accoglie, si sistema per essere una spalla solida su cui poggiarsi; segue con lo sguardo come posa il bicchiere sul tavolino e poi scivola verso di lui, fino a tenere la testa contro il suo braccio. Hitoshi lo osserva, incerto: non è la posizione più comoda, ma non è nemmeno la persona più adatta ad assumerne una che implichi una conoscenza e un'amicizia che non hanno davvero.


Questo è il tipo di cosa per cui servirebbe Midoriya, pensa distrattamente. Midoriya che ha aperto gli occhi di Todoroki dal festival sportivo del loro primo anno, che è stato un po' il suo porto sicuro per come l'ha sempre vista Hitoshi. Midoriya, capace di salvare a modo suo qualcuno quando a stento era in grado di salvare se stesso - ma Hitoshi lo sa meglio di tutti, perché Midoriya ha salvato anche lui dalla parte più oscura di sé.


Non sa perché Todoroki non si stia affidando a Izuku, piuttosto, ma immagina possa avere le sue buone ragioni. E che potrebbe condividerne la maggior parte, se Todoroki decidesse un giorno di elencargliele. Per adesso però c'è solo lui. Perciò Hitoshi si muove, fa una lieve pressione contro la sua spalla per scostarlo e per un istante vede negli occhi dell'altro la muta richiesta di un chiarimento. Si limita ad allungarsi per poggiare il suo bicchiere vuoto e poi si sistema, fino a lasciargli spazio tra le proprie gambe: sarebbe pieno di fraintendimenti in qualunque altro caso, ma Todoroki lo guarda e capisce, si sposta a sua volta fino a sistemarsi lì. E' goffo il modo in cui si poggia con la schiena contro il torace di Hitoshi, esattamente come è goffo il movimento a cui Hitoshi un po' si forza per passargli un braccio attorno alla vita.


C'è qualcosa di più intimo di quanto abbiano mai avuto entrambi con altre persone, ma Hitoshi non avverte alcuna malizia né la comunica col proprio corpo. Sente Todoroki rilassarsi lentamente contro di lui, senza dire una parola. E' la prima volta che dormono insieme in quel modo eppure persino Hitoshi, alla fine, si addormenta ascoltando il respiro altrui.


*


Non saprebbe dire se quell'evento sia la causa scatenante di una serie di atteggiamenti molto naturali tra loro ma che sembrano fraintendibili a occhio esterno. O se, semplicemente, lui e Todoroki abbiano davvero preso a comportarsi come una coppia senza nemmeno rendersene conto - e senza esserlo. Hitoshi sa soltanto che più di una volta gli hanno chiesto con più discrezione possibile se ci fossero novità e lui ne è rimasto sempre abbastanza confuso. Prima di capire a cosa si riferissero.


Sente la porta della stanza aprirsi e si gira quanto basta a osservare da sopra la propria spalla: Todoroki sta rientrando in camera, la luce dello schermo del telefono a illuminargli i lineamenti con una tonalità fredda e del tutto diversa da quella della lampada sul comodino. Hitoshi lo osserva con una muta domanda nello sguardo, alla quale l'altro scuote la testa: «Niente di importante, Burnin' mi ha urlato dietro che sto facendo troppe ore in più di quelle di un normale nuovo assunto...» pronuncia, aggrottando le sopracciglia. In effetti immaginarsi Burnin' occuparsi di questi dettagli da segretaria d'ufficio è difficile e Hitoshi decide di non sottolineare quanto la cosa sia probabilmente legata a Endeavour.


Todoroki posa il telefono sul comodino, assicurandosi di metterlo in carica, e poi sposta di nuovo le coperte sotto cui era quando ha ricevuto la chiamata. Hitoshi stesso cambia posizione, come se fosse un tacito accordo tra loro ormai, sistemandosi sul fianco opposto a prima così da essere girato verso l'altro. Una volta che entrambi sono sotto le coperte, Todoroki gli punta gli occhi addosso senza dire una parola per diverso tempo.


All'inizio è stato strano e i silenzi si sono tinti di un accenno di imbarazzo dovuto non all'ambiguità, ma all'essersi ritrovati a godersi la vicinanza dell'altro senza capire bene quando fosse avvenuto o se fosse da considerare naturale... alla luce del fatto, soprattutto, di non aver condiviso più esperienze di vita di quante entrambi ne abbiano avute in maggior numero con altre persone. Poi, alla fine, forse hanno ignorato la cosa tutti e due. O l'hanno fatta passare in secondo piano, Hitoshi non saprebbe dire con certezza.


Lo vede muoversi leggermente per avvicinarsi e allarga un braccio, neanche fosse un segnale. Todoroki si muove, gli si avvicina fino a quando la distanza è davvero ridotta a pochissimo e Hitoshi lascia che si sistemi contro di lui, che passi un braccio attorno al suo fianco e intrecci le gambe alle sue, rispondendo come se fosse un puzzle perfettamente collaudato nei mesi. Non abitano insieme, spesso gli orari non gli permettono nemmeno di vedersi per giorni se non incrociandosi ogni tanto sul campo, eppure si ritrovano sempre con questa facilità a cui Hitoshi non si è ancora abituato del tutto.


Gli piace, però. Il calore di Shouto contro di lui, l'insospettabile delicatezza con cui l'altro ogni tanto gli accarezza i capelli quando pensa Hitoshi stia dormendo, oppure il modo in cui nel sonno a volte gli si accoccola contro.


«Pensi dovremmo dare un nome? A questa cosa che facciamo.» lo sente pronunciare, una nota di sonnolenza nella voce arrochita. Hitoshi si scosta solo il minimo sindacale per cercare lo sguardo altrui, trovandolo quasi subito.

«Perché lo chiedi?»


«Perché continuano a domandarmi se stiamo insieme.» rivela Shouto senza alcuna vergogna, dimostrando per l'ennesima volta di avere un concetto tutto suo di segreto e riservatezza - è incredibile come possa essere impenetrabile al pari di una fortezza, se vuole, tenendo lontano chiunque dalle fragilità che non si sente ancora di voler condividere eppure mostri con semplicità cose che altri avrebbero difficoltà a lasciar anche solo intravedere. Hitoshi lo studia, anche se per breve tempo. Muove il braccio che gli ha sistemato sulle spalle, così da avvicinare una mano al suo viso; la devia però verso la nuca, sfiorandola con i polpastrelli in un gesto affettuoso e senza alcuna pretesa.


«E tu pensi sarebbe meglio definire perché dormiamo insieme senza essere una coppia?» gli domanda, forse un po' a bruciapelo, ma ha imparato nel tempo che è meglio non fare giri di parole con Todoroki: ci si perde. Spesso. Quasi subito.


«...non per forza. Però, in caso tu volessi anche con qualcuno in modo più-»

«Al momento non voglio con nessuno e senza altri modi.» lo prende un po' in giro, ma è morbido il tono che usa come anche lo sguardo che gli rivolge. Vede un piccolo incurvarsi di labbra sul viso dell'altro, qualcosa di quasi impercettibile che con Shouto bisogna saper cogliere perché sembra sempre durare troppo poco. Hitoshi sa che dovrebbe interrogarsi di più sul perché quella reazione sia proprio lì, ora e dopo le sue parole.


Però, mentre le sue dita si intrufolano tra i capelli di Shouto e lo sente lasciarsi scappare un piccolo sospiro soddisfatto, si dice che non c'è fretta di dare un nome.


hakurenshi: (Default)

Prompt: Giappone dei daimyo
Missione: M4 (week 5)
Parole: 9409
Rating: mature
Warnings: courtesan!au, lime






Yoshiwara si presenta per il quartiere che è: il più famoso luogo dove si decide di andare per cercare la compagnia di uomini e donne bellissimi e così capaci nelle loro arti da irretire e affascinare anche senza bisogno di essere visti, quasi. Vestono le parole come i kimono brillanti dei cortigiani più famosi o quelli blu come la notte degli altri, arricchiscono la serata come un gioiello o un accessorio valorizzano i capelli o il collo nudo di una donna bellissima e inarrivabile. Yoshiwara profuma di fiori, specialmente in primavera; si tinge di rosso con le foglie di momiji in autunno e si impregna dell’odore dei frutti o della pioggia in estate. In inverno, i passi degli amanti hanno il rumore attutito della neve che cade.


Shouto ha di rado avuto accesso a quest’area, di certo mai prima della maggiore età. Con una famiglia come i Todoroki, di levatura e reputazione alte tanto quanto bassa è la disgrazia in cui sono caduti tra le mura di una casa che dall’esterno sembra perfetta, sarebbe stato impensabile per lui che è un samurai da generazioni farsi vedere tra le strade di quel quartiere. Todoroki Enji non lo avrebbe perdonato a lui esattamente come non lo ha perdonato a un altro dei suoi figli, un tempo giovane promettente che avrebbe potuto seguire le orme del padre e ora un ricordo sbiadito in documenti di famiglia tenuti da anni in una scatola impolverata, nel buio di un ripostiglio quasi mai aperto. 


Ha imparato presto che nella mansione dei Todoroki i segreti possono solo finire schiacciati e nascosti. E le persone possono diventare facilmente dei segreti - sua madre e le sue grida, suo fratello e la vergogna della famiglia che tutti sembrano aver dimenticato, la rabbia di Natsuo sfumata nella frustrazione per la sua impotenza, la tristezza di Fuyumi rimasta attaccata a una speranza di cui nessuno si interessa. E Shouto, che si porta un segreto sul viso, alla mercé di chiunque.


La prima volta che il quartiere di Yoshiwara lo accoglie, è perché Shouto ha pochi amici e quei pochi, per motivi che inizialmente gli restano oscuri, decidono di recarsi lì. Ben consapevole di dover abbandonare la propria katana, perché le armi non sono consentite, attende dietro Bakugo e Midoriya; quest'ultimo, soprattutto, sembra molto più a suo agio di quanto Shouto avrebbe mai pensato potesse essere, come se quella non fosse la sua prima volta a Yoshiwara. Una volta che i controlli gli danno il via libera per addentrarsi nel luogo, Midoriya lo affianca lasciando che Bakugo e Kirishima camminino qualche passo avanti a loro. Shouto lo guarda per un attimo di sottecchi, ma senza pressare per avere spiegazioni sul perché uno come Izuku si senta a suo agio in un posto in cui, con il carattere che ha, Shouto difficilmente riesce a immaginarlo. Per quello, e perché non gli sono sfuggite le occhiate che lancia a Bakugo di tanto in tanto, quando è convinto di non essere visto. E' probabile, comunque, che la maggior parte delle persone che gravitano intorno a loro non si sia davvero resa conto di nulla e per questo Shouto non ha mai preso il discorso. Rispetta la riservatezza di Midoriya proprio come Izuku ha sempre rispettato la sua, non facendo domande riguardo la cicatrice che gli sfregia il volto nemmeno quando sono stati compagni della stessa scuola per affinare l'arte della spada e hanno condiviso gli spazi come due fratelli.


«Scusaci se abbiamo insistito, Todoroki-kun. So che non è il tipo di posto in cui saresti venuto normalmente.» pronuncia Izuku, con l'espressione di chi offre delle scuse sincere e non di rito. In generale la situazione di Yoshiwara è peculiare, specialmente da qualche anno: in linea di principio i samurai dovrebbero tenersene fuori, ma è sempre stata una regola tacita tra tutti che molti di loro si addentrassero comunque nel quartiere e chi li incrociava, non li vedeva mai davvero. O, se lo faceva, non aveva motivo di farlo presente a qualcuno. Poi con l'avvento dello Shogunato Tokugawa, i samurai erano diventati una figura meno presente, ma non così rara come si poteva pensare. Bakugo e Kirishima ne sono sempre stati un esempio, anche se solo Eijiro dei due sembra attaccato all'idea di un tempo, di una morale e di un voler essere al servizio dei deboli e dei più sfortunati. Bakugo, specie agli inizi, ha fatto dubitare Shouto di quanti pochi ideali potesse avere un uomo. Poi ha conosciuto Midoriya, un amico d'infanzia di cui aveva a stento sentito parlare, e ha capito che c'era probabilmente più di quanto l'occhio vedesse.


Da quel momento non è stato raro finire a fare gruppo, sebbene i loro ceti sociali molto diversi avrebbero fatto pensare all'impossibilità del tutto - ma d'altra parte tutti hanno sempre saputo che la famiglia Todoroki ha i suoi scheletri nell'armadio. Per fortuna Izuku si è dimostrato più che degno della compagnia di chiunque durante i loro giorni con lo stesso maestro di spada, e Shouto non ne sarebbe potuto essere più felice e fiero. Aver avuto modo di allargare i propri orizzonti e uscire dalla mentalità a compartimenti stagni inculcata dalla tirannia domestica di un padre che avrebbe preferito assente, è stata una benedizione. A volte pensa che vorrebbe tanto far conoscere Izuku a sua madre.


«Non siamo propriamente clienti abituali ma... Kirishima-kun sembra essersi invaghito di uno dei cortigiani in una delle case di piacere di Yoshiwara. Ci ha chiesto di accompagnarlo e visto che è lo stesso posto dove si trova un caro amico... Kacchan ha insistito per accompagnarci. Beh, lui in verità ha detto di doverlo fare perché da soli non saremmo stati in grado di tornare senza cadere in qualche trappola che ci avrebbe privato di tutti i risparmi, ma...» abbozza un sorrisetto divertito, nel pronunciarlo, e Shouto può immaginare senza difficoltà l'espressione di Bakugo nel dirlo, consapevole forse che non ci avrebbe creduto nessuno. Il suo modo di mostrare la preoccupazione o il tenerci ha sempre lasciato Todoroki perplesso e divertito insieme. Deve essere davvero complicato avere così tante emozioni pronte a esplodere ma sentire il bisogno di tenerne solo alcune sotto controllo.


Shouto non sa come possa succedere. Lui le tiene a bada tutte insieme.


«Hai detto un amico?» domanda, mentre l'informazione arriva finalmente dove deve e gli fa inarcare un sopracciglio. Non lo stupisce affatto che Izuku possa diventare amico di qualcuno che lavora in una casa di piacere, perché lui è quel tipo di persona: umili origini per cui ha dovuto faticare cento volte più degli altri per dimostrare di valere e, dunque, non farebbe mai il torto a qualcuno di giudicarlo in base a qualcosa di tanto superficiale. A stupirlo un po' è la dinamica che potrebbe aver portato Izuku lì per la prima volta, ma l'altro sembra leggere nella sua semplice domanda più di quanto Shouto avrebbe potuto articolare nella sua mente, figurarsi a parole.


«Sì, ci siamo incontrati fuori da Yoshiwara, durante il giorno, ma con il tempo mi ha detto di lavorare qui. Penso che alla lunga, se anche non me lo avesse detto lui, lo avrei saputo da Kirishima-kun.» afferma, perché di certo l'altro lo avrebbe riconosciuto dalle sue visite alla casa di piacere in questione. Shouto annuisce, perché non è certo ci sia un commento specifico a cui dovrebbe dare precedenza. Per sua fortuna Midoriya è abituato ai suoi silenzi e non ci bada, né lo legge come un tacito giudizio negativo sulla questione.


«Oi, voi due! Muovete il culo!» li richiama Bakugo, una mezza dozzina di passi avanti a loro ormai. Shouto e Izuku si guardano e affrettano entrambi il passo. Di fronte, a una manciata di metri, si staglia la facciata di un edificio e un uomo esce dalle porte; all'interno, sebbene forse sovrastato dai rumori della strada trafficata in quella che si potrebbe definire ora di punta, a Shouto sembra di sentire il suono dello shamisen.


*


La casa di piacere in cui sono entrati ormai un'ora fa ha impiegato solo pochi minuti a convincere Shouto sul perché sia considerata una delle più in voga in tutta Yoshiwara: al di là della costruzione in sé, tenuta nel migliore dei modi, ciò che offre è veramente più di quanto lui nella sua totale ignoranza si sarebbe aspettato. Certo, sa che luoghi come questo devono invogliare a tornare e che a farlo sono principalmente le cortigiane e i cortigiani che vi risiedono e lavorano, ma nel suo aver visto sempre Yoshiwara più dall'esterno che dall'interno Shouto era convinto che si offrissero delle arti - più o meno accostate alla fisicità - e poco più. Benché sia giapponese fin nel midollo e con alle spalle un'educazione tradizionale e abbia visto, con i propri occhi, cosa l'istruzione di Fuyumi abbia incluso e dunque quanto importanti siano considerate l'arte della danza, della musica e della conversazione... non si aspettava colori sgargianti, accessori che catturano lo sguardo in un istante o movimenti capaci di far pensare al fiore più delicato.


Deve ammettere quindi che in un primo momento c'è della grossa difficoltà da parte sua: prende posto, certo, segue Midoriya e gli altri oltre la soglia di una stanza per loro sistemata, ma a parte un cenno del capo quando viene loro annunciato che le persone designate stanno arrivando a intrattenerli e con loro anche il cibo ordinato, la sua presenza quasi non si vede e non si sente. Quando i cortigiani arrivano, però, la prima cosa che gli riesce semplice è capire quale sia l'oggetto del desiderio di Kirishima e non solo perché Eijiro lo rende vergognosamente semplice da capire ma anche perché i due si guardano in un modo a cui solo una persona incapace di vedere potrebbe passare sopra. Tamaki, questo il nome del ragazzo in questione, è anche più grande di loro e sembra essersi arreso all'idea che Kirishima con il suo entusiasmo fin troppo contagioso e il tono di voce alto voglia averlo come compagnia spesso e volentieri. Distrattamente, Shouto si chiede da quando Kirishima stia portando avanti quello che a tutti gli effetti è un corteggiamento.


Insieme a Tamaki entra anche un altro ragazzo: non ha un kimono particolarmente impreziosito, ma si capisce come la stoffa sia di una buona fattura. I capelli violacei non sembrano proprio trattati con la massima cura, ma nel complesso ciò che di norma forse darebbe una sfumatura sciatta alla sua figura lo rende diverso da tutte le bambole perfette che sembrano tenute su una mensola di una casa di giocattoli. Shouto lo nota quando entra e, nel vederlo offrire un sorriso sbieco a Midoriya capisce che si tratta dell'amico in questione. Non dice nulla però, offre un cenno con il capo per dare un educato saluto e torna a focalizzarsi sulla cena che nel frattempo gli hanno messo davanti.


Scambiano qualche parola nell'arco della serata, soprattutto quando Izuku decide di presentarli e fa da intermediario per un primo approccio che altrimenti non ci sarebbe mai. Shouto gli è mentalmente grato, perché per cercare di non sembrare lì per avere un certo tipo di servizi dall'altro è abbastanza sicuro di dare l'idea di non volerci essere affatto. Potrà non essere molto garbato, ma Shouto preferisce sembrare indifferente che dare adito a spiacevoli malintesi.


Alla fine della serata nessuno di loro si trattiene oltre e vengono accompagnati all'uscita sia da Hitoshi che da Tamaki. Shouto offre di nuovo un cenno del capo e, al contrario di Kirishima, una volta fuori non si guarda mai indietro.


*


Passa quasi un mese prima che le loro strade si incrocino di nuovo, ma la cosa più sorprendente è che quando succede sono da tutt'altra parte rispetto alle quattro mura di una casa di piacere. Si tratta della via principale della città, durante il giorno, entrambi intenti a gestire degli acquisti non loro - per quanto riguarda Shouto, si tratta di fare un favore personale a Fuyumi e, solo in seconda battuta, ha pensato di prenderle un piccolo pensiero. Hitoshi invece sta acquistando diverse beni necessari alla padrona del posto in cui lavora.


Si ritrovano davanti alla medesima bancarella, sebbene intenti a osservare merce diversa. Shouto sta allungando una mano verso un pettine con un fiore e una piccola pietra incastonata al centro, elegante nella sua semplicità, perfetto per il tipo di discrezione che è propria di sua sorella quando una voce al suo fianco pronuncia un «E' questo tipo di cose che si regalano a una fidanzata? Va detto che sei silenzioso abbastanza da essere adatto a un dono discreto, anziché uno troppo pacchiano.» con una punta di divertimento nella voce.


Shouto sposta lo sguardo dall'oggetto al ragazzo alla sua destra, riconoscendo Hitoshi nei lineamenti del profilo che gli offre. Sta guardando la bancarella come se nulla fosse, come se non avesse appena parlato e una minuscola parte di Shouto non è nemmeno molto entusiasta della cosa - tende a non avere interesse per l'opinione del resto del mondo nei suoi confronti, ma è anche strano sentire qualcuno che ha passato con lui non più di qualche ora e parte di quello stesso tempo in conversazione con altri esprimere un giudizio. Su cosa mai potrebbe averlo basato, gli sfugge.


«E' un regalo per mia sorella.» si limita a dire, dal momento che ha poco da offrire oltre la verità. Quello sembra attirare l'attenzione di Hitoshi, almeno a giudicare da come il suo sguardo abbandona oggetti di cui forse non gli è mai interessato davvero per spostarsi sul viso di Shouto. Tace per qualche momento prima di dire: «Non so se pensare sia una scusa. So che nella famiglia Todoroki c'è una figlia femmina e tu non sembri la persona più adatta a mentire.» osserva infine. Shouto non sa nemmeno cosa dovrebbe mai guadagnare dalla menzogna, in questo caso. Parte di lui, però, non ama l'idea di qualcuno con abbastanza interesse per la sua famiglia da informarsi su quanti e quali eredi abbia. Ignora il fatto che, essendo Fuyumi la più grande, sia comprensibile la sua conoscenza anche da esterni.


«E' un bel regalo,» aggiunge Hitoshi, una vaga morbidezza in più nel tono di voce, capace di far abbandonare a Shouto l'idea di restare sulla difensiva. Alla fine, si tratta solo di un incontro casuale che non può durare molto più di quanto sia già durato: «anche se l'accostamento dei fiori a giovani e fragili fanciulle è un po' datato. Anche se tipico.» commenta in aggiunta l'altro.


Shouto lo guarda, poi osserva l'accessorio in questione. Lo prende tra le mani, lo controlla brevemente e poi richiede che venga sistemato in quanto si tratta di un regalo, avvolto come si conviene per poterlo presentare. Paga subito così da potersene andare quando gli verrà consegnato e attende in silenzio, senza dare una risposta a quel ragazzo che gli sta accanto. Ripensa a Fuyumi che ha visto andare via la madre, ha visto la famiglia distruggersi, un fratello cessare di essere suo fratello, l'altro soffrire per non aver potuto fare niente e il più piccolo di casa sfigurato per sempre. Riflette su quanto avrebbe potuto lasciarsi distruggere e come, invece, abbia cercato nel suo piccolo di salvare tutti ancora prima di se stessa senza perdere per un istante la propria dignità.


Prende il regalo in mano quando il mercante da cui lo ha acquistato glielo porge e lo mette al sicuro. Guarda Hitoshi, forse ormai convinto che la conversazione sia caduta.


«Non tutti quando guardando un fiore pensano di poterlo schiacciare facilmente.» gli dice. Ha la sensazione di lasciar trapelare più sentimento di quanto avrebbe voluto, nel farlo, ma dandogli le spalle quasi subito per incamminarsi e andare via non sa se sia qualcosa che Hitoshi possa aver notato.


*


A essere completamente sincero, Shouto non ha molta intenzione di tornare a incontrare Hitoshi, perciò quando Izuku glielo propone declina l'invito e il fatto che per un'intera settimana suo padre lo porti a incontrare alcuni dei mercanti più ricchi della zona e con cui hanno diversi accordi vantagiosi gli rende semplice, per una volta, fingere che sia un problema di impegni senza dover mentire. Specie considerando quanto pessimo sia nel farlo quando ci prova. Dopo quasi mezzo mese, però, diventa difficile continuare a rifiutare e ogni sua resistenza diventa vana quando Izuku gli dice che è stato Hitoshi stesso a chiedere di lui, senza privarsi di far presente come questo non sia mai successo da quando lo conosce e si parla di qualche anno. Shouto non ha idea di cosa quel ragazzo possa volere da lui, ma non si sente nemmeno di potersi negare per sempre, dunque accetta di accompagnare di nuovo Izuku.


E' una serata più tranquilla già di partenza, dal momento che sono solo loro due, Bakugo e Kirishima impegnati in altro che li tiene momentaneamente lontani da Yoshiwara. Raggiungono la casa di piacere che buona parte dei clienti non sono ancora arrivati, forse per l'ora non troppo tarda più propria di chi intende trattenersi durante la notte. Vengono accolti e guidati quasi subito, portati in una stanza leggermente più piccola di quella dell'ultima volta, e hanno poco da attendere prima che cibo e compagnia vengano fatti entrare. Shouto si aspetta di vedere una sola persona e che quella persona sia Hitoshi, ma con lui c'è anche qualcuno che Shouto non riconosce, una ragazza dai lunghi capelli acconciati per valorizzarle il viso dai lineamenti delicati. Indossa un kimono con le più disparate sfumature di verde e ornamenti di petali rosa, in perfetto contrasto con le altre colorazioni. Lei si siede quasi immediatamente vicino a Izuku, e questo lascia a Hitoshi lui come unica opzione.


Non è una sorpresa quando gli si siede accanto e aspetta giusto il tempo necessario agli altri due per iniziare una conversazione fitta abbastanza da distrarli, prima di prendere parola. Gli versa del sake, con movimenti precisi ed eleganti, posando la piccola boccetta in ceramica sul vassoio al proprio fianco prima di dare voce a un: «Izuku mi ha sgridato.»


Così, decontestualizzata, quella frase ottiene solo di generare confusione in Shouto e lui non si priva di mostrarlo con un lieve aggrottarsi delle sopracciglia. Questo rende apparentemente tutto molto più ilare per Hitoshi, visto come si lascia scappare uno sbuffo divertito tra le labbra; sarebbe quasi impercettibile se non fossero così vicini.


«Per aver insinuato che tu fossi il tipo di persona che pensa chiunque sia al di sotto di lui, tanto da non doversi nemmeno sforzare per scegliere un regalo alla propria sorella o fidanzata.»

«Ho già detto che era per mia sorella.» fa notare, correggendolo. Non perché abbia particolare necessità di chiarire la sua situazione sentimentale con Hitoshi, ma per una questione di principio a questo punto.


«Ecco, Izuku ci ha tenuto a specificare anche questo.»

«Questo cosa?»

«Che non menti. E quindi, quando mi hai detto che si trattava di tua sorella, doveva essere così. A essere onesto, mi lascia perplesso come si possa credere tanto ciecamente a qualcuno. Potrà sembrare un sempliciotto pronto a fidarsi di chiunque, ma ho molto rispetto per l'intelligenza di Izuku. Quindi mi è sembrato strano che fosse così convinto nel parlare di te.» aggiunge, senza peli sulla lingua e ben lontano da come Shouto immagina vengano istruiti cortigiani e cortigiane nel conversare con i clienti. Benché lui detesti prendere per buona gran parte delle cose a cui dà voce suo padre, una volta lo ha sentito parlare del quartiere a luci rosse - non senza un evidente sdegno al solo pensarci, ma di quello Shouto non si è stupito.


Yoshiwara, ha detto Enji in quell'occasione, vende l'illusione di qualsiasi cosa tu abbia bisogno: della cordialità, dell'amore, della pace e del piacere.


A detta di chiunque abbia provato a entrare in quel colorito mondo di sogni e ne sia uscito forzandosi ad abbandonarlo, a dispetto di tutte le sue promesse ciò che Yoshiwara ti lascia tra le mani non è altro che la disperazione a sfuggirti tra le dita come sabbia.


Non sa cosa Hitoshi si aspetti che lui dica, di fronte a queste parole - dovrebbe ringraziare per la fiducia? Dovrebbe accettare quelle che, sebbene un po' indirette, sembrano scuse? In entrambi i casi ha il sospetto che non sia esattamente ciò che Hitoshi voleva dire, perciò Shouto tace per qualche attimo ancora. Sorseggia un poco del sake, anche se sarebbe più corretto dire che si bagna le labbra con il liquido alcolico, e solo dopo decide di dare una risposta anche se forse diversa da quella che l'altro si aspetta.


«Quello che intende di preciso Midoriya non posso dirlo io per lui.» pronuncia, mentre la mano recupera le bacchette. Indugia un attimo prima di prendere un boccone, incerto se aggiungere un pensiero che gli passa per la testa in quel momento o meno, ma alla fine decide che potrebbe valerne la pena. Non sa cosa Hitoshi pensi di lui e, dopotutto, non è nemmeno importante che abbia un pensiero preciso sulla sua persona, ma sente di voler comunque chiarire un concetto.


«Non ho bisogno di mentire,» afferma, lo sguardo - sulla ciotola di riso tenuta nell'altra mano - che non cerca quello di Hitoshi fin quando, non decide di alzarlo e incontrare quello altrui per aggiungere un «quindi non mento mai.»


Hitoshi lo fissa in un modo che fa sentire Shouto come se si fosse appena spogliato di ogni abito ma, soprattutto, di ognuna delle armature che gli ha permesso negli anni di non lasciar vedere al mondo i segreti che si portava dentro - quelli per cui non ha il coraggio di mostrarsi e quelli che altri hanno impresso a fuoco su di lui.


Il resto della serata quasi non parlano, ma quando è tempo di congedarsi Hitoshi lo avvicina più di quanto chiunque abbia mai fatto fisicamente e gli sussurra poche parole che portano con loro un invito a tornare e delle scuse. Gli sembrano sincere, ma non sa perché dovrebbe tornare da lui.


*


Contrariamente a ogni sua aspettativa, però, si vedono più spesso di quanto avrebbe mai potuto credere possibile. Qualche volta accade tra le bancarelle e c'è solo un breve saluto, quasi sempre discreto; Shouto impiega un po' a capire che quella discrezione è una premura nei suoi confronti, un assicurarsi che il cenno vago non venga visto dagli altri, in modo che nessuno possa ricollegare il loro scambio a una conoscenza che può avvenire solo in un luogo. Per quanto Hitoshi sia tutto fuorché qualcuno che dà nell'occhio, è probabile che il modo in cui Shouto lo ha conosciuto sia comune a molti uomini e che questo sia il motivo per il quale non c'è mai un approccio vero e proprio tra loro, non come potrebbero averlo Shouto e Izuku.


Altre volte Shouto accompagna quella che può ormai considerarsi la loro amicizia comune o, come nel caso della prima sera, Kirishima e Bakugo lo convincono a unirsi - più il primo che il secondo - e si muovono in gruppo. In quelle occasioni Hitoshi è con Tamaki e lui e Shouto scambiano qualche parola, che poi diventa qualche frase e infine interi discorsi. Succede molto prima che lui riesca a realizzare la cosa e quando è ormai pericolosamente vicina all'essere un'abitudine, è troppo tardi. Ci sono gesti minimi tra di loro perché Shouto non vuole che ci sia il malinteso di qualcosa di fisico, così facile da male interpretare, e perché sente che non potrebbe mai toccare nessuno in quel modo. Dentro o fuori Yoshiwara.


Hitoshi non chiede mai spiegazioni né sembra tenerci in modo particolare; d'altronde forse aiuta molto che Kirishima stesso, pur non facendo mistero del suo corteggiamento verso Tamaki né di quanto lo adori con profonda sincerità, non allunghi un dito verso di lui. Ne rispetta la riservatezza e la timidezza che potrebbero essere proprio ciò che gli hanno fatto perdere la testa e Shouto, per come ha imparato nel tempo a conoscere Kirishima, potrebbe scommettere che sarebbe capace di non toccare mai Tamaki se il ragazzo esprimesse anche solo una rimostranza in questo senso. Persino in un futuro in cui Kirishima sia riuscito a estinguere il debito di Tamaki e a prenderlo con sé. In ogni caso l'assenza di intimità fisica tra loro fa sì che non ci si aspetti niente di più da lui e questo lo fa sentire più a suo agio del previsto.


Perciò si limitano a parlare. All'inizio di argomenti senza importanza, di piccole notizie che di certo qualche altro cliente ha portato all'interno della casa di piacere. Lentamente si tratta di piccoli aneddoti, cose di poco conto come l'occasione in cui si sono conosciuti Shouto e Izuku che erano poco più che adolescenti e lontani dall'essere già considerati uomini. Ci sono serate in cui Shouto quasi non apre bocca, limitandosi a osservare Hitoshi interagire con Bakugo, un commento ironico dietro l'altro che non fa altro che far innervosire Bakugo sempre di più fino a quando la sua voce non rischia di sentirsi in ogni corridoio della casa. All'inizio alcuni degli uomini che lavorano per la sicurezza del posto e per gestire i clienti particolarmente fastidiosi - anche se, a quanto sembra, non ne sono passati spesso da quelle parti - varcano la soglia della stanza in cui si trovano, aspettandosi di dover prendere di peso qualcuno e portarlo via. Alla fine persino loro imparano a riconoscere la voce di Bakugo e che non cela vere minacce.


Una sera però Tamaki non c'è, richiesto da un altro cliente e a poco serve il loro tentativo di tranquillizzare Kirishima assicurandogli che si tratta di un'occasione speciale e di una richiesta semplice, di servizi tutt'altro che fisici. Kirishima si rivela essere inconsolabile - Shouto capisce solo in parte quanta frustrazione deve avvertire, nel suo tentativo di mettere da parte più possibile per poter tirare fuori Tamaki da quella realtà e avere la certezza di poterlo avere al proprio fianco. Se dipendesse solo dal suo desiderio e dai suoi sentimenti, Shouto è sicuro che Kirishima lo avrebbe portato via con sé dopo la prima sera. Invece è costretto ad attendere fino a quando non potrà economicamente farlo e dunque quella sera Kirishima si ubriaca abbastanza da impuntarsi sul voler restare a tutti i costi. Bakugo si rifiuta di fargli da balia, come ci tiene a sottolineare, così Izuku lo guarda con una muta richiesta negli occhi e Shouto accetta di rimanere con Kirishima.


Quella notte, a un certo punto, lui e Hitoshi rimangono svegli mentre Eijiro è crollato. Hitoshi lo osserva in silenzio abbastanza a lungo da far supporre a Shouto che presto si congederà. Per questo quando lo sente parlare in un mormorio basso se ne sorprende.


«Non hai mai toccato un uomo?» gli domanda e lo coglie alla sprovvista, anche e soprattutto per cosa gli sta chiedendo. Shouto vorrebbe fargli notare che non hanno quel tipo di complicità da poter parlare di qualcosa di tanto privato oppure, più semplicemente ancora, potrebbe dire di essere stanco e di voler riposare e imporgli di uscire perché sono comunque un cliente e qualcuno che ne deve accontentare le richieste. Questo forse è ciò che farebbe suo padre e tanto basta, a Shouto, da fargli desiderare di essere diverso. Di non cedere alla tentazione di sfruttare un potere che Hitoshi stesso si aspetta che sfrutti, forse, solo perché non sa come tirarsi fuori da qualcosa di così scomodo.


Rimane comunque in silenzio per una manciata di secondi che paiono lunghissimi, più a lui che a Hitoshi, e infine scuote appena la testa in un movimento che vorrebbe risultasse quasi impercettibile.


«Non ho mai dovuto.»

«Non devi mentire dunque non lo fai,» pronuncia Hitoshi citando le sue parole «non devi toccare un uomo dunque non lo tocchi. Mi domando cosa tu faccia perché lo vuoi, se tutto si basa invece sui tuoi doveri.» lo punzecchia, questo è qualcosa che anche Shouto sa riconoscere - la provocazione è ciò che più di ogni altra cosa, insieme alla severità, ha sentito uscire dalla bocca di suo padre per tutta la sua infanzia. Un insieme di "è tutto qui ciò che sai fare?", "Sei così debole?", "E' così che speri di succedermi alla guida del casato, in futuro?" per esortarlo a essere migliore. Ha ottenuto solo di convincerlo che non sarebbe mai potuto essere niente di ciò che voleva, figurarsi se sarebbe mai potuto diventare migliore in qualcosa.


«Non ho mai dovuto e non ho mai voluto.» replica con quella piccola aggiunta, puntando gli occhi in quelli di Hitoshi, sfidandolo a recriminargli qualcosa se solo ne ha il coraggio. L'altro non se lo aspetta e si vede, ma non si tira nemmeno indietro. Incurva le labbra in un sorriso sghembo e Shouto ha il sospetto che non avrebbe dovuto rispondere.


«Forse perché nessuno ti è mai interessato. O nessuno è stato bravo abbastanza.» dice e c'è un'implicazione evidente nelle parole che usa perché - Shouto lo ha capito ormai - Hitoshi non dice mai le cose per caso e ogni parola è scelta con cura, al pari della sfumatura di colore giusta in cui un artista sceglie di intingere il pennello prima di dare vita a qualcosa di magnifico sulla tela bianca. Ma Shouto non è un artista, lui di fronte alla bellezza può ammirare ma non potrà mai capirne la sottile complessità.


«Forse. Ma non posso.» chiarisce, prima che il suo "forse" possa essere interpretato in modo fin troppo conveniente.


«Naturalmente.» osserva Hitoshi con un incurvarsi di labbra diverso a cui Shouto non riesce a dare una collocazione precisa nella gamma delle emozioni che ha mai visto sul viso di qualcuno «La tua posizione non lo rende facile, immagino.» aggiunge e per un momento quasi lo confonde, perché ci sono momenti in cui Shouto dimentica di essere l'erede dei Todoroki. Ogni tanto succede per caso, ma molto spesso succede perché vorrebbe potersi svegliare e scoprire di essere qualcuno di cui nessuno si cura.


Stringe i pugni sulle proprie gambe, fermo in ginocchio sul cuscino dove è sempre stato da quando sono arrivati ormai molte ore prima. Nella stanza l'unica fonte di illuminazione sono due candele, tenute accese per permettere a loro due di vedersi ma lontane da Kirishima, per non disturbarne il sonno. Proprio come la prima volta di fronte a quella bancarella, Shouto sente un sentimento complesso nei confronti di Hitoshi. Più il cortigiano gli dona verità scomode che non potrebbero essere più lontane dalle realtà, più lui si sente braccato dall'idea di doverlo correggere e per questo essere sincero, costringendosi così a svelare parti di sé che non vorrebbe mai. La cicatrice sul suo volto deve essere ancora più evidente, con il riverbero della fiammella, ed è come se all'improvviso Hitoshi potesse scorgere ogni suo più intimo segreto.


Eppure non c'è parte di sé che vorrebbe mostrare di meno di quell'oscura melma che sente di portarsi dentro.


«La mia posizione,» ripete con un sarcasmo che sfugge al suo controllo prima che possa evitarlo e che fa alzare lo sguardo di Hitoshi con la stessa sorpresa di altre occasioni. Shouto odia che siano le sue verità a scatenare quelle reazioni, ma nonostante questo non impedisce a se stesso di aggiungere «la mia posizione una volta mi ha dato un'ustione che tutti guardano e per cui tutti sono curiosi senza mai avere il coraggio di chiedere niente. Non so cosa mi darà la prossima volta, ma chissà se tu intanto avrai trovato il coraggio di farmi la vera domanda per cui continui a punzecchiarmi.» ribatte «Non so quale sia, ma hai davvero molte opinioni su di me per uno che non ha mai chiesto nulla di importante.»


Non parlano per il resto della serata, anche perché Shouto non gliene dà l'occasione. Lamenta della stanchezza, si sveste di alcuni strati dei suoi abiti e si corica sul futon steso in precedenza per lui non troppo distante da quello offerto per Kirishima. Hitoshi non dice una parola, anche se un paio di volte sembra sul punto di provarci - ma Shouto lo ignora, non incontra il suo sguardo e così non gli dà modo di esprimere a parole qualunque sia il suo dubbio.


Poco prima di scivolare nel sonno, a Shouto sembra quasi di sentire delle dita tra i capelli in una lunga carezza.


*


Ciò che Shouto vorrebbe, a questo punto, è dimenticarsi di Hitoshi e sperare per Kirishima senza doverlo mai più accompagnare a Yoshiwara. Si illude così di non doversi più preoccupare di incontrare un cortigiano che riesce a farlo sentire giudicato come quando era un bambino a cui riusciva difficile persino alzare lo sguardo sugli adulti che gli parlavano. Del tutto dimentico di incontri avvenuti al di fuori del quartiere incriminato, Shouto è convinto di potersi lasciare tutto alle spalle con la stessa naturalezza e facilità con cui si lascia che passino le stagioni. Invece Izuku è di nuovo portavoce di un invito al quale vuole davvero dire di no, se non fosse che Midoriya ha un terribile ascendente su di lui e Shouto comincia a pensare l’altro ne sia pericolosamente cosciente quando si vede rivolgere uno sguardo quasi di supplica che nasconde però una determinazione a non lasciar stare la questione fin quando non avrà ottenuto una risposta positiva.


Shouto è una persona testarda, ma non riesce a ignorarlo troppo a lungo, specie quando Izuku gli dice «Hitoshi non mi ha ripetuto cosa ti ha detto, ma vuole scusarsi. Lo conosco quasi dallo stesso numero di anni da quando conosco te, Todoroki-kun, e credimi se ti dico che Hitoshi... di rado ha bisogno di scusarsi per qualcosa. Non è il tipo di uomo a cui piace piegare la testa, se non è strettamente richiesto dalle dinamiche di Yoshiwara, ma soprattutto lo considero troppo intelligente per mettersi volutamente in condizioni di doversi scusare.» fa presente e c'è un'immensa differenza tra il non voler fare qualcosa e il far sì di non doverla fare. Izuku lo sa, così come lo sa Shouto. Ci vuole un acume particolare per riuscire nella seconda e un istante per cadere in errore.


«E per questo,» riprende Midoriya «mi ha confidato di volerti incontrare di giorno. Fuori da Yoshiwara. Dice che è già successo una volta e avresti saputo a cosa si riferiva.» aggiunge, una punta di curiosità che non riesce a nascondere ma che non passa inosservata. Shouto riesce comunque ad apprezzare il suo non chiedere ulteriori dettagli sull'occasione in questione e sospira, perché mentre ancora si convince di doverci pensare e di non volersi prestare, sa già che una parte di lui ha ceduto ed è sufficiente a far sì che si faccia trovare lì dove Hitoshi lo vuole.


Così lo incontra, si sente rivolgere delle scuse che gli sembrano sincere. Hitoshi non si perde in chiacchiere superflue, non gli offre niente di pomposo o di vicino all'etichetta - si scusa come farebbe qualcuno che è più di un conoscente ma meno di un amico, qualcuno che vorrebbe conoscere meglio la persona davanti a lui ma che non riesce a capire appieno secondo quale dinamica questo potrebbe succedere. Shouto non si ritiene uno dei migliori nel leggere le persone, per lui è più facile avere subito una prova tangibile di cosa siano in grado di dire e fare e da lì modellarsi in base a come lo fanno sentire. Hitoshi in questo è come uno specchio d'acqua di cui non si riesce a vedere bene il fondo, non importa quando cristallina possa essere la superficie e per Shouto l'ignoto non ha mai riservato un particolare fascino. Al contrario, non lo apprezza. Ma gli sembra, e potrebbe sbagliare, che Hitoshi nella sua intricata matassa di pensieri ed emozioni lasciate sotto la superficie voglia permettergli di vedere appena oltre.


Forse alla fine si rivelerà solo un'occhiata fugace o una delle menzogne di Yoshiwara, ma Shouto decide di dargli un'occasione. O di darla a se stesso.


*


Passano quattro stagioni. Shouto osserva le foglie rosse creare tappeti pregiati per le vie che lui e Hitoshi calcano quasi ogni mattina, in incontri brevi quanto la strada in comune, prima che questa si dirami e li porti uno verso la scuola dove ha appreso l'arte della spada e l'altro in direzione di un quartiere che chiama casa.


La neve dell'inverno porta con sé il primo regalo in assoluto che fa a Hitoshi, insistendo perché venga considerato una premura generica più che un dono con delle intenzioni. Avviene quando sono insieme un pomeriggio, un paio di ore a dividerli dal momento in cui Hitoshi dovrà chiudersi di nuovo nella casa di piacere ed essere il compagno perfetto in qualunque cosa gli verrà chiesta. Shouto chiede di fermarsi di fronte a un negozio che conosce bene, dove prende un haori adatto alla stagione; non lo fa incartare, preferendo poggiarglielo direttamente sulle spalle una volta che sono fuori. Hitoshi vorrebbe dirgli qualcosa forse, lo vede corrugare la fronte mentre cerca le parole giuste, ma Shouto si limita a dirgli «Vesti troppo leggero.» come se fosse l'unica questione tra loro.


Pian piano il freddo si scioglie e i primi fiori fanno capolino, timidamente. Yoshiwara è al suo massimo in primavera, con il profumo inebriante dei boccioli degli alberi e i colori di cui si dipinge. Shouto per la prima volta si reca alla casa di piacere da solo, senza alcuna ragione se non il voler dimenticare per una sera chi è - quando il peso della presenza di suo padre in casa diventa così forte e totalizzante da ricordargli che i segreti, quando vogliono essere mantenuti, comportano anche mettere a tacere chi li conosce. E questo per suo padre non è diverso dall'imprigionare anche i suoi figli in una gabbia dorata, se necessario. Così si presenta di sera, con ancora addosso il vago senso di disagio di chi non riesce ad abituarsi a certi approcci. Quella sgradevole sensazione lo abbandona quando Hitoshi entra nella stanza per fargli compagnia come da lui richiesto. Vede nei suoi occhi che cerca di capire cosa lo abbia spinto a venire da solo, lui che è sempre e solo l'amico di Kirishima che continua a venire ogni giorno o quasi, sebbene sia ormai vicino il momento in cui potrà finalmente chiedere a Tamaki di seguirlo. Quella sera Shouto si trattiene fino a tardi e, poco prima di andare via, si lascia sfuggire una domanda di cui si pente subito: al di fuori di questa stanza in cui continuo a venire in un modo o nell'altro, esisto davvero?


L'estate passa senza che riescano a vedersi per più di qualche minuto, tra le vie principali dei negozi e poco altro. Hitoshi non gli chiede mai di quella sera. Shouto fa in modo che non possa farlo.


*


Quando Izuku gli chiede se sia tutto a posto, Shouto sospetta per un momento che Hitoshi gli abbia detto del loro ultimo incontro, di quando si è recato alla casa di piacere da solo. Cerca nell'espressione di Midoriya, mentre lui gli parla, la prova del suo sapere qualcosa di profondamente intimo per Shouto. Quando non trova nulla di tutto questo, nessun segno evidente, non riesce a fare a meno di chiedergli se Hitoshi gli abbia detto qualcosa - il che a conti fatti è come tradirsi da solo in effetti, ma se l'alternativa è vivere nell'incertezza e dubitare di Hitoshi, tanto vale sacrificare un minimo di segretezza ma assicurarsi di quanto Izuku sappia.


«No, anche se gliel'ho chiesto.» replica Midoriya, senza nascondergli la verità «Durante l'estate mi sei sembrato preoccupato per qualcosa, Todoroki-kun, e quando l'ultima volta siamo andati con Kirishima-kun da Tamaki e ho visto Hitoshi, mi ha chiesto come stessi. Gli ho domandato come mai fosse preoccupato ed è stato evasivo. Io e Hitoshi non siamo mai evasivi uno con l'altro.» sottolinea, un sorriso leggero a incurvargli le labbra, da cui è facile capire che non ce l'abbia con l'altro per avergli negato in maniera piuttosto evidente una risposta. Shouto non se ne stupisce, innanzitutto perché conosce Midoriya e sa che se non fosse strettamente necessario come nel caso di una questione di vita o di morte, Izuku non insisterebbe. Inoltre ha avuto modo di osservarlo interagire con Hitoshi e il cortigiano stesso gli ha parlato, in qualche occasione, del suo rapporto con Midoriya.


«Sono andato—» comincia a dire, ma l'altro lo interrompe scuotendo la testa «Non c'è bisogno tu mi dica niente. Se state entrambi bene per me è sufficiente.» assicura «Però... dice che qualche volta vi incontrate sulla via principale dei negozi. Se dovessi vederlo, penso gli farebbe piacere sapere che stai bene. In caso tu non voglia venire con noi una di queste sere.» aggiunge.


Shouto non dice nulla, limitandosi ad annuire. Vorrebbe vedere Hitoshi, ma il fatto di non essere riuscito a chiarire a se stesso il motivo da quando gli ha regalato l'haori ormai quasi un anno fa, lo frena sempre quando è a un passo dal farlo.


*


Si sarebbe potuto preparare psicologicamente per tutto il tempo e non sarebbe comunque mai stato pronto. Gli arriva la notizia che Kirishima ha finalmente saldato il debito di Tamaki e che quest'ultimo ha accettato di rimanere con lui; da quanto Shouto ha potuto capire, conoscendo anche a grandi linee la situazione famigliare di Kirishima, i due porteranno avanti quella che era la piccola attività mercantile del padre di Eijiro, qualcosa per cui il figlio si è mostrato portato fin dall'inizio sebbene avesse inizialmente scelto un’altra strada. E' qualcosa di modesto, ma di stabile e sicuro. Kirishima dice che a Tamaki piacerà, a patto che non gli si chieda di restare troppo a contatto con i clienti - ma a quello, con la sua socialità piuttosto spiccata, può pensarci Kirishima. Una parte di Shouto, quella che ha osservato prima passivamente e poi con interesse le difficoltà dei due per riuscire ad avere una vita normale al di fuori degli incontri di Yoshiwara, è felice per loro. Una minuscola, infinitesimale parte invece è mangiata viva dalla gelosia di chi non potrebbe neanche volendo. E non per l'aspetto economico dove potrebbe riuscire molto più velocemente di quanto Kirishima avrebbe mai potuto fare. E' tutto il resto a incatenarlo come il più svilito dei prigionieri.


Shouto sa che forse in condizioni normali avrebbe impiegato ancora mesi, anni, o magari non sarebbe mai arrivato al punto di mettersi in discussione e distruggere quel precario e delicato equilibrio tra lui e Hitoshi. Quello per cui si incontrano da più di un anno, non importa quanto breve sia la compagnia che riescono a godere l'uno dell'altro, senza andare mai oltre quella linea di cui sono entrambi coscienti. Se non ci fosse la minaccia di un uomo interessato a Hitoshi, probabilmente Shouto non si spingerebbe mai da solo per la seconda volta tra le vie di Yoshiwara e fino alla casa di piacere, richiedendo di poter stare con lui.


Quando lo raggiunge nella stanza, sembra sorpreso e guardingo al tempo stesso. Shouto lo può capire, ma questo non lo rende meno confuso da se stesso o pronto a parlare a cuore aperto delle ragioni per cui si trova lì. Hitoshi però deve aver avuto modo di interagire con molte più persone di quante Shouto potrebbe mai averne incontrate sulla sua strada, alcune forse anche meno loquaci di lui, perciò sa bene come intraprendere il discorso: lo porta a parlare di cose di poco conto, chiacchiere che potrebbero fare due amici. Offre aneddoti divertenti e interessanti, menziona l'incontro con Midoriya di cui Shouto è già a conoscenza e non nasconde di avergli chiesto come stesse.


«Sei una delle persone più complicate da leggere, Todoroki,» gli fa presente, lasciando da parte l'onorifico da quando Shouto gli ha chiesto di farlo «e io sono bravo a leggere gli altri. Capire i tuoi pensieri è difficile invece, perciò ho dovuto chiedere a Izuku se sapesse se eri almeno in buona salute.» afferma, facendo per versargli un poco di sake. Shouto muove la mano fino a tenerla sollevata sopra il proprio bicchierino, segnalando tacitamente di non volere altro alcol. Hitoshi ripone allora la bottiglietta da una parte, dove non può essere d'intralcio.


Cade un silenzio quasi abitudinario, tra di loro, ma la verità è che Shouto è consapevole di non potersi trincerare in eterno dietro di esso o continuare a scappare quando qualcuno cerca di mettere a nudo quello che prova o almeno di scalfire un muro che, nella sua mente, è stato estremamente facile da erigere e che gli riesce ormai quasi impossibile da buttare giù. Non può aspettarsi che gli altri abbiano più fortuna di lui senza fare niente, ma limitandosi ad osservare e - nel vederli fallire  - scuotere le spalle come se l'errore di partenza fosse stato aspettarsi qualcosa.


«Mi hanno detto che qualcuno ti... cerca spesso.» pronuncia. Gli basta guardare il modo in cui Hitoshi cambia espressione per capire di averlo detto nel modo sbagliato o che, forse, non avrebbe dovuto prendere l'argomento e basta.


«Soltanto perché tu vieni solo ad accompagnare gli amici e non fai altro che stare ad ascoltare quello di cui ti parlo o a offrirmi regali che finiscono con il sembrare senza importanza, come se li facessi a chiunque, non vuol dire tutti facciano la stessa cosa.»


Shouto capisce razionalmente a cosa si riferisca, ma ci sono così tanti tasselli mancanti e così tanti freni nella sua testa che capire da dove cominciare è difficile - avverte però la frustrazione nella voce di Hitoshi e c'è almeno una cosa che è sicuro sia un fraintendimento da parte dell'altro, qualcosa che deve aver interpretato male e Shouto non ha idea di come o del perché ma sa di aver bisogno di chiarirla.


«Non faccio doni a chiunque.» pronuncia, forse più brusco di quanto vorrebbe «Quando ti ho preso quell'haori volevo...» voleva fare cosa? E' qui il punto dell'intera questione. Desiderava assicurarsi che stesse al caldo, voleva mostrare una premura, ma forse in cuor suo voleva che Hitoshi si ricordasse di lui, che pensasse a lui anche quando in una casa di piacere non ci si può aspettare di essere l'unica persona nei pensieri di un cortigiano. Forse ha persino desiderato che quel dono, arrivato dal nulla e non come l'ennesimo di una lunga serie, nella sua rarità potesse esprimere le cose al posto suo. Sperava fosse sufficiente a dire a Hitoshi che la sua presenza è diventata enorme dentro di lui, senza che nemmeno Shouto se ne accorgesse.


«Di nuovo perso nella tua testa.» commenta con una punta di sarcasmo che non gli ha mai sentito nella voce, non con accezione negativa rivolta a lui «E di nuovo non hai una risposta. Forse sei abituato così o magari pensi solo che io non meriti una risposta chiara. In fondo si dice questo di Yoshiwara e di quelli come me, giusto? Siamo solo l'illusione di una notte e non siamo degni di essere più di questo. Quando uscite da qui, all'improvviso nessuno di noi esiste più.»


Quella frase lo colpisce molto più di quanto potrebbe fare uno schiaffo. Lui e Hitoshi non potrebbero essere più diversi a prima vista e anche dopo più di un anno dal loro primo incontro Shouto è sicuro ci siano aspetti di lui che non può far altro che invidiare. Al di là di questo, però, mai come adesso ha sentito di avere anche qualcosa profondamente in comune con lui; forse quella sera tardi, in cui prima di andare via ha lasciato che Hitoshi potesse intravedere la sua più grande paura, quando gli ha permesso di vedere per un istante il se stesso bambino che non ha mai trovato risposta a un'unica, fondamentale domanda, Hitoshi non ha saputo cosa dirgli non solo perché non gli ha dato abbastanza tempo per farlo ma anche perché sono entrambi vittima dello stesso dilemma per cui si passano vite intere a cercare una soluzione.


Per questo, se c'è una colpa di cui non può accettare di macchiarsi, è quella di far credere a Hitoshi di essere qualcuno a cui non è permesso esistere al di fuori di due mura e di un'intimità offerta senza sentimento. Pensare, a causa sua, di non essere niente più di quello anche agli occhi di Shouto. Per questo allunga una mano e concede a entrambi il primo vero contatto da quando si conoscono, lui sempre così attento a non sfiorarlo se non strettamente necessario, come quando gli ha posato un haori sulle spalle lo scorso inverno. Prende la sua mano come per fermarlo, anche se Hitoshi non ha dato alcun cenno di stare per andarsene; entrambi guardando quella presa, stupiti e confusi. Hitoshi cerca il suo sguardo e Shouto lo vede che è combattuto tra il credere che quello sia un buon segno e il non volersi fare illusioni.


«Ci sono cose che non ho mai detto, è vero, e... so che è difficile capire a cosa stia pensando. Ma una cosa che non ho mai creduto è che meriti di essere dimenticato solo perché ti ho incontrato la prima volta nel quartieri di Yoshiwara.» dice, forse una delle frasi più lunghe che abbia mai concesso all'altro in sua compagnia. Shouto sa di apparire come il figlio prediletto di un uomo di potere, qualcuno destinato alla grandezza senza il minimo sforzo e non fa né ha mai fatto una colpa a nessuno per averlo creduto a un semplice sguardo e averlo relegato a un ruolo di privilegio senza domandarsi se potesse essere davvero così facile. Razionalmente oltre a essersi interessato poco dell'opinione di chi era quasi meno di un conoscente, ha cercato di ripetersi che avrebbe fatto lo stesso al posto di un altro se non avesse avuto sentore di qualcosa di putrido nascosto nella stanza più segreta di una casa dalle mille porte. Però avrebbe voluto che qualcuno si avvicinasse anche solo abbastanza da sfiorare la verità.


Vorrebbe più di ogni altra cosa che quel qualcuno fosse Hitoshi.


«Quando ci siamo visti la prima volta fuori da qui» pronuncia quindi, gli occhi chiari ancora fissi sulla mano che tiene quella altrui «stavo comprando qualcosa per mia sorella. Io non sono... il tipo di persona che offre regali a chiunque. O che va nelle case di piacere. Non ho mai nemmeno dovuto corteggiare qualcuno, perché— cosa posso offrire?»


Azzarda per un momento ad alzare lo sguardo e trova sul viso di Hitoshi l'incredulità di chi ha appena sentito dire all'imperatore di non avere abbastanza servitori. Il sollievo che prova quando non lo sente ritrarre la mano ma, anzi, stringerla appena di rimando è impossibile per lui da descrivere.


«Todoroki» lo chiama Hitoshi ma lui scuote la testa, mentre d'istinto si morde l'interno della guancia: «Shouto» lo corregge «Todoroki è il nome di mio padre. Non mi piace mi chiamino così.»

«Izuku però ti chiama così.»

«Tu non sei Midoriya.»


Gli sfugge tra le labbra con naturalezza e quasi con stizza, come se si aspettasse di essere ben oltre il punto in cui devono dirsi cose del genere - ma la verità è che lui stesso è stupito di come aver espresso i suoi pensieri con la limpidezza con cui si formano nella sua testa lo faccia sentire più leggero.


«Shouto» concede Hitoshi, lasciando per un attimo da parte la sua puntualizzazione «cosa vuol dire cosa posso offrire? Tu sei... se tu non hai nulla da offrire cosa dovrebbe avere qualcuno come me o Tamaki? Nessuno si aspetta da noi più di quanto il nostro ruolo sottintenda.» gli fa notare, con un piegarsi delle labbra che sa di amareggiato. Shouto si ritrova a scuotere di nuovo la testa.


«Non parlo di beni materiali.» comincia a dire ma Hitoshi lo interrompe bruscamente. Prima che possa realizzarlo, le sue labbra sono sulle proprie. E' un contatto abbastanza breve che non viene approfondito, come se Hitoshi sapesse di non poter tirare troppo la corda o non volesse approfittare della sua sorpresa per spingersi oltre senza sapere se lui lo voglia o meno. Le sue labbra sono morbide contro le proprie e Shouto vorrebbe aver ceduto molto prima.


«Nemmeno io ho mai parlato di beni materiali.» sussurra quando interrompe il contatto e si scosta quanto basta solo a pronunciare quelle parole. Shouto sente ancora la sua mano nella propria e inspira piano, intrecciando le dita con quelle di Hitoshi in modo che è sicuro sembrerà piuttosto goffo. Cerca di non pensarci, quando nonostante la poca distanza cerca i suoi occhi con i propri. Rimangono in silenzio, fronte contro fronte, guardandosi solo in alcuni momenti prima che Hitoshi pronunci piano un «Passa la notte con me.»


Shouto si sente scuotere dentro, come se gli vibrasse l'anima, e sa che non è possibile ma non sarebbe in grado di descriverlo in nessun altro modo.


*


Le mani di Hitoshi potrebbero muoversi con molta più agilità, consapevolezza e conoscenza lungo il suo corpo ma non lo fanno. C'è una lentezza voluta nel modo in cui si spogliano a vicenda o in quello in cui Shouto lascia che, in una certa misura, sia Hitoshi a guidare le sue dita.  Quando sono quasi del tutto nudi sul futon che l'altro ha richiesto senza mai lasciare la sua mano, Hitoshi gli promette di fare solo quello che vuole. Si abbandona completamente al desiderio di Shouto senza nemmeno chiedergli cosa implichi o quanto in là voglia spingersi e Shouto si domanda per quanti uomini abbia dovuto fare questo e quante volte si sia limitato ad assecondare il piacere di un'altra persona senza badare troppo al proprio. Non può cambiare il passato e non può cancellare la gelosia che sente dentro, del tutto priva della razionalità che pensa essere tipica di lui.


L'unica cosa che può offrirgli è di essere diverso, di riuscire in qualche modo a comunicargli che per lui è importante quello che desidera e non soltanto soddisfare un bisogno fisico. Così guida le mani di Hitoshi sulle proprie spalle, una alla volta, e passa un tempo lunghissimo a baciarlo. Non sono i baci più disinvolti del mondo e, anzi, per Shouto è difficile capire quanto il suo istinto lo stia guidando nella direzione giusta e quanto no; Hitoshi però gli cinge le spalle e insinua le dita nei suoi capelli, si spinge con il bacino verso di lui quando Shouto gli morde piano il lobo prima e il collo poi, così lui non può far altro che farsi guidare da quelle reazioni.


Gli domanda in poco più di un sussurro se c'è qualcosa che vuole che faccia, di dirgli cosa gli dà piacere. Lo fa senza guardarlo, perché non si fida di se stesso in questo momento, ed è Hitoshi stavolta a guidare la sua mano fra le proprie gambe. Shouto sfiora la sua erezione per un momento ma lo sente farlo andare oltre fin quando le sue dita non vengono spinte leggermente tra le natiche. Shouto capisce e, nel sentirlo inarcare appena la schiena e riversare un gemito nella sua bocca quando fa scivolare un dito dentro di lui con incertezza, desidera dargli tutto ciò che Hitoshi vuole.


Sarebbe pronto, si dice, a veder bruciare Yoshiwara se fosse necessario.


*


Lo sveglia la sensazione di una carezza tra i capelli, come quella di molte, troppe sere fa in cui si addormentò con Kirishima già collassato poco lontano da lui; fingeva di dormire ed era a un passo dallo scivolare nel sonno e si era convinto fosse stata una sensazione, perché ammettere che potessero essere le mani di Hitoshi avrebbe implicato troppe cose.


Apre gli occhi, ora, e vede la figura dell'altro uomo con cui ha appena passato la notte di fianco a lui: la coperta lascia fuori la spalla nuda, mentre le dita della mano gli sfiorano i capelli. Quando si accorge che è sveglio, Hitoshi gli offre il primo vero sorriso da quando si conoscono - nulla a che vedere con l'illusione offerta da Yoshiwara né con la sottile ironia che Hitoshi gli ha sempre rivolto, ora in modo complice e ora in modo provocatorio, forse in attesa di avere da lui la reazione di cui aveva bisogno per capire dove stessero andando con quegli incontri brevi ma quotidiani senza nemmeno essersi promessi nulla.


Quel sorriso è come un fiore sbocciato timidamente lungo una strada dove un po' di neve si porta dietro lo strascico dell'inverno.


Si avvicina piano, Shouto, e gli dà un bacio leggero. Non è meno goffo di quelli della sera precedente, ma si tratta dell’affetto e dell’adorazione più sinceri e diretti che abbia mai mostrato a qualcuno. Hitoshi sbuffa sulle sue labbra e a Shouto sembra che qualcuno finalmente abbia aperto la porta della stanza con tutti i suoi segreti e li abbia dispersi da qualche parte, dove non possono pesargli sulle spalle.


Gli sembra di respirare di nuovo per la prima volta.  

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Prompt: riunione
Missione: M3 (week 4)
Parole: 100
Rating: gen
Warnings: //





Shouto non ha mai rimpianto così tanto di aver letto il messaggio di Midoriya che annunciava la riunione con i vecchi compagni di liceo e di aver accettato di esserci. Non è sicuro che Shinsou sia davvero ubriaco, ma poco importa quando la sua mano è sul fianco di Shouto e le sue labbra stanno lasciandogli baci sul collo. Specie quando i suoi unici pensieri in sequenza sono: non sembrare disperato. Non cedere alla tentazione di fare qualsiasi cosa non si possa fare in pubblico. Controlla il fuoco, le riunioni come questa non sono fatte per scatenare un incidente in un locale.

 
hakurenshi: (Default)

Prompt: //
Missione: M3
Parole: 5436 (507 + 1501 + 3428)
Rating: teen up
Warnings: kissing, making out, (very) vague petting



Il primo anno alla UA non è dei più facili, per Shoto, ma sospetta non sia facile per nessuno. Si sono ritrovati tutti tra le mani un sogno più grande di loro, qualcosa in cui credevano fermamente e la convinzione di poterci arrivare con l'impegno, sì, ma senza avere un'idea precisa di quanto ne servisse. Un po' come tutte quelle cose idealizzate fin da piccoli, in cui si guarda a un obiettivo per cui si è consapevoli di dover lavorare duro ma quando si comincia a farlo si viene schiacciati da quella stessa durezza che si credeva di conoscere appieno.


Si potrebbe dire che la prima volta in cui si accorge di Shinsou sia il festival dello sport, durante il suo scontro con Midoriya, ma più che notarlo si tratta di prendere atto di un'esistenza e poco più; Shouto era troppo concentrato su se stesso e sul dimostrare a suo padre che mai e poi mai avrebbe utilizzato un potere ereditato da lui e che aveva, forse irrimediabilmente, distrutto sua madre e l'intera famiglia per preoccuparsi di chiunque calcasse il ring del festival. Lo nota davvero durante l'esercitazione in cui Shinsou deve dimostrare di avere le qualità necessarie a passare di corso. C'è qualcosa di familiare nel modo in cui non vuole avere amici intorno, o almeno si professa poco interessato a farsene, e come questo è sufficiente a farlo finire circondato da persone mosse dall'intenzione esattamente contraria. Shouto non si definisce uno che non vuole amici, ma immagina di essere sembrato un po' come lui, scostante e disinteressato, quasi freddo. Alla UA, però, essere lasciato in pace è quasi impossibile e non sarà lui a cercare di fermare chi come Midoriya o Kaminari sembra nato per distruggere qualsiasi certezza quelli come lui e Shinsou potrebbero avere.


Sarebbe comunque uno sforzo del tutto inutile. Lui preferisce prendersi più tempo per osservare, cercare in Shinsou somiglianze e differenze, come in un gioco. Riconosce una punta di imbarazzo, intravede il disagio di chi non si sente meritevole o di chi ha un obiettivo troppo grande per concedersi quel tipo di distrazione eppure - al tempo stesso - vorrebbe con tutto il cuore poterselo permettere. Se deve essere sincero, Shouto però vede anche qualcuno schiacciato dal suo passato, dal suo Quirk, da una reputazione di cui è quasi impossibile disfarsi se non impegnandosi il triplo di quanto fanno gli altri e senza nemmeno la certezza di riuscirci. Vede la fatica dell'accettazione. Vede la convinzione che chiunque, letteralmente chiunque altro, sia stato più fortunato di lui. Ogni aspirante eroe è un nemico, l'oggetto dell'invidia: chi ha avuto genitori amorevoli, chi ha avuto un mentore che ha creduto in lui o in lei, chi ha potuto scegliere la sua strada a cuor leggero.


Con il tempo, Shouto ha imparato a non giudicare con superficialità secondo la propria convenienza, ma in cuor suo a volte sente ancora l'invidia spingere forte per uscire e prendere il sopravvento. Per questo, la prima volta che nota davvero Shinsou si riconosce, e questo lo spaventa.


*


In una storia qualunque, Shouto si sarebbe dovuto accorgere di Shinsou tanto da volerlo avvicinare durante la cerimonia di diploma. Quale occasione migliore, se non il raggiungimento di qualcosa di così grande e la svolta da sogno a raggiungimento dell'obiettivo di diventare un Pro Hero a tutti gli effetti? Avrebbe senso avere finalmente quel singolo momento in cui ci si guarda intorno, si abbracciano con lo sguardo le persone con cui in fondo si è cresciuti, con cui si sono condivisi gioie e dolori, successi e fallimenti. La sezione A, nello specifico, è diventata qualcosa di enorme dentro di lui: hanno visto troppe crudeltà che la vita avrebbe dovuto tenere da parte per quando sarebbero stati più grandi, più pronti. Hanno dovuto subire perdite e prendere decisioni impossibili a cui non si riesce mai ad arrivare davvero preparati nemmeno da adulti, neanche dopo anni a combattere il crimine e il male. Avrebbe perfettamente senso trovarsi lì, scattare una foto di classe o di gruppo senza più preoccuparsi di una sezione che ci si lascia alle spalle, e pensare che Shinsou è lì dov'è sempre stato eppure dove lo vede ora per la prima volta, dove si interessa a lui. Sarebbe una storia perfetta.


Invece Shouto si sofferma su di lui un anno dopo, quando una riunione con i vecchi compagni che li vede tutti miracolosamente presenti - per nulla scontato, visti gli impegni di ogni Pro Hero - li porta a sedere intorno allo stesso tavolo e a occuparsi di rimettere in piedi Kaminari dopo troppe, troppe birre.


Lo hanno appena messo in sesto abbastanza da potergli chiamare un taxi e Kirishima si è offerto di assicurarsi che arrivi a casa con le sue gambe, visto che abitano abbastanza vicini. Il chiacchiericcio degli altri, divisi in piccoli gruppi come durante le feste di Natale alla UA, fa da contorno a una notte in cui si gela. Le feste sono alle porte, la prima neve minaccia di cadere da un momento all'altro e le luci del locale dove hanno mangiato accompagnano una serata altrimenti buia ma non abbastanza da rendere facile vedere le stelle, complici anche le luci artificiali della città. Shouto ha le mani affondate nelle tasche del cappotto grigio scuro, la sciarpa color ghiaccio ben sistemata nella speranza di coprire quanto più possibile dal collo in su. A ogni respiro, l'aria abbandona la sua bocca per trasformarsi in nuvolette di condensa.


Kaminari sbraita qualcosa per poi di scoppiare in una fragorosa risata prima e subito dopo in un urletto spaventato che sarebbe preoccupante, se solo non fosse seguito dalle minacce gridate da Bakugou e dalla risata divertita di Mina. Lo sguardo di Shouto, però, vira sulla propria sinistra quando vede con la coda dell'occhio la figura di Shinsou poggiarsi stancamente con la schiena contro la parete del locale. Non è cambiato molto da quel festival sportivo del primo anno, con i capelli più corti che danno l'impressione di essere meno in balia della gravità ma la stessa, identica espressione di sempre. Sta guardando verso il gruppo di Kaminari, le mani nelle tasche del cappotto nero quasi a mimare la posizione di Shouto, un vago accenno di sorriso sulle labbra così lieve che è difficile intuire se sia divertito o se abbia una punta di sarcasmo ben nascosta.


Non parlano lì per lì, ma non sorprende nessuno. Né lui né Shinsou sono mai stati i chiacchieroni della situazione o l'anima delle feste che negli anni hanno organizzato, per quanto gli eventi e i conseguenti umori hanno reso possibile. Ci vuole Kirishima che annuncia l'arrivo del taxi e offre un saluto generale mentre tiene in equilibrio Kaminari a far aprire bocca a Shinsou per dire: «I miei timpani sono salvi.»


E' una frase semplice, ironica, abbastanza tipica di lui o dell'aspetto di lui che Shouto ha visto crescere nel tempo. Al di là dei cambiamenti fisici, che non sono stati molti appunto, di fondo Shinsou non è troppo diverso da come lo ha conosciuto e da come Shouto pensa di averlo inquadrato già la prima volta, quando ha deciso di non voler approfondire perché in un modo complesso e contorto era come guardarsi allo specchio. C'è ancora una perenne punta di ironia nel modo in cui Shinsou parla, quella punta che lo rende odioso a molti ma adorato da tanti altri, specie chi lo ha conosciuto anni fa. C'è la poca propensione all'amicizia di convenienza, ma nel tempo è diventato capace di instaurare legami profondi - pochi, ma duraturi. E' qualcuno di cui si può apprezzare la sincerità, una volta riusciti ad andare oltre l'angoscia di chi ha dovuto sempre giustificarsi per un Quirk destinato ai villain ma capace anche di fare del bene. Shinsou è un'argilla che è stata intaccata da Midoriya e poi rimodellata da Aizawa e dal resto di quelli che hanno voluto dargli e darsi una possibilità.


Shouto pensa di apprezzarlo: lavora bene, non perde tempo, è scrupoloso e attento. Non parla troppo, non urla granché, riesce a stemperare momenti complessi con parole semplici. Ha la consapevolezza di quanto pericoloso potrebbe diventare ma la morale di qualcuno che non lo permetterebbe mai.


Solo che non glielo ha mai detto, e non ha idea di cosa Shinsou pensi di lui.


«Non ho mai capito come uno come te, Todoroki, li incontri una volta ogni due mesi. Per non parlare del fatto che lavorate spesso insieme, giusto?» Shinsou gli chiede, sorprendendolo non poco. Midoriya non ha fatto altro che parlargli di lui, a un certo punto, consigliandogli di approcciarlo di più se gli fosse capitato perché sono certo andreste d'accordo, Todoroki-kun. Lo ha sentito così tante volte, ha annuito, detto che sarebbe capitata l'occasione. Però non l'ha mai fatto, non come intendeva Midoriya probabilmente.


«Il gruppo di Bakugo?»

«Sì. Posso capire Izuku,» pronuncia Shinsou con un cenno del capo. Shouto segue la linea di quel gesto e non si stupisce di trovare Midoriya accanto a Bakugo, forse cercando di evitare che faccia esplodere il taxi da cui Kaminari sta cercando di sporgersi ritardandone la partenza: «so che siete amici. E non è così rumoroso come gli altri. Ma pensavo avessi solo una rivalità a senso unico con Bakugo, almeno a guardarvi alla UA.» aggiunge. E' complesso, per Shouto, focalizzarsi sulla cosa corretta quando il primo pensiero è chiedersi sinceramente stupito quando mai, durante gli anni alla UA, Shinsou si sarebbe preso la briga di osservarlo al punto da avere un'opinione sul suo rapporto con Bakugo.


«Siamo amici. Con Bakugo, intendo.»

«E lui lo sa?» ironizza Shinsou, offrendo un ghigno leggero «E non oppone resistenza?» rincara la dose, facendo scappare un sorriso anche a Shouto. Non c'è dubbio che Bakugo si opporrebbe con tutte le sue forze alla definizione, anche ora che è palese agli occhi di tutti abbiano almeno raggiunto la soglia dell'amicizia. D'altronde, Bakugo ammette a stento di avere dei genitori di cui si preoccupa, a volte.


«Ogni tanto prova.» concede Shouto, riconoscendo la soddisfazione nei lineamenti di Shinsou. Si prende qualche momento per osservarlo, mentre l'altro fa vagare di nuovo lo sguardo verso il gruppo più numeroso.


«Quindi Midoriya te lo ha detto.» dice, abbastanza certo che Shinsou capirà a cosa si riferisce.

«Non ce n'era bisogno,» replica l'altro, incassandosi leggermente nelle spalle «non è che Bakugo sia proprio una persona capace di nascondere le cose. Ci riuscirebbe anche, ma non è discreto su questo.»


Shouto capisce bene cosa intende. Per i più non c'è molto da notare, forse, e per quanto Bakugo possa considerarsi caratterialmente irruento la crescita e le esperienze hanno smussato il suo carattere più di quanto chi non lo conosce potrebbe credere. Però per un occhio allenato, per chi li conosce da quando avevano quindici anni, ci sono cose lampanti; nessuno lo puntualizza, e Shouto lo ha saputo da Midoriya in persona come confidenza di un caro amico, ma il rapporto tra i due Pro Hero più famosi non è un mistero per nessuno della ex 1-A.


«Comunque trovo ancora sorprendente il vostro, di rapporto. Lasciar avvicinare Izuku? E' un conto. Tu, Todoroki?» sottintende qualcosa che invece, stavolta, a Shouto sfugge. Aggrotta la fronte, confuso, cercando di cogliere quella sfumatura che invece gli scivola tra le dita come sabbia. E' un aspetto profondamente legato alla persona di Shinsou, nella sua testa. Alla fine, proprio come in tante altre occasioni, a Shouto non resta altro che dare voce ai suoi pensieri per come sono, confusione compresa: «Io e Bakugo non siamo mai stati insieme...?»


Repentino come se Shouto avesse appena ammesso di essere una spia del peggior villain in circolazione, lo sguardo di Shinsou è su di lui in un secondo; un istante dopo sta disperatamente cercando di non scoppiare a ridere e, di conseguenza, rischiare di attirare l'attenzione.


Mentre gli dice che non era quello il senso delle sue parole e che l'immagine mentale dopo la sua affermazione è terribile e davvero, Todoroki, non voglio mai più immaginarlo Shouto pensa soltanto di non averlo mai visto ridere.


Vorrebbe vederlo ancora, e ancora, e ancora.


*


Di incontri ce ne sono stati tanti altri, dopo quella riunione. Occasioni in cui hanno passato del tempo insieme, hanno parlato e Shouto si è ritrovato a pensare che fosse piacevole stare con Shinsou, per brevi che potessero rivelarsi gli incontri a causa degli impegni di entrambi. Shouto vorrebbe poter dire che sono stati tutti significativi, tutti in virtù di un'epifania che a sentire Midoriya non ha nulla da spartire con la cena a ridosso del Natale di un anno precedente o con le collaborazioni nell'ambito lavorativo - a sentire lui, è qualcosa cominciato molto prima. Shouto non sa quando e non vuole credere a Midoriya quando gli dice è solo una cosa che ho notato, forse al secondo anno?


In ogni caso, Shouto non pensava si sarebbe ritrovato nella situazione attuale: il corpo di Shinsou è contro il suo, sono entrambi al buio e nascosti come ladri in una stanza che Todoroki non sa nemmeno quale sia di preciso. Immagina sia questo che succede a qualsiasi party dove finiscono con l'incontrarsi veramente troppi Pro Hero, situazioni in cui tutti conoscono tutti e ci sono almeno cinque persone che bevono abbastanza da essere brille. Shouto riesce comunque ad apprezzare il fatto che nessuno si sia mai ubriacato tanto da non reggersi in piedi, consapevole della possibilità di poter essere chiamati in qualsiasi momento in caso di necessità e cercando quindi di essere almeno lucidi abbastanza da poter sostenere la cosa. Da quanto ne sa, comunque, non si è mai verificato alcun incidente in situazioni simili.


Dall'altro lato della porta contro cui aderisce la sua schiena, Shouto riesce a sentire lo scalpiccio di chi si muove per cercare qualcosa o qualcuno, che in questo caso assume le sembianze di un Mineta molto ma molto brillo. Una molestia su due gambe e priva di freni inibitori, in pratica. Può quasi immaginare Hagakure e Ashido allearsi per immobilizzarlo appena riusciranno a trovarlo e a non finire colpite dal suo Quirk disseminato qua e là come piccole trappole.


Shinsou lo ha spinto dentro la stanza proprio per evitare una cascata lanciata sicuramente dallo stesso Mineta per fermare i propri inseguitori o catturare qualche collega. La porta socchiusa deve essere sembrata la soluzione migliore tra quelle a portata di mano e Shouto ne è grato, preferendo di gran lunga non avere nulla di Mineta appiccicato al corpo, se può scegliere. Ma nemmeno avere Shinsou contro di lui aiuta - non quando ha bevuto un decimo rispetto agli altri ma quel decimo è sufficiente a renderlo molto più consapevole della situazione di quanto vorrebbe essere. Un braccio di Shinsou è vicino al suo orecchio, poggiato contro la porta; il suo viso non è di molto distante dal proprio, le labbra semichiuse e l'odore di alcolico fruttato che stava bevendo leggero nell'aria che stanno condividendo. Ha gli occhi fissi sulla porta, quasi potesse vederci attraverso, e un mezzo sorriso a curvargli le labbra in risposta alle parole poco signorili che Mina sta pronunciando in mezzo al corridoio.


Shouto è abbastanza sicuro che l'altra mano di Shinsou sia contro la parete, poggiata con più morbidezza di quella consentita se si vuole cercare di reggere il proprio peso, e quello infatti è in buona parte contro il suo corpo e non aiuta molto. Non più di quanto faccia il fatto che Shinsou si sia liberato del maglione quaranta minuti fa, nell'altra stanza, prima che succedesse tutto questo casino e che quindi gli sia rimasto addosso solo un dolcevita scuro. Shouto non ha mai badato troppo né ai vestiti degli altri né ai propri, purché fossero funzionali al lavoro, se non quando ha posato per qualche rivista e altri lo hanno vestito sul set. E' stato meno catastrofico delle interviste solo perché farsi fotografare implica poter rimanere in silenzio. A ogni modo lui non ha mai badato troppo a queste cose ma è quasi felice che con la luce spenta e poca a filtrare dalla finestra grazie ai lampioni su strada non si veda granché. Quel poco che vede lo fa già sentire troppo vicino, troppo a contatto, troppo tutto.


«Possiamo uscire?» domanda, cercando di non suonare troppo disperato o seccato, ma più neutrale possibile. Shinsou sussurra uno sssh e Shouto obbedisce, restando immobile come non crede di essere mai stato in vita sua al di fuori del lavoro. Purtroppo per lui, due cose gli remano contro: fuori non sembrano intenzionati a lasciare il corridoio agibile tanto presto e Shinsou è una persona il cui intuito non ha fatto che acuirsi negli anni. Todoroki ci ha quasi sperato, che il suo essere teso come una corda di violino passasse inosservato.


Avrebbe dovuto immaginare che uno dei migliori amici di Midoriya non potesse farsi scappare un dettaglio simile.


Shinsou si tira leggermente indietro, quanto basta a guardarlo - sempre ammesso lo veda abbastanza - prima di mormorare un: «Okay?» a sostituire un più articolato "è tutto a posto?", probabilmente. Shouto annuisce, forse per non tradirsi, dimentico di dover sforzare le parole nel caso l’altro non si fosse ancora abituato all’oscurità e questa gli impedisca di vedere i dettagli e magari anche i movimenti. Sospira piano, cercando di non sbuffare aria direttamente in faccia all'altro.


«Okay.» replica, sentendo Shinsou lasciarsi scappare un accenno di risata. Non ha nemmeno bisogno di chiedergli spiegazioni, quelle gli vengono offerte su un piatto d'argento da uno scettico «Come no.»


Quelle due semplici parole gli fanno storcere il naso, o magari è lo scetticismo in sé che non riesce a digerire mentre cerca di non sembrare di nuovo un ragazzino di diciassette anni che tenta di ignorare come persino uno dei suoi amici più fidati si sia reso conto della sua cotta adolescenziale. Adesso di anni ne hanno ventuno, e Shouto è meno pronto di quanto era al suo secondo anno alla UA.


«Cosa vuol dire "come no"?» chiede, sistemandosi contro la porta come farebbe su una sedia. Il corpo di Shinsou si scosta un poco dal suo e Shouto deve quasi farsi violenza per non sospirare sollevato in maniera talmente palese da farsi sentire persino da Mineta, ovunque egli sia.


«Izuku lo ha detto più di una volta, che sei difficile Todoroki. Solo non pensavo così tanto.» «Sembra tu non discuta di altro con Midoriya.» commenta, non sa nemmeno lui bene del perché quella nota lievemente piccata accompagni l'affermazione. Se fosse una commedia romantica di quelle che ogni tanto ha guardato con Asui potrebbe affermare, senza dubbi di alcun tipo, che si tratti di gelosia. Ma è difficile vedere in Midoriya un pericolo quando è in una relazione stabile con quello che deve essere stato la sua cotta di sempre e dunque ben lontano dall'avere un rapporto dubbio con Shinsou. E soprattutto, se anche fosse, Shouto non ha diritti di alcun tipo. Nemmeno sull'irritarsi.


«Todoroki, hai bevuto?» arriva la domanda che meno si aspetta, un repentino cambio di argomento che lo confonde un po', lì per lì. Decide di rispondere comunque, non avendo la forza di cercare di aggirare il pensiero di Shinsou e comprenderne anche solo una parte: «Un bicchiere, forse. Mezzo vuoto.»
«Di birra?»
«Di qualcosa versato da Asui. Voleva offrirmelo Ashido, ma è meglio di no.» ammette. C'è qualche istante di silenzio tra loro, quasi Shinsou stesse considerando qualcosa che a Shouto sta del tutto sfuggendo.


«Mi sembra una scelta saggia. Ho bevuto due volte con Ashido in un locale: non ho mai visto nessuno reggere così tanto.» ammette, e a Shouto sembra di vederlo fare spallucce. Non ha mai bevuto con Mina ma ha il sospetto che perderebbe dopo un solo bicchiere. Un po' come sospetta non ci sia filo logico tra le due frasi che Shinsou ha pronunciato finora.


«...Sei ubriaco?»
«Ci vogliono altri tre drink per farmi ubriacare. Ma fingiamo tu lo sia, così posso farti un paio di domande e tu puoi rispondere senza inibizioni, Todoroki.» propone Shinsou, e a questo punto Shouto davvero non sa più quale filo logico ci sia nella conversazione. Il corpo dell'altro, di nuovo contro il suo, non agevola per niente il pensiero critico. L'assenza di risposta da parte sua sembra invece essere letta come una conferma da Shinsou, e mentre lo sente aprire bocca per chiedere Shouto ha la sensazione di starsi già pentendo di non avergli detto che no, non finge di essere ubriaco non avendo mai provato l'esperienza e che non ci sono domande a cui può rispondere solo sotto l'effetto di un alcolico.


Non sa quanto si sbaglia finché non sente la voce di Shinsou domandargli: «Ti piacciono gli uomini, Todoroki?»


Questa è una di quelle domande che nessuno vuole mai sentirsi rivolgere a bruciapelo, specialmente se si è uno dei tre Pro Hero più famosi del momento, si è nell'occhio del ciclone di più o meno qualsiasi news presente in rete e si tiene un minimo alla propria privacy, motivo per il quale non si è sbandierato ai quattro venti di avere un'infatuazione per un ex compagno di scuola. Soprattutto, però, ed è quello a gelare Shouto sul posto, quella è la domanda che lui non vorrebbe mai sentirsi rivolgere. Perché i Todoroki hanno impiegato anni a imparare a parlare dei propri sentimenti senza che questo implicasse fiamme, iceberg giganti e toni rabbiosi. Senza che parlare significasse ferirsi a vicenda, anche se in buona fede, o rinfacciare ferite mai sanate davvero ma solo medicate al meglio possibile. Per quanto suo padre abbia cercato di rimediare, Shouto è cresciuto per dieci anni senza una madre - ma con una bruciatura sul viso a ricordargli di averla avuta e perché non fosse più con lui -, con un padre colpevole e una famiglia distrutta. Per quanto sua sorella ci abbia provato, farlo crescere con la capacità di condividere le proprie emozioni è stato un compito troppo gravoso anche per lei.


Deglutisce, non osando aprire bocca. Shinsou però non sembra intenzionato a lasciar stare e stavolta interpreta il suo silenzio come un dover riformulare, essere più chiaro.


«Intendo dire, visto che non sei sembrato troppo sorpreso di sapere di Izuku e Bakugo né troppo contrario all'idea che pensassi tu e Bakugo aveste avuto una relazione, che forse anche tu—» Shouto lo blocca, la mano contro la bocca di Shinsou prima ancora di riuscire a chiedergli a voce di chiudere la questione e non parlarne, non ora, ma neanche in futuro se possibile. Sente l'imbarazzo salirgli lungo il collo ed è grato per la scarsa illuminazione della stanza, perché significa che anche per Shinsou dovrebbe essere difficile notare quel momento di debolezza. E' ancora più in imbarazzo quando sente le labbra contro il palmo della sua mano, però, perciò allenta leggermente la presa. Shinsou è in silenzio, forse perché non si aspettava di essere zittito in quel modo. Oltre la porta, nel corridoio, c'è ancora del vociare ma sembra essersi fatto più lontano.


Nessuno di loro muove un muscolo, però.


Il silenzio è l'unica cosa a rimanere tra loro e per Shouto non è mai stato scomodo come adesso. Una parte di lui preferirebbe parlare di qualcosa, un argomento semplice, oppure uscire da quella stanza e guardare Ashido vendicarsi di Mineta e riportarlo nella sala principale.


Non si aspetta di sentirsi scostare la mano - o meglio quello sì, perché è stato un gesto improvviso il suo e ha perfettamente senso che Shinsou gli afferri il polso e allontani la sua mano dalla propria bocca - ma, ancora meno, si aspetta di sentire le labbra di Shinsou sulle proprie. Per un momento, una manciata di secondi appena, rimane fermo perché cos'altro dovrebbe fare? Lì contro una porta, con Shinsou addosso, una domanda scomoda rimasta tra loro senza risposta e il ragazzo che ha seguito con lo sguardo per più anni di quanto voglia ammettere lì a baciarlo.


Poi una mano si va a poggiare sul fianco di Shinsou e schiude le labbra, anche se più d'istinto che non come un invito. Si ritrova comunque a rispondere al bacio, anche quando non è più casto ed è invece ben oltre le sporadiche fantasie che si è concesso in dormitorio anni prima, quelle che lo facevano sentire in difetto finché non ha parlato con Midoriya, anche se mai nel dettaglio, mai davvero.


Shinsou è come se avesse aspettato per tutto il tempo un cenno, uno solo ma sufficiente a dargli ciò di cui aveva bisogno per andare oltre una domanda, oltre un dubbio insinuato nell'innocenza di un quesito buttato lì per caso. Non appena sente il tocco della mano di Shouto e non viene respinto, il suo corpo preme di più contro quello di Todoroki e la sua gamba si fa spazio tra quelle di Shouto. La mano libera gli accarezza il fianco, quasi fosse indeciso se provare a far scivolare un paio di dita sotto il suo maglione o restare solo lì, a lasciare qualche carezza. Alla fine Shouto non sa nemmeno più che fine faccia, se la dimentica completamente mentre morde piano il labbro inferiore di Shinsou e si ritrova a rispondere a un bacio dato con ancora più trasporto.


«Aspetta un momento» mormora quando Shinsou si è finalmente deciso a ignorare il tessuto del suo maglione e ad andare ad accarezzargli direttamente la pelle. Lo sente fare un verso di disappunto ma, in un controsenso palese, la sua mano è ferma e la sua gamba anche. Il suo viso si scosta, sebbene di poco, e il suo respiro è più veloce contro la pelle di Shouto.


«E'... okay?» lo chiede confuso, ma Shouto capisce quasi immediatamente che c'è una domanda più specifica in quelle due parole che sembrano buttate lì per caso. Scuote la testa, d'istinto, salvo ricordarsi di nuovo che non è sufficiente.


«Sì, però—» «Cazzo,» sibila Shinsou, scostandosi un po' di più «non sei...? Da come Izuku lo aveva detto e da come guardavi ho pensato—»
«Non è quello.» chiarisce Shouto, più deciso. Non si tratta di non essere omosessuale o di non essere attratto da Shinsou, né di qualche improbabile fraintendimento: «Non sei ubriaco, giusto? Hai detto di no, ma anche Kaminari dice lo stesso quando non riesce a camminare dritto.» fa presente e non vuole ritrovarsi a baciare qualcuno che a stento ha osato seguire con lo sguardo quando era sicuro di non essere visto e scoprire che il giorno dopo non se lo ricorderà. O, peggio, che non voleva.


«...Todoroki ti ho portato dentro una camera buia e senza nessuno, ti ho messo spalle al muro, ti sono addosso da almeno dieci minuti, ti ho chiesto se ti piacciono gli uomini e ti ho baciato. Direi che non devi preoccuparti del fatto che io possa essere mosso solo dall'alcool in circolo. Non sono ubriaco.»


Shinsou glielo dice a chiare lettere e Shouto non ha davvero motivo di non credergli; in verità parte di lui è consapevole che uno come Shinsou difficilmente si metterebbe in condizione di non poter prendere delle decisioni con lucidità. Nonostante questo, però, ha avuto bisogno di chiederlo - perché è da te, Todoroki-kun, direbbe Midoriya che di lui ha questa immagine forse troppo idealizzata. A volte Shouto pensa che tutta la gentilezza e la nobiltà d'animo che Midoriya gli attribuisce non sia davvero lì. La verità è che sì, non vuole mettere le mani addosso a una persona ubriaca (una persona per cui prova qualcosa, soprattutto), ma non vuole neanche Shinsou se lo dimentichi il giorno dopo. O che possa dire di essersi lasciato trasportare, sottintendendo magari che altrimenti, in circostanze diverse, non sarebbe avvenuto.


«Todoroki?» la voce di Shinsou lo allontana dai propri pensieri, insieme alla mano che gli sfiora la guancia con una delicatezza dettata probabilmente dalla stessa preoccupazione che sente nel suo tono di voce, per quanto sia poco più di un sussurro.


«Sto bene.» mormora Shouto in risposta, ma non si sorprenderebbe per nulla nello scoprire che Shinsou non gli crede e, al massimo, si limiterà a fingere di farlo. Per Shouto non potrebbe davvero esserci una situazione peggiore di questa, qui con di fronte l'unica persona che abbia mai avuto voglia di baciare negli ultimi quattro anni e l'idea mai superata di essere destinato al perenne rifiuto. Importa poco che Shinsou lo abbia baciato per primo, che gli abbia detto a chiare lettere di essere perfettamente cosciente di cosa stia facendo - è una piccola voce nella sua testa, quella che di solito diventa la migliore amica di chi ha subito il rifiuto per tutta la sua vita: suo padre, per cui niente sarebbe stato mai abbastanza finché non è cambiato; sua madre, che forse ha visto in lui l'ombra dell'uomo che l'aveva resa incapace di sopportare oltre; se stesso, perché non si è mai perdonato di essere e non essere, di avere il fuoco a scorrergli nelle vene e la capacità di ferire come suo padre e la debolezza di un cuore bisognoso di legami di sua madre. Shouto ha desiderato essere chiunque tranne che se stesso e, quando si è accorto che era impossibile, ha cercato di modellarsi nella versione migliore di sé. O almeno quella che pensava sarebbe stata tale agli occhi di tutti, lui per primo.  Quando si cresce con un tale mostro nell'armadio, non si riesce a sentire il desiderio di qualcuno nei propri confronti e crederci. Nemmeno quando, razionalmente, non c'è altro da fare se non quello.


La mano di Shinsou scivola via, incerta, quasi volesse restare ma stesse lentamente perdendo ogni speranza di instaurare un contatto degno di questo nome. Shouto d'istinto la prende, perché non riesce a fare diversamente, a lasciar andare. L'abbandono è stato forse peggiore del rifiuto e ha capito, anni prima mentre guardava quasi svogliatamente il ring di un festival dello sport, che nessuno lo comprende meglio di Shinsou. Se lo lascia andare adesso, non tornerà. Non farà un altro tentativo.


Lo sente rimanere immobile, a quel gesto. Forse si sta chiedendo se non sia il caso di aprire la porta e uscire in corridoio, ora che non si sentono più né rumori preoccupanti né affermazioni violente da parte di Mina. Se aprono la porta possono raccontarsi che non è successo niente, possono fingere non ci sia stato nulla di particolare in quella stanza se non mettersi al riparo da qualsiasi cosa Mineta abbia tentato di fare. Fuori dalla porta c'è la possibilità di tornare a come sono sempre stati negli ultimi quattro anni: due persone che hanno spesso combattuto il crimine insieme, cresciuti tra gli stessi banchi e formati dalle stesse esperienze o quasi. Amici di Midoriya. Chissà, magari con il tempo amici a prescindere da lui.


Shouto fa una delle cose più difficili che abbia mai dovuto fare, quando si sporge in avanti e cerca un po' alla cieca il viso di Shinsou prima e le sue labbra poi. Ha baciato in più di un'occasione, anche se non con eccessivo trasporto, ma di certo mai qualcuno che gli piacesse come gli piace lui. Ha cercato di non focalizzarsi su Shinsou ma alla fine è sempre tornato al punto di partenza, e c'è in lui l'insicurezza data dalla consapevolezza di tutto ciò che può andare storto. Sente lo stupore dell’altro sulla sua bocca, la rigidità del suo corpo sotto la mano che ancora sosta sul suo fianco.


Dal suo punto di vista è quasi un miracolo sentirlo rilassarsi e ricambiare quel bacio goffo, che è più un tentativo disperato che un flirt degno di essere definito tale. E tutto si aspetta, Shouto, tranne un passaggio repentino e al tempo stesso naturale come quello che avviene quando Shinsou non si limita più a rispondere a quel contatto titubante ma a comunicargli in ogni modo possibile che lo desidera, tanto quanto lo fa Shouto - quanto lo ha fatto per più tempo di quanto abbia mai voluto ammettere a se stesso.


Le mani di Shinsou sono la prima cosa che sfugge al suo controllo: un attimo prima sono ad accarezzargli il viso e quello subito dopo sono una sul suo collo e una sotto la sua maglietta, dove ha provato a intrufolarsi fin dall'inizio. Si sente sfiorare l'addome con le dita mentre Shinsou lo bacia come se si fosse trattenuto per anni, proprio come ha fatto lui; gli succhia il labbro inferiore, glielo mordicchia leggermente e intrufola una gamba fra le sue proprio quando decide di allontanarsi dalla sua bocca. Sembra aspettarsi il verso di apprezzamento che sfugge tra le labbra di Shouto (ecco, si dice, questa è una cosa che per ora fingerò non sia avvenuta) e coglie il momento per sentirlo. Shinsou sbuffa divertito e non cerca nemmeno di nasconderlo, prima di affondare il viso contro il suo collo e lasciare qualche bacio distratto, qualche morso leggero.


Shouto non sa se questo li sta portando da qualche parte. Dovrebbe chiederglielo, ma per ora non lo fa.


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