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[personal profile] hakurenshi
 

Prompt: “nome” + iniziale (s) + titolo (massimo 9 parole, iniziale “s”)

Missione: M3 (week 4)
Parole: 5260
Rating: mature
Fandom: Boku no Hero Academia

Warnings: omegaverse, tematiche delicate




Se avessero chiesto a Todoroki di elencare i momenti più significativi della sua adolescenza, avrebbe avuto solo l'imbarazzo della scelta. Se si fosse trattato dell'età adulta, tuttavia, ognuno di essi sarebbe stato senza dubbio riassumibile nel nome di Shinso Hitoshi. Anche se, forse, è cominciata molto prima di quanto lui stesso ricordi.


*


Aizawa-sensei è un uomo particolare e un insegnante altrettanto particolare, Shoto l'ha pensato dal primo giorno di scuola in cui l'adulto si è presentato come responsabile di classe. Potrebbe aver influito il suo aver lanciato il gessetto all'indirizzo di Kaminari senza nemmeno impegnarsi a sembrare dispiaciuto per averlo fatto, ma Shoto dopo un anno con lui crede di ci sia di più. O almeno dal suo punto di vista è così. Si tratta di qualcosa che va oltre il suo. modo di tenerci agli studenti o il rapporto instaurato con la classe, perché di insegnanti che si impegnano Shoto ne ha visti tanti e non sente di poter rimproverare loro chissà cosa.


Azzarderebbe a dire che sarebbe capace - in un modo tutto suo, certo - di far sentire qualsiasi studente a proprio agio, più o meno... se non fosse per quello che gli sta di fianco, con l'aria poco convinta di essere lì, mentre sulla lavagna i kanji compongono Shinso Hitoshi. Le parole introduttive di Aizawa non sono molte, ma quelle di presentazione del ragazzo riescono a essere anche meno: nome, cognome, un paio di hobby generici che potrebbero essere i preferiti di chiunque ma che hanno la peculiarità di essere solitari e niente di più. Finisce col sedersi un paio di posti dietro Shoto e non sorprende nessuno che Kaminari cerchi di attaccare bottone da bravo essere socievole quale è.


Shinso spreca meno di cinque parole per rispondergli, prima di fissare lo sguardo sul quaderno nell'inequivocabile messaggio di non avere voglia di parlare. Poco male, dal momento che Aizawa non conta di lasciar loro tutta l'ora per chiacchierare.


Shoto non sa ancora che passeranno mesi prima che lui e Shinso interagiscano per davvero, notandosi sul serio; in quel momento, l'unica cosa capace di incuriosirlo per una manciata di secondi, è il portachiavi a forma di gatto nero che l'altro tiene attaccato alla zip dell'astuccio poggiato sul banco.


*


L'avvenimento più significativo si rivela essere l'eterno cliché di una classe adolescente in una scuola inclusiva quando si parla di secondo genere. Il momento in cui l'attenzione di Shoto si catalizza inevitabilmente su Shinso non ha nulla di romantico, nessun riconoscersi come anime gemelle, nessuna passione prorompente a fare da mix letale con degli ormoni fin troppo attivi.


Midoriya è suo amico. Shoto ha passato l'intero primo anno di scuola in difficoltà, in silenzio come Shinso è ancora nonostante la classe lo consideri già parte di loro. Lui - Shoto - e Izuku non potrebbero essere più diversi e non soltanto come carattere ma anche per la loro natura: gli ci è voluto davvero poco per accorgersi che l'altro fosse un omega, anche se non sa se la cosa sia stata solo una percezione dovuta al proprio essere alpha o se sia perché sua madre lo è. Senza dubbio, però, sono diventati amici perché per qualche strano scherzo del destino, Midoriya più di chiunque altro ha capito quanto anche a Shoto pesasse essere incasellato in una specifica categoria dalla quale non poteva liberarsi. Una scatola chiusa dalla quale non sarebbe mai potuto uscire e nella quale, perciò, avrebbe potuto solamente imparare a convivere.


Non gli è mai successo di essere presente, ma una volta Midoriya gli ha raccontato di un brutto incidente alle medie: a Shoto non è servito chiedere né costringerlo a rivivere qualcosa di spiacevole, per capire da solo di quale tipo di incidente si trattasse. In quell'occasione, però, l'altro gli ha accennato a quanto problematico sia sempre stato per lui più che per tutti gli altri omega: un periodo di calore irregolare e a volte dei sintomi così forti da costringerlo persino a dare di stomaco. Non capita spesso, per fortuna non è la norma, gli ha detto in quell'occasione ma Shoto aveva faticato anche solo a immaginare una situazione di quel tipo. D'altra parte era cresciuto circondato solo da Alfa e l'unica Omega della sua vita - sua madre - non era esattamente il tipo di persona da mostrare un lato simile ai propri figli.


Per questo quando Shoto apre la porta dell'aula e un odore di feromoni così forte da fargli girare la testa gli colpisce le narici, tre pensieri distinti gli vorticano nella testa: devo averlo e devo allontanarmi e Midoriya.


Una mano premuta contro il viso e un primo passo indietro, con l'altra a stringere la porta fino a farsi sbiancare le nocche mentre l'istinto lo spinge a entrare ma il raziocinio gli impone di uscire, mettere una barriera tra loro - per quanto sia consapevole in un angolo della propria mente che servirebbe molto meno di quanto gli piacerebbe credere - e impedire a chiunque altro di avvicinarsi.


E' proprio in quel momento, mentre sente distrattamente la voce di Iida dire agli altri di allontanarsi con fermezza per poi alzarla abbastanza da farsi sentire da Yaoyarozu per rivolgerle un «Chiama Aizawa-sensei!» che il suo sguardo incontra quello di Shinso, di cui non aveva notato la presenza fino a ora.


Shoto ha letto spesso, nei libri, la frase se uno sguardo potesse uccidere eppure non ha mai davvero compreso fino a questo momento cosa potesse significare né se lo è mai immaginato con particolare precisione. Invece gli occhi di Shinso in questo momento sono proprio questo: due armi che se potessero mietere vittime solo perché lui vuole, lo farebbero senza alcuna esitazione. Hanno una fermezza che nell'indolenza generale di cui Shinso si circonda volutamente non ha mai visto e la ferocia di chi sarebbe pronto a proteggere qualcuno anche con i denti se necessario. Le sue mani sono sulle spalle di Midoriya e il suo corpo è fra quello del compagno e il resto del mondo che potrebbe semplicemente entrare varcando la soglia di un'aula.


Shinso lo guarda e sembra tacitamente ringhiargli contro. Anche quando, in un tono basso che sembra liberarsi direttamente dalla cassa toracica, pronuncia una sola parola che sa di avvertimento, di minaccia e di ordine tutto insieme: «Vattene.»


Senza nemmeno rendersene conto, di lì a poco Aizawa - con una mano stretta con forza attorno alla sua spalla - lo sta tirando indietro e lo sta spingendo con più delicatezza possibile verso Iida, perché lo accompagni lontano da lì. Mentre entra chiudendosi la porta alle spalle, Shoto non riesce a staccare gli occhi da Shinso.


*


Non ci sono veri e propri sconvolgimenti nel loro rapporto, da quel momento in avanti. Shoto lo segue con lo sguardo più di quanto si renda conto e, quando sono gli altri ad accorgersene per lui, più di quanto gli piacerebbe ammettere. Forse lui e Shinso sono troppo simili nella loro riservatezza, per riuscire a interagire senza qualcuno a fare da tramite; in alcuni casi Midoriya ci prova, se non altro per la sua amicizia con entrambi, ma è come un ostacolo troppo grande da superare: lui e Shinso finiscono per sedersi su quel metaforico muretto oltre il quale non riescono o forse non vogliono saltare e una volta che si alzano, ognuno va semplicemente per la sua strada.


Shoto non saprebbe nemmeno dire se a incuriosirlo sia ancora quel che ha scorto negli occhi di Shinso quel giorno in classe o altro, ma il diploma delle superiori arriva prima di quanto chiunque possa aspettarsi e alla fine si dividono tutti con la promessa di non perdersi mai davvero di vista.


Eppure ci vorranno tre anni perché entrambi partecipino insieme all'annuale rimpatriata di classe.


*


«Ehi, Todoroki!» lo chiama a gran voce Inasa, inconfondibile anche se fossero ai due lati opposti del campus. Shoto alza lo sguardo in sua direzione, lì a uno dei tavoli dell'aula studio in cui si trova, interrompendo a metà una frase che sta finendo di scrivere al computer. Inasa gli si piazza davanti, muovendo una sedia in modo rumoroso per potersi accomodare senza troppe cerimonie, il sorriso ampio sul viso mentre sposta un paio di quaderni su cui Shoto aveva appuntato parte delle cose che sta finendo di riportare su digitale. Quello è sempre l'inequivocabile segno del suo avere due possibilità: fermarsi e ascoltare cosa l'altro abbia da dire, oppure provare prima a concludere le proprie cose ma consapevole che Inasa non farà altro che parlare in sottofondo comunque, seppur a modo suo lui sia convinto di star aspettando nel rispetto di qualunque attività distolga Shoto dalla notizia - qualunque essa sia - che il compagno vuole comunicargli.


In pratica una vera scelta non c'è, dunque Shoto si limita a concludere la frase prima di assicurarsi di salvare con un clic veloce e alzare lo sguardo su Inasa in un tacito invito a parlare. L'altro si illumina ancora di più, evidentemente soddisfatto di non aver dovuto aspettare affatto.


«Cos'è?» si informa però Inasa, senza partire in quarta con l'argomento che è chiaro lo abbia portato fin lì a cercarlo «Il report per Miyamoto?»

«No, quello per il corso di Nagashima.»

«Stai scherzando?!» sbotta Inasa, ma il tono a metà tra l'incredulità e l'ammirazione, senza alcun filtro come ogni persona fin troppo diretta nelle sue emozioni e nei suoi pensieri «Ma la consegna è tra poco meno di un mese!» puntualizza, come se faticasse davvero a comprendere perché mai Shoto ci stia lavorando ora. Lui sospira un poco, limitandosi a un semplice «Avevo tempo.» che di sicuro non sarebbe sufficiente come spiegazione in condizioni normali, ma che in un momento in cui c'è altro è abbastanza sicuro passerà in sordina.


Non a caso, Inasa seppur con un'occhiata scettica non gli fa altre domande in merito, tornando a mostrare entusiasmo nel ricominciare a parlare: «Allora, amico mio» comincia, con l'aria di chi la sa lunga e questo di solito non fa presagire delle proposte sempre sensate «devo assolutamente presentarti qualcuno. ALT. Prima che ricominci a elencarmi le cinquantadue motivazioni per cui non puoi, di cui comunque ammetto ne ricordo molto meno della metà.» aggiunge con un'alzata di spalle, alzando persino una mano e frapponendola tra sé e Shoto in un ulteriore fermarlo prima che possa interromperlo.


Shoto sospira, ma tace: «So che non sei da locali affollati, la tua famiglia ha altri piani per te, hai un sacco di problemi nell'ultimo periodo e tutto il resto, ma siccome sono uno dei migliori amici che qualcuno potrebbe desiderare e non lascerei mai nei guai o nella tristezza uno dei miei» prosegue a sproloquiare, neanche fossero una gang molto triste e improvvisata «ho preparato tutto.» conclude, con un altro ampio sorriso e facendo anche un movimento esagerato con le sopracciglia che Shoto suppone dovrebbe essere un qualche ammiccamento giocoso di sorta. In realtà è così buffo che non riesce comunque a trattenere uno sbuffetto divertito.


«Sentiamo.» gli concede e Inasa, si vede, non aspettava altro che un'occasione.


«Oggi hai da fare?» lo incalza subito, riprendendo senza perdere tempo una volta che Shoto fa un cenno negativo con la testa «Bene. Allora ho l'ultima lezione tra un'ora, poi sono a posto. Ci muoviamo insieme, ti porto in un posto tranquillo e ti faccio conoscere chi devo farti conoscere. No spoiler.» aggiunge subito con un'aria di divertita superiorità. Shoto sospira piano, non apprezzando granché tutti quei misteri - non tanto per Inasa, quanto perché quando si parla di incontri combinati non è mai tranquillo. Per quanto, dopo tre anni, si aspetta che l'altro sappia già come la pensa e di potersi quindi fidare di tutta quell'insistenza.


Nonostante questo, si sente in dovere di rivolgergli comunque un «Non è un appuntamento al buio, spero.» perché non sarebbe corretto né per sé, né per l'altra persona. E' già successo troppe volte che un'uscita di gruppo si rivelasse un appuntamento a quattro o addirittura a sei, combinato. Senza parlare dei primi mixer ai quali si è unito facendosi convincere, imparando a proprie spese e smettendo di andarci.


Inasa lo guarda, prima di alzarsi con l'aria di qualcuno che non potrebbe divertirsi più di così nemmeno se si impegnasse: «Non è come te lo immagini.» replica, senza dare nessun reale indizio a Shoto se non quello di andarsene cinque minuti in anticipo così che l'altro non possa trovarlo quando tornerà a cercarlo fuori dall'aula alla fine della sua lezione. Purtroppo il fatto che Inasa, cominciando a muoversi per andarsene, si soffermi sulla soglia per guardarlo e intimargli un: «Fatti trovare, okay?! Ho promesso che ci saresti stato!» manda in fumo il suo piano ancora prima di definirne i dettagli.


*


Contrariamente alle sue aspettative, una volta abbandonato il campus universitario Inasa non lo ha portato al primo locale nelle vicinanze, di quelli in genere frequentati dagli studenti anche solo per fare gruppo. L'altro ha chiacchierato di qualsiasi cosa possibile per tutto il tragitto e, sebbene all'inizio Shoto non ci abbia badato troppo, nel momento in cui hanno iniziato a essere decisamente distanti dall'area studentesca si è chiesto quale fosse la reale meta di quello spostamento. Inasa è persino riuscito a non farselo scappare, ma diventa chiaro quanto abbia faticato a tenere il segreto quando nell'intravedere il locale in questione, si conceda un profondo sospiro di sollievo.


Shoto alza lo sguardo sulla facciata: si presenta piuttosto semplice, sebbene l'insegna si mostri con un nome nefasto - come dovrebbe prendere quel "nyan cafè" a lettere occidentali piuttosto vistose? - e un'ancora più nefasta illustrazione di una zampina di gatto con i gommini rosa in bella vista. Lo sguardo non può che passare da quello a Inasa, non sapendo se aspettarsi che l'altro scoppi a ridere dicendogli di esserci cascato in pieno o se sia il caso di chiedere prima di entrare.


«Inasa» inizia quindi, non essendo del tutto sicuro su come impostare la domanda «è un luogo in cui possiamo entrare di giorno?» è l'unica maniera indiretta in cui sente di poter domandare. Il fatto Inasa lo guardi prima confuso e poi assuma la colorazione del naso di un clown non sa che tipo di indicazione dovrebbe essere - è per l'implicazione sbagliata? E' per aver colto nel segno?


«NON TI PORTEREI IN UN POSTO DEL GENERE» sbraita quello e per quanto i timpani di Shoto non siano in condizione di ringraziare, c'è un pizzico di sollievo a farsi strada in lui data la negazione così decisa. Vede Inasa muoversi offeso per arrivargli alle spalle e non ci vuole molto perché lo inizi a spingere verso la porta, borbottando indignato; una volta lì è una delle mani altrui ad abbassare la maniglia, facendo suonare il campanellino nell'aprire la porta per spingerlo dentro.


E' subito evidente come - per fortuna - non si tratti affatto di un locale in cui sarebbe consigliabile per il buon gusto andare nelle ore notturne: basta un colpo d'occhio per notare che i colori predominanti dell'ambiente sono quelli pastello e che si tratta di un luogo piccolo ma accogliente, dove la prima cosa ad attirare l'attenzione sono dei miagolii che riempiono l'aria. Il disimpegno dove lasciare le scarpe e indossare le pantofole messe a disposizione della clientela è piccolo, vi si affaccia il bancone sulla sinistra, da cui proviene anche quel «Benvenuti» che lo distrae per qualche istante. Poiché è Inasa a prendere parola con la commessa, parlando di una prenotazione di cui Shoto non si interessa oltre, lo sguardo cade oltre: buona parte del resto del locale è infatti occupato da una sala unica che si divide in piccole aree con qualche tavolino basso, un pavimento in legno chiaro e una serie di inequivocabili giochi e tiragraffi per felini. Una piccola porta laterale reca la targhetta che indica si tratti del bagno mentre, se c'è della ristorazione inclusa, Shoto sospetta sia oltre la porta dietro il bancone.


Non è molto affollato al momento, se non per un paio di ragazze sedute a un tavolino e intente a giocare con uno dei gatti liberi di gironzolare per il locale. Inasa lo sospinge verso le pantofole a disposizione e solo in quel momento Shoto nota come siano tutte a forma di gatto, sebbene in colori diversi. Si libera delle scarpe con un sorrisetto, perché sono oggettivamente adorabili, mettendole nella scarpiera a disposizione così che non rimangano a dar fastidio; inforca quindi un paio di pantofole-gatto bianche, salendo il piccolo gradino per muoversi verso il tavolo seguendo i passi di Inasa di cui osserva solo brevemente le pantofole-gatto calico. Con sua sorpresa, non è al tavolo con le due ragazze che il compagno di università punta ma a uno libero, cui prende posto con sicurezza.


Shoto lo imita, approfittando di uno dei cuscini messi a disposizione, osservando qualcuno dei gatti più vicini osservare incuriosito la sua tracolla non appena la poggia a terra vicino a sé. E' un sorriso leggero quello che rivolge alle bestiole, lasciandole libere di curiosare mentre l'attenzione torna su Inasa.


«Guarda...!» esclama quello, indicandogli poco più in là: uno dei felini, dal pelo tigrato, sta giocando con un topolino di pezza e Inasa sembra una di quelle persone incapaci di mostrare dignità di fronte a un qualsiasi animale domestico. A sua discolpa, Shoto riconosce quanto sia difficile.


«Pensavo qualcosa di diverso, quando mi hai detto di dovermi presentare qualcuno. Non credevo un gatto.» pronuncia Shoto, attirando l'attenzione altrui e vedendolo incurvare le labbra in un sorrisetto soddisfatto: «Te l'ho detto che era diverso dalle altre volte!» puntualizza Inasa, tornando dritto e recuperando uno dei menù plastificati già presenti sul loro tavolo. Nonostante tenga lo sguardo su quello e Shoto lo imiti, non gli sfugge quando l'altro riprende a parlare con tono un poco più serio: «Qui mettono a disposizione un sistema di adozione, sai? Col fatto che sono tutti gatti randagi, di partenza.» spiega, prima di vederlo occhieggiare velocemente il gatto tigrato di poco prima «E sto pensando di adottare quello. Tu ormai abiti in appartamento da solo e non più dai tuoi, magari puoi adottare anche tu se ce n'è uno con cui scatta la scintilla! Bisogna portare un po' di buono nel mondo, Shoto!» se ne esce, dandogli un po' a sorpresa una pacca sulla schiena che lo fa piegare leggermente in avanti.


Sta per rispondergli quando sente pronunciare, poco distante da loro, un «Ah. Todoroki.» verso cui alza lo sguardo, finendo per inquadrare una figura che impiega un manciata scarsa di secondi a riconoscere ma che è come un libro non letto per molto tempo di cui non viene subito in mente la trama, se non per ritrovarsi a ricordarla a memoria appena lette un paio di pagine. Shinso Hitoshi non è cambiato granché, se non per un'acconciatura leggermente diversa da quella del liceo e aver preso qualche centimetro in altezza rispetto a tre anni fa: ha ancora la stessa espressione indolente, per quanto Shoto non riesca - ora quanto ai tempi della scuola - a considerarlo completo disinteresse.


E' Inasa a rompere il silenzio, con un incuriosito: «Ma dai, vi conoscete?!» neanche fosse chissà quale grande scoperta. Prima ancora che Shoto possa voltarsi a rispondergli è lo stesso Shinso a limitarsi al semplice «Eravamo nella stessa classe al liceo e avevamo un paio di amici in comune.» che è poi il perfetto riassunto del loro rapporto, in effetti.


*


Alla fine Inasa quell'adozione la porta anche a termine e per quello Shoto si ritrova ad accompagnarlo un altro paio di volte. In nessuna delle due gli capita di incrociare Shinso però, anche se poi l'ironia della sorte lo porta a farlo quando davanti al locale è solo di passaggio. Shinso apre la porta pronunciando verso chi si trova all'interno un «Torno tra poco.» prima di chiudersela alle spalle e guardare davanti a sé. E' in quel momento che si vedono e il cenno del capo di Shinso è pressoché immediato.


«Venuto per adottare anche senza il tuo amico?» si sente incalzare, ritrovandosi a scuotere un poco la testa: «No, sono di passaggio.» l'ammissione sul momento, prima di aggiungere un «Ma non escludo l'adozione.» perché a onor del vero sono già tre volte che va con Inasa e altrettante quelle in cui uno dei felini gli si appisola di fianco. Potrebbe essere una cosa da poco, in realtà, o assolutamente casuale perciò Shoto non ha ancora deciso se considerare la possibilità davvero oppure no.


Shinso sembra farsi più attento a quella specifica e, le mani in tasca, è un cenno del capo verso la direzione che stava per prendere quello che gli fa: «Se non hai da fare, sono in pausa. Posso rispondere a qualche domanda, se intanto camminiamo.» gli offre e Shoto, benché non abbia domande così pressanti, lo segue comunque.


Mantengono un passo piuttosto regolare e l'inizio di quel percorso breve è accolto solo dal silenzio. Almeno fino a quando non è Shinso a parlare, mentre si fermano ad aspettare che scatti il semaforo verde per i pedoni.


«Quindi, quale dubbio hai sulle adozioni?»

«...Inasa mi ha fatto notare che c'è un gatto nero che si addormenta spesso vicino a me, quando vengo.» inizia Shoto, un po' incerto «Ho pensato che in realtà potrebbe solo avere sonno negli orari in cui sono capitato al locale. Ma ho letto da un libro sul comportamento dei gatti che--»

«Hai letto su cosa?» lo interrompe Shinso, osservandolo con un pizzico di scetticismo che quasi si perde nel divertimento che Shoto gli legge negli occhi. Non capisce se dovrebbe intuire o meno cosa ci sia di male nella propria affermazione, quindi decide di rispondere e basta: «Su un libro sul comportamento dei gatti.»


Non si aspetta di vedere Shinso cercare senza successo di trattenere una risata, riuscendo al massimo a mascherarla male e a farsi comunque sfuggire uno sbuffo che alla fine si traduce comunque in quello: una risata bassa, breve, ma senza dubbio divertita.


«Todoroki, sei una delle poche persone oltre Izuku che leggerebbe un intero libro sul comportamento di un animale che non ha ancora nemmeno deciso di adottare.» lo sente pronunciare, in una presa in giro che non ha nulla di cattivo. Anzi, c'è una piccola complicità mentre il semaforo finalmente scatta e dà loro modo di muoversi insieme agli altri pedoni che iniziano a spostarsi. Shoto lo osserva portarsi una mano vicino alle labbra per coprire con un paio di colpetti di tosse lo strascico di quel divertimento prima di raggiungere la soglia di un convenience store. Mentre le porte automatiche si aprono, con il solito suono ad accompagnarle, Shinso lo guarda da sopra la spalla con un sorrisetto che in due anni di liceo non gli ha praticamente mai rivolto.


«Forza, Todoroki» lo incita a entrare con lui, benché non avessero mai parlato di fare più che un pezzo di strada insieme solo per rispondere a qualche sua domanda «scegli uno snack. Offro io per essere interessato abbastanza, anche se in modo strano, a fare il meglio per uno dei nostri gatti.» conclude, facendogli un cenno vago verso l'area con gli snack appunto. Shoto non è sicurissimo, né gli è davvero chiaro tutta quella ilarità a cosa sia dovuta - cosa c'era di buffo nel libro sui felini? - ma alla fine quello è l'approccio più amichevole che lui e Shinso si siano scambiati senza avere Midoriya a fare da tramite o da collante.


Perciò si divide da lui e impiega poco a scegliere il suo snack - come tutte le persone abitudinarie che ricadono nelle scelte che li fanno sentire a proprio agio quando c'è qualcosa che non sanno davvero come approcciare per la prima volta.


Alla cassa, dove Shinso lo sta aspettando perché la commessa possa fare un unico conto, Shoto allunga un braccio per andare a posare vicino agli acquisti dell'altro niente più di una semplicissima onigiri. Shinso alterna lo sguardo da quella a Shoto, tornando poi con un sorrisetto al cibo e rivolgendosi alla cassiera per dire di aggiungerla al conto.

«Sei davvero una persona semplice, tu, eh?» pronuncia al suo indirizzo quando sono ormai fuori dal convenience store. Shoto lo guarda e si concede un leggero sorriso a sua volta: «Tu stupisce così tanto?»


Shinso lo guarda, lì dove sono prima che le loro strade si dividano di nuovo, quasi a vagliare 

attentamente la risposta. Si muove prima di parlare, ma non lo lascia senza risposta comunque: «I venerdì pomeriggio sono sempre di turno, se vuoi venire a trovare il gatto per decidere e chiedere qualche informazione.» pronuncia infatti, facendogli un cenno della mano quando è già di spalle e cammina per tornare verso il locale.


E' una risposta, solo non quella alla sua domanda.


*

A Shoto ci vogliono due settimane per decidere di tornare al locale di venerdì e in ogni caso quando lo fa non è nemmeno certo se quella di Shinso fosse una battuta che lui non ha compreso - non sarebbe la prima volta, come direbbe qualcuno dei suoi compagni di università - oppure un invito sincero da cogliere subito.


Lo trova lì e, quando Shinso lo nota, non perde troppo tempo a rivolgergli un «Pensavo avessi abbandonato l'idea dell'adozione.» quasi fosse cosa già assodata. E' la sua collega a salutare Shoto con un certo entusiasmo, sottolineando come sia stato lì nelle due settimane precedenti, ma che semplicemente Shinso non era presente.


«Beh, meglio se stavi evitando me e non il gatto.» è tutto ciò che Shinso dimostra di avere da dire con un'alzata di spalle, prima di indicargli la scarpiera dove lasciare le scarpe e invitandolo poi ad andare verso uno dei tavoli liberi. Shouto vorrebbe specificare di non aver davvero evitato nessuno, ma dietro di lui la porta del locale si apre di nuovo e una persona delle consegne entra, dunque per non occupare inutilmente l'ingresso si appropria di un paio di pantofole e prende posto comunque. Lo sguardo cerca d'istinto il gatto nero, trovandolo poco lontano occupato ad azzuffarsi per gioco con un altro dei felini, così si limita a dare uno sguardo a un menù da cui in ogni caso finisce per prendere la stessa cosa delle visite precedenti.


La vera sorpresa arriva quando, ormai quasi un'ora dopo e dunque al termine del tempo per cui ha richiesto di sedersi e dopo pochi minuti che l'ultima coppia ha lasciato il locale, Shinso gli si siede davanti come se Shoto non avesse fatto altro che aspettarlo. L'altro porta con sé due caffè, uno dei quali viene poggiato proprio davanti a lui; Shoto lo osserva per qualche istante prima di focalizzarsi sull'ex compagno di scuola e decidere di accettare in silenzio, quasi non volesse interrompere l'inizio di un discorso che non arriva subito. Shinso invece si mette comodo, nel linguaggio del corpo la nonchalance di una persona che è perfettamente a proprio agio in un luogo che in un certo modo gli appartiene. Shoto lo vede osservare i gatti e distrarsi a seguire quel che stanno combinando - da quelli intenti a giocare, a quelli ormai appisolati vicino a uno dei cuscini liberi, finendo con quelli impegnati a sgranocchiare qualche croccantino fresco appena messo.


Quando riporta l'attenzione su di lui, Shoto quasi non se lo aspetta: «C'è una cosa di te che non ho mai capito dai tempi della scuola, Todoroki.» comincia, come se non si fosse mai interrotto da chissà quale discorso iniziato in precedenza «A sentire Izuku, tu sei tipo la persona migliore lui abbia mai conosciuto. Ovviamente non mi ha mai raccontato i tuoi affari privati» specifica subito con una certa decisione, in cui Shoto non può fare a meno di leggere un certo istinto di protezione anche per la reputazione di Midoriya «ma ha reso molto chiaro che nonostante tutto, sei qualcuno che non farebbe mai un torto agli altri, una persona corretta. In generale e con lui.» chiarisce meglio, prendendosi un sorso di caffè prima di puntare lo sguardo sul viso di Shoto.


L'erede dei Todoroki non può che ricambiare lo sguardo, sebbene senza comprendere davvero dove tutto questo discorso stia andando a parare. Shinso non sembra volerlo lasciare all'oscuro ancora a lungo, sebbene prima di proseguire sembri più attento a controllare che non ci siano orecchie indiscrete dei suoi colleghi nei paraggi. Quando individua quella dietro la cassa intenta a parlare con qualcuno della cucina, sembra convinto abbastanza.


«Ho sentito da Shota-san che sei stato uno dei più difficili da seguire e non per la tua media scolastica.»

«...Da chi?»

«Shota-san. Aizawa-sensei?» lo incalza Shinso, come se non capisse il problema, fin quando l'espressione di Shoto non lo rende evidente, probabilmente. Lui tuttavia non fa domande sul perché di quella familiarità con il loro ex professore, perché capisce immediatamente a cosa Shinso si stia riferendo e non può evitare l'irrigidirsi delle spalle che è consapevole di star mostrando. Di certo deve averlo notato anche Shinso perché sembra cogliere di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato - o semplicemente di aver scelto un approccio discutibile a qualunque sia la cosa di cui vuole parlare.


«Non ha proprio detto "difficile" e non guardarmi in quel modo. Non voglio dire mi abbia raccontato cose che ti riguardano. Dico soltanto che ho capito da solo tu abbia avuto la tua parte di complicazioni. Quello che non capisco, Todoroki, è perché nonostante due delle persone di cui ho più rispetto parlino di te in un certo modo, non ci sia stata una sola volta durante i due anni di scuola insieme in cui io sia riuscito a capire cosa ti passasse per la testa o quanto vicino fossi agli altri della classe.» chiarisce meglio Shinso e, se Shoto si convince abbia finito e si concede un sorso del proprio caffè, ha giusto il tempo di mandare giù il liquido già tendente al tiepido prima che la voce dell'altro lo raggiunga di nuovo.


«Come la volta in cui ti ho intimato di andartene per aiutare Midoriya.»


La presa di Todoroki sulla tazza di caffè si stringe un poco, mentre si ritrova a serrare un poco la mascella. Non è rabbia, quella che prova, ma il completo rifiuto nel condividere una parte di quello che gli sembra Shinso voglia sapere. Vorrebbe poter avere la capacità di Bakugo di risolvere quasi tutto sbraitando - per quanto rimanga una delle persone più intelligenti Shoto abbia mai conosciuto, sebbene si impegni a non sembrarlo ogni tanto - ma si sente come se un blocco alla gola gli impedisse anche solo di parlare, figurarsi urlare.


Per un momento non è seduto in un cat cafè con Shinso Hitoshi che lo guarda dall'altra parte del tavolino, aspettandosi di scoprire chissà quale mistero del mondo; per un lungo, terribile istante Shoto è in una sala professori vuota se non per Aizawa di fronte a lui, in silenzio da quasi un'ora nell'attesa che lui parli. E' nel caldo dell'estate, mentre l'unico adulto che abbia capito quale terribile realtà si è per anni celata dietro il casato dei Todoroki gli pone l'unica domanda che qualcuno sperava gli facesse, senza che però nessuno abbia mai davvero osato.


Shoto ha di nuovo sedici anni, il peso di un'eredità morale sulle spalle, la cosa più vicina a un migliore amico che ha appena avuto un episodio di calore in aula e tutto ciò che riesce a fare è affondare la faccia tra le mani, senza sapere come fare ad ammettere che non ce la fa più.


In un locale, Shinso Hitoshi è una voce distante che lo richiama chiedendogli se sia tutto okay,  ma l'unica cosa che rimbomba davvero nelle orecchie di Shoto è una risposta di tanti anni fa.


«Piuttosto che Alfa, avrei preferito non nascere affatto.»


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