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Prompt: threesome
Missione: m2
Parole: 2738
Warnings: nsfw, blindfold, orgasm denial


Scegliere quel piccolo appartamento si è rivelata la decisione più oculata che Jun abbia preso negli ultimi mesi, a prescindere dal fatto di passarci raramente del tempo in condizioni normali e quando i suoi due adorabili fidanzati sono quasi dall’altra parte del mondo. Un tetto sopra la testa non gli manca, visto che Tatsuya gli ha offerto vitto e alloggio nel momento stesso in cui ha scelto di restare vicino a suo fratello e di far parte della sua organizzazione, ma non gli è mai sembrato il caso di portarli lì con la stessa nonchalance con cui si portano i propri partner in una casa dove si ha piena libertà in tutti gli spazi perché non condivisi con altri. E per quanto i Sievert possano essere ospitali con lui e imparentati con i suoi fidanzati, Jun è abbastanza sicuro di non voler assolutamente rischiare di ritrovarsi il giovane Glen ad aprire la porta della sua stanza a sorpresa e in momenti poco opportuni.

L’appartamento è di dimensioni minime, quanto sufficiente alla vita comoda di una persona o quella essenziale di due. A essere sincero quando è andato alla ricerca dell’abitazione prima e del mobilio poi, Jun si è rivelato di poche pretese – gli sta bene una cucina piccola con niente più di ciò che serve a potersi cucinare qualcosa, e non gli crea problemi avere una doccia anziché una vasca da bagno sebbene da buon giapponese gli risulti davvero strano a volte rinunciare a un lungo bagno rilassante. L’unica cosa di cui ha avuto davvero avuto bisogno è stata che la camera da letto potesse ospitare un materasso di dimensioni più che generose.

La porta non si chiude con facilità, ma a questo punto non è nemmeno troppo necessario che sia chiusa quando hanno a disposizione l’intimità dell’intero appartamento.

«Jun…»

Il mugugno frustrato di Rafail non è una sorpresa. Jun può percepirlo tremare contro le proprie labbra, contro la propria lingua. Lo sta stuzzicando già da un po' in effetti e Rafail non è mai stato una persona particolarmente paziente, specie in certi frangenti, ed è proprio perché ne è consapevole che Jun a volte – solo a volte – ne approfitta e gli rende tutto difficile di proposito. L’erezione di Rafail è impossibile da ignorare completamente però, per questo decide di non esagerare e gli concede un tocco di lingua dopo l’altro, senza ancora prenderlo nella propria bocca. Il bacino di Rafail si  muove, impaziente, per sopperire alla cosa ma una mano che Jun ha mantenuto sul suo fianco finora stringe appena lì, quasi come un monito. Lo sente mugugnare di nuovo e quasi si sente in colpa.

Alla propria sinistra percepisce il suono delle lenzuola spostate e poco dopo Mihai rientra nel suo campo visivo.         Questione di secondi prima che senta una sua mano su di sé, dita a sfiorargli la schiena scivolando verso il basso. Non arrivano mai al sedere, fanno su e giù in una carezza senza fretta – poi risalgono, toccano la spalla, scivolano lungo il braccio fino al polso. Un tocco leggero che sembra quasi esplorare qualcosa di sconosciuto, ma di misterioso nel corpo di Jun per i gemelli non c’è nulla. Poco dopo, la bocca di Mihai è contro il suo orecchio per andare a mordere piano il lobo, più per attirarne l’attenzione che non per altro. Lo distrae abbastanza da fargli portare lo sguardo su Mihai e incontrare un sorrisetto divertito a cui arriva solo risalendo con un’occhiata il suo corpo nudo. E’ eccitato, ma non se ne stupisce. Al contrario muove una mano per andare a toccarne il membro, lasciare qualche prima carezza morbida. L’espressione soddisfatta di Mihai dice tutto ciò che ha bisogno di sapere per il momento.

Dedicarsi a entrambi i gemelli contemporaneamente non è una cosa che fa sempre. A volte dà attenzioni a uno dei due e in poco tempo si ritrova l’altro a occuparsi di lui; oppure, in molte più occasioni di quanto tenda a ricordare lui stesso, i gemelli si prendono il tempo di stimolarlo insieme fino a farlo venire. Non è impossibile, però, fare quello che sta facendo ora: concedere finalmente un contatto più profondo a Rafail, prendendo la sua erezione nella propria bocca e succhiando, e al tempo stesso masturbare Mihai con la propria mano.

«Cazzo.» sibila Rafail e Jun li sente iniziare quasi insieme a muovere il bacino, Rafail verso la sua bocca e Mihai per andare incontro alle attenzioni della sua mano. Alterna un ritmo più veloce a uno più lento, una scelta che in parte sembra eccitarli maggiormente ma alla lunga finisce con il renderli impazienti. Se da una parte Mihai lo tiene sotto controllo, però, Rafail stringe un poco la presa sui suoi capelli; Jun lo sente, sa che è un miracolo l’altro si stia trattenendo dal spingere dentro la sua bocca ancora di più.

Sono entrambi vicini al climax probabilmente e per questo Jun si ferma: la mano, le cui carezze rallentano fino a fermarsi e la bocca, che si allontana con lentezza concedendo niente più di un ultimo tocco di lingua sulla punta che fa tremare i fianchi di Rafail.

«I swear to God—» sente Rafail cominciare, l’accento americano gli sfugge tra le labbra ma la frase non viene finita. Quando Jun alza lo sguardo si accorge che Mihai ha poggiato la bocca su quella del fratello, un bacio che non ha niente né di casto né di fraterno. Rafail ha giusto un paio di secondi di ribellione prima di rispondervi attivamente e, anzi, cercando quasi di imporsi. Jun li guarda entrambi come ha fatto altre volte, lasciando che si rivolgano quelle attenzioni e sentendosi per nulla indifferente alla cosa. Torna dritto, rispetto alla posizione in cui era poco prima e si muove, ginocchia che affondano sul materasso fino a quando non si trova verso il fondo del letto.

I gemelli sono entrambi sul letto, semi stesi ora: Rafail sulla schiena, le gambe ancora in parte aperte per aver fatto spazio allo stesso Jun poco prima, Mihai accanto a lui e su un fianco, il viso all’altezza di quello del fratello e impegnato a baciarlo ancora. Jun si muove, fino a portare di nuovo il viso fra le sue gambe. Al contrario di prima però devia verso l’interno coscia dove posa un bacio, un altro, poi un morso lieve. Sente Rafail muoversi d’istinto, in risposta, e gli viene naturale sorridere contro la sua pelle prima e tornare a stuzzicare quello stesso punto poi, carezzandolo con la lingua, mordicchiando, succhiando piano fino ad arrossarlo e lasciare un segno inequivocabile. E lo fa gettando un’occhiata di tanto in tanto verso entrambi - mentirebbe se dicesse di non essere eccitato a propria volta dal vederli coinvolti in quel bacio e, di certo, la frizione che c’è a più riprese tra le lenzuola e il suo basso ventre non aiuta a mantenersi paziente.

Nonostante questo muove il viso, abbandona quell’interno coscia e risale, piano; non sfiora nemmeno il membro ancora eccitato e insoddisfatto ma punta all’inguine per cominciare a risalire con i baci: poco sotto l’ombelico, all’altezza dello stomaco, sul petto, così vicino a uno dei capezzoli da sfiorarlo con le labbra, la clavicola, il collo. Su quello si sofferma però, succhia fino a lasciare la pelle arrossata anche lì. Sente Rafail sibilare qualche altra parola che non coglie appieno ma che lo porta ad alzare il viso - abbandonando il collo altrui - per cercarlo con lo sguardo. Solo allora si rende conto che i gemelli non si stanno più baciando, che Rafail lo guarda con gli occhi dorati che sembrano quasi liquidi, offuscati come sono dal desiderio. Mihai però attira la sua attenzione, una mano si posiziona sotto il suo mento per guidare Jun a rivolgere la sua attenzione su di lui. Ha un sorriso indecifrabile sulle labbra.

«Jun» pronuncia, il tono basso con cui non si preoccupa, però, di celare il desiderio in nessun modo «cosa vuoi fare?» lo sente domandare e capisce che gli sta lasciando una scelta precisa. Lui alterna lo sguardo tra loro, si sofferma per una manciata di secondi su Rafail ma quando torna a guardare Mihai lui sembra aver interpretato i desideri del fratello prima ancora che questi li rendesse palesi anche per Jun. La mano che Mihai aveva avvicinato al suo volto lo abbandona, ma solo per prendergli il polso e guidarlo vicino alla propria bocca quanto serve a schiudere le labbra e iniziare a succhiargli l’indice. Lo fa guardandolo dritto negli occhi e, trovandosi ancora in mezzo alle gambe di Rafail, sente quest’ultimo muoversi d’istinto, quasi rispondendo a quello che vede con tutto il proprio corpo.

La lingua di Mihai si muove lungo il suo dito, poi tra l’indice e il medio quando decide di alternare le carezze umide al succhiare vero e proprio. Jun non ha bisogno di chiedere per sapere che Mihai lo sta facendo perché lui possa, con quelle stesse dita, preparare Rafail.

*

Sente Rafail lasciarsi scappare un verso direttamente nella sua bocca, a metà tra il frustrato e l’eccitato. Jun lo accoglie mentre lo bacia, scostandosi solo quando si decide a provocarlo ancora prendendo tra i denti il suo labbro inferiore. Le sue dita hanno abbandonato la preparazione dell’altro lasciandolo insoddisfatto per la seconda volta di fila stasera e non ha dubbi, Jun, sul fatto di essere pericolosamente vicino al limite di sopportazione dell’altro. A sua discolpa, Mihai non gli ha reso semplice concentrarsi da quando ha cominciato a prepararlo a sua volta, affondando le dita dentro di lui e reclamando a più riprese un suo bacio. Quasi come a volersi regolare in base a quanto fatto al fratello, anche Mihai ha smesso di prepararlo - non senza causargli una fastidiosa sensazione di mancanza nel tirare fuori le dita - nello stesso momento e ha lasciato libero Jun di rispondere ai bisogni del fratello quando Rafail ha allungato le braccia e cinto alla meno peggio il collo di Jun per reclamare attenzioni. 

Almeno fin quando Mihai non ha proposto di bendare Jun. E lui non si è opposto, non disprezzando affatto l’idea di una privazione sensoriale di qualche tipo e soprattutto non temendo nulla nella sfera intima con i gemelli, consapevole dell’attenzione al consenso di cui hanno parlato fin dalla prima volta in cui hanno provato a spingersi oltre il sesso semplice e hanno deciso di dare ogni tanto una possibilità a qualcosa di un poco più spinto. Così si scosta da Rafail e dalle sue labbra, per il tempo sufficiente a permettere a Mihai di poggiare la benda sui suoi occhi e di legarla dietro la sua testa. Privato della vista, ogni singolo tocco arriva a sorpresa, inaspettato. Le mani di Mihai scivolano lungo il suo corpo, si soffermano sui fianchi e lo guidano con pazienza fin quando Jun non sente la propria eccitazione sfiorare l’entrata di Rafail.

Un gemito gli sfugge tra le labbra, aspettativa malcelata mentre le braccia di Rafail stringono maggiormente e lo attirano ancora di più a sé. Jun gli si spinge dentro senza fretta, assaporando ogni centimetro di pelle che entra dentro l’altro, di sentirlo stretto intorno al proprio membro e di sentire i versi che abbandonano la bocca di Rafail. Il bacio aggressivo, quasi rabbioso non tarda ad arrivare, reso impaziente da entrambi gli orgasmi che gli ha negato e che rendono il più giovane pericolosamente vicino all’apice già così. Le mani di Mihai, non a sorpresa in effetti, fanno una maggiore pressione sui fianchi di Jun in un tacito monito a restare fermo, a non spingere ancora.

Lo sente piegarsi un poco, posare un bacio dopo l’altro sulla sua schiena che quasi lo distraggono dalla punta del membro altrui che comincia a penetrarlo. Non si priva, Jun, di rendere vocale il piacere che sente nell’avere Mihai dentro di lui, specie quando l’altro comincia a mordere piano la pelle vicino al collo. Non c’è forza nella stretta dei denti, ma uno stuzzicare divertito, provocatorio. Poi la prima spinta arriva e allo stesso tempo la mano di Rafail affonda le dita tra i suoi capelli, all’altezza della nuca, attirandolo verso di sé per appropriarsi delle sue labbra.

«Muoviti.» gli sibila sulle labbra dando un morso decisamente meno gentile di quello di Mihai, un accenno nemmeno troppo vago di dolore che però gli manda al tempo stesso una scarica di piacere lungo la schiena.

Mihai spinge dentro di lui e Jun, lentamente, comincia a spingere dentro Rafail. Mihai è sempre stato meno vocale del fratello e anche in questa occasione non è da meno – Rafail non si priva di rendere chiaro se e quando prova piacere, cosa gli piaccia, se trovi eccitante quello che gli viene fatto o quello che vede. Come ora, ammaliato da un Jun bendato sopra di lui e dentro di lui. Glielo dice nei brevi istanti in cui interrompe il bacio, in cui non cerca la sua lingua con la propria. Jun sente anche il suo membro strusciare contro il proprio corpo e non ha molti dubbi sul fatto che Rafail non resisterà ancora a lungo prima di venire.

Una mano – Rafail? Mihai? Non lo sa più – gli scosta le ciocche più lunghe dal collo e lì la bocca di Mihai si poggia in un bacio prima e in un morso poi, prima che il mento si affacci sopra la spalla di Jun e le labbra gli sfiorino l’orecchio cominciando a sussurrare complimenti. Il ritmo di Mihai dentro di lui è lento, ma si spinge più a fondo che può e sibila contro di lui solo quando Jun gli si stringe intorno, eccitato dalla spinta che ha appena toccato la sua prostata. Rafail intanto si è allontanato dalla sua bocca, ha deviato sul collo e ha appena morso così forte da strappargli un gemito di dolore – eppure subito dopo la sua lingua ha preso a lasciare carezze lente e umide sulla parte di pelle offesa.

Jun decide di averlo lasciato insoddisfatto abbastanza, complice sentirsi davvero poco lontano dal raggiungere l’orgasmo a propria volta. Comincia a spingere più forte, più velocemente, certo che Mihai finirà con l’aggiustare il suo ritmo al proprio e avendone conferma di lì a poco. Si rivela essere questione di davvero poche spinte ancora, infatti. Rafail si svuota per primo contro il suo stomaco, caldo, sudato e con la bocca che cerca con impazienza quella di Jun. Non lo vede ma conosce bene il modo in cui i lineamenti dell’altro cambiano quando il piacere è tanto da annebbiargli la mente e quell’immagine, benché non possa vederla, lo eccita quanto è sufficiente ad abbandonarsi alle ultime spinte di Mihai dentro di sé. Viene quasi in contemporanea con Mihai, affondando un’ultima volta dentro Rafail stimolando quest’ultimo nonostante sia appena venuto anche lui. Mihai stringe la presa della propria mano contro il suo fianco, affonda le dita con forza, un «Jun» roco e carico di desiderio pronunciato contro il suo collo.

Ci vuole qualche momento a tutti e tre per decidere di muoversi. Mihai esce da lui per primo e poi lo sostiene nel fare lo stesso per lasciare Rafail eccitato e finalmente soddisfatto lì, steso sul materasso. E’ sempre Mihai a liberarlo dalla benda, restituendo a Jun la vista così da potersi godere la figura di Rafail abbandonato al piacere che ancora percorre il suo corpo, il respiro veloce che fa abbassare e alzare il suo petto. Però è proprio Mihai a reclamare un bacio lungo, profondo e lento, quello che non ha avuto perché lo ha concesso a suo fratello per tutto il tempo fin quando non hanno raggiunto l’amplesso.

Jun glielo concede con piacere, lascia scivolare le dita tra i capelli biondi appena umidi, assapora gli strascichi di un’eccitazione che sta scivolando via. «Jun» lo chiama ancora, un sussurro di cui non c’è davvero bisogno se non per rimarcare un possesso o una necessità – o entrambe. Jun gli lascia tutto il tempo di cui ha bisogno, gli rivolge ogni attenzione. Lo sente spingere il bacino contro il suo, forse più d’istinto che per cercare altra frizione e Jun muove una mano, sfiora con la punta delle dita la sua schiena dall’alto al basso, scendendo fino a toccare con i polpastrelli l’inizio della curva del sedere. Non infila le dita da nessuna parte, si limita a fargliele sentire fin troppo vicine alla sua apertura.

Mihai tace, ma si spinge di nuovo contro di lui, la richiesta inequivocabile.

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Fandom: originali
Prompt: Big brother instinct (m2)
Parole: 1833
Warnings: //



Non è una persona che tende a dormire poco, anzi. Quella è prerogativa del suo boss, sebbene da quando Rodion si è unito a loro nella quotidianità sospetta che vada molto meglio. Tuttavia ci sono volte in cui si attarda un po’ di più rispetto alla maggior parte degli occupanti di casa e, altre, in cui invece il sonno sembra avercela con lui abbastanza da evitarlo e questo lo porta a cercare di sfogare l’energia in più in allenamenti massacranti che dopo le undici di sera dovrebbero essere vietati - e che qualcuno, se fosse a conoscenza della sua piccola e saltuaria pseudo routine, gli vieterebbe eccome.

Certo però non si aspettava di trovare un’altra anima a vagare per casa, escluso il loro leader; per questo nel momento in cui nel suo campo visivo rientra l’alta figura di Jun, Yukinaga sobbalza appena per poi rilassare le spalle nel riconoscerlo. Lui e il maggiore dei fratelli Sasahara non hanno mai davvero parlato - certo, il fatto stesso di essere imparentato con Hiyori per loro ha significato accettazione immediata, una garanzia impossibile da ignorare, ma forse per la discreta differenza di età tra loro Yukinaga non si è mai trovato a interagire con lui nel particolare. 

Jun sembra sorpreso quanto lui, in un primo momento, lì sulla soglia per entrare nel soggiorno dalla cucina; sembra quasi fatto di proposito, mentre Yukinaga lo fissa dalla soglia, sì, ma da quella che collega il corridoio che porta alle camere e il soggiorno. Il maggiore dei Sasahara si fa scappare uno sbuffo divertito, si copre leggermente la bocca con una mano e poi entra nella stanza e gli indica il divano, invitandolo a fare lo stesso. Yukinaga esegue, i suoi piedi a muoversi ancora prima che lui si renda effettivamente conto di farlo, fino a prendere posto sul divano indicato accanto allo stesso Jun. Il silenzio li accompagna per un po’, lo scoppiettare del fuoco nel camino l’unico rumore singhiozzante.

«Vuoi che ti prepari una camomilla, Yuki-kun?»

Yukinaga porta lo sguardo su di lui, senza mascherare la leggera sorpresa nel sentirsi rivolgere quella domanda. Jun è una persona estremamente cortese e gentile, attento ai bisogni degli altri, una cosa che è stata piuttosto ovvia fin dall’inizio; ciò che però non è mai tornato a Yukinaga è come quella cortesia a volte sembri un po’ distante, del tipo riservato ai clienti di una certa levatura sociale, mai a loro in quanto famiglia. Forse è l’abitudine ai modi di fare di Hiyori, trasparente e solare, incapace di non mostrare quando qualcuno non gli piace per quanto si sforzi di mantenere una facciata educata anche nei momenti peggiori. Non è che abbia qualcosa contro Jun, però…

«No, non mi piace molto.» ammette, sistemandosi meglio sul divano «Perché?»
«Pensavo avessi bisogno di qualcosa che ti aiutasse a dormire.» replica Jun, lasciandosi andare contro lo schienale del divano e sospirando, rilassato, quasi a scacciare via la fatica in quell’unico sbuffo di aria. 

Sebbene in un primo frangente a Yukinaga non sembri il caso di raccontargli cosa gli agita il sonno, nell’ultimo periodo, sente di dover almeno rispondere alla sua inaspettata premura con una mezza spiegazione. Perciò, sebbene ancora un po’ rigido nella sua posizione, sbircia in sua direzione e decide infine di concedersi una piccola confessione.

«Da quando Tatsuya-san ha parlato di farmi succedere alla sua posizione… insomma, non siamo nemmeno più un gruppo di quel tipo quindi non credevo ci stesse ancora pensando, ma l’ultima volta che siamo tornati a Tokyo per la riunione del summit lo ha detto di nuovo, quindi...» dirlo ad alta voce lo fa sentire ancora più stupido, perciò lascia cadere così, rimpiangendo in un certo senso di aver deciso di accennare la cosa. Al contrario di quanto si aspetta - non da Jun nello specifico, ma da buona parte delle altre persone verso le quali sente di dover mostrare solo il meglio, di non dover deludere - non c’è una risata ad accogliere le sue parole confuse, ma uno sguardo stupito prima e un sorriso gentile poi. Non cortese, ma gentile. Caldo, molto simile a quelli di Hiyori. Per la prima volta vede una somiglianza che, chissà, forse è stata sotto i suoi occhi fin dall’inizio.

«...è una preoccupazione stupida, lo so.» ammette, quasi a volerlo anticipare, per rendere meno forte il giudizio che pensa otterrà. Invece Jun scuote la testa ma, prima di dire la sua, allunga una mano verso la sua spalla e l’afferra, fa una lieve pressione che Yukinaga non si aspetta e che lo sbilancia; prima di rendersene davvero conto, Jun lo ha fatto stendere con una manovra che al più giovane ricorda moltissimo i movimenti del medico del gruppo durante le sedute di allenamento che condividono.

Fa per rialzarsi, nel rendersi conto di avere la testa sulle ginocchia di Jun, ma questi applica una pressione lieve ma eloquente.

«Perché stiamo-»
«Perdonami, è la forza dell’abitudine con i miei fratelli. Come dico sempre quando parlo con Mihai e Rafail, just indulge me for a bit

Yukinaga non è del tutto convinto, ma alla fine decide di lasciar stare. E’ molto probabile che Jun potrebbe tenerlo inchiodato al divano con o senza il suo consenso, perciò inutile sforzarsi, specie quando il suo corpo necessita chiaramente di un riposo anche solo dato dal rilassarsi contro la morbidezza dell’imbottitura sotto di lui.

«Dicevamo» riprende Jun, anche se non stavano esattamente portando avanti un discorso di qualche tipo «non penso che la tua sia una preoccupazione stupida.» decreta, iniziando da quella che forse individua come affermazione più importante o - Yukinaga ci riflette solo in un secondo momento, non senza stupirsene - che comprende essere la prima, unica e vera rassicurazione di cui Yukinaga potrebbe essere alla ricerca.

«Non c’è nulla di strano o di sbagliato nel preoccuparsi di dover, un giorno, ricoprire una posizione di rilievo. Specie perché Tatsuya-san ha fatto cose incredibili, sofferto dolori inimmaginabili, e pensare di sedere un giorno dove è stata una persona come lui è un motivo sufficiente a sentirsi sotto pressione.» prosegue, e Yukinaga si sente vulnerabile ma soprattutto in imbarazzo quando percepisce la mano di Jun scompigliargli i capelli piano, trasformando un gesto forse atto ad alleggerire l’atmosfera in uno per tranquillizzarlo, in carezze più lente e ripetute. 

Yukinaga non ha avuto fratelli né maggiori né minori, ma suo malgrado si è ritrovato in più occasioni a rivestire i panni del più grande anche con persone più grandi dal punto di vista anagrafico. E’ una cosa inaspettata, vedersi rivolgere una premura che è tipica di chi è stato un fratello maggiore davvero e per tutta la sua vita: nei gesti di Jun ci sono la pazienza, l’affetto e l’abitudine di chi è cresciuto con cinque fratelli più piccoli, di chi ha badato a loro con attenzione e amore, cercando di non fargli mai mancare il sostegno di cui erano alla ricerca nelle più disparate situazioni.

Forse Jun ha, in realtà, sempre rivolto quel tipo di atteggiamento verso i più giovani del gruppo e Yukinaga inizia a credere di non essersene accorto, e basta.

«Però, Yuki-kun, qui tutti hanno una grande stima di te. Hiyori non ha fatto che raccontarmi ogni più piccola cosa di quando eravate ancora tutti a Tokyo, Reizo-kun si può dire che stia ad ascoltare pochissime persone tra le quali ci sei tu in cima, Tatsuya-san riconosce in te il talento naturale e il carattere giusto per affidarti una cosa tanto preziosa come quella che stiamo costruendo qui tutti insieme… alla tua età è normale non sentirsi all’altezza, ma sono sicuro che credi nelle parole degli altri e nelle loro capacità di giudizio, vero?» 

Non potrebbe mai dire di no, nemmeno per fare uno scherzo di cattivo gusto; non riuscirebbe mai a sostenere, fingendo di crederci, di non rispettare profondamente ogni membro di quella che è ormai la sua unica famiglia. Perciò scuote la testa, per quanto la posizione gli permetta, sentendo Jun sbuffare divertito di nuovo.

Alza lo sguardo su di lui, un sopracciglio alzato con fare interrogativo.

«Cosa c’è?»
«Scusami, non ridevo di te.» ammette «Ma mi fa tenerezza rendermi conto che, in fondo, sei ancora solo un ragazzo di diciassette anni Yuki-kun.»

Poco adulto da parte propria, forse, ma Yukinaga non riesce a fermare il principio di broncio intento a formarsi sul suo viso. Nel vederlo, con dolcezza Jun si premura di alzarsi senza fargli mancare d’improvviso l’appoggio sotto la testa, e con un occhiolino complice si congeda con un «Rimani steso a riportare, ti porto un rimedio infallibile per l’insonnia.»


*


Volta la testa nel sentire dei passi avvicinarsi, nel completo silenzio che ormai pervade l’intera abitazione in cui si trova con il resto dei Miyuki. Dal corridoio che collega all’area con le camere da letto, è impossibile per lui non riconoscere Hiyori: assonnato e con la vecchia tuta che usa per dormire, i capelli biondi senza un senso vero e proprio, l’altro sembra molto più sorpreso di ciò che vede di quanto possa esserlo Jun nel trovarlo sveglio mentre l’orologio del salotto è a pochi scatti di lancetta dal segnare le tre di notte.
Segue lo sguardo di Hiyori e lo vede posarsi sul divano, e nello specifico sulla figura addormentata di Yukinaga; è steso su un fianco, in posizione fetale, comodo e indisturbato nel sonno pesante tradito dal respiro regolare e profondo. La sua testa poggia sulla gamba di Jun, che si è limitato a leggere fino a quel momento un libro ancora tenuto aperto tra le mani.

«Questo sì che è raro...» commenta Hiyori, una nota divertita nel tono mentre si avvicina, curioso come un ragazzino a discapito dei suoi trent’anni; Jun si limita ad annuire e, subito dopo, a indicargli la coperta lasciata da uno dei bambini - quelli veri - sulla poltroncina poco distante.

«Me la prendi, per favore? Non ho proprio cuore di svegliarlo.» ammette, con un cenno del capo a Yukinaga. Hiyori non se lo fa ripetere e non soltanto la recupera, ma si occupa di stenderla meglio possibile sul corpo del diciassettenne. Lo stesso Jun si premura di rimboccargli quella stessa coperta, per stare sicuro di farlo dormire tranquillo e senza rischiare un malanno.

«E’ strano vedere Yuki-chan lasciarsi viziare.» apostrofa, ancora gli occhi su di lui prima di passare sulla figura di suo fratello «Jun-nii è davvero portato per prendersi cura degli altri, mh?»
«E’ un bravo ragazzo, ma a quanto pare non è abituato a qualcuno che si occupi di lui. A parte i suoi genitori, immagino.»
«Mh, un po’ più complicato di così.» ammette Hiyori. Jun annuisce, senza fare domande, preferendo sentire la storia dal diretto interessato, se mai vorrà raccontargliela.

«D’altronde» riprende con un sussurrare divertito «ora siete tutti cresciuti e anche se per la mia natura di fratello maggiore siete ancora tutti bambini, avere qualcuno davvero di tanto più giovane di me a cui badare non mi dispiace.»

«Non dirlo davanti ai gemelli.» mormora Hiyori, rimandarlo «Non credo Tattsun voglia un incidente diplomatico con l’America, arrivati a questo punto.»

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Prompt: scontro
Missione: M1
Parole: 1091




Le parole di Tatsuya prima dell’inizio della missione sono state piuttosto chiare, e ancora si ripetono nella mente di Hiyori: giocheranno sicuramente sporco, gli ha detto, dai russi non mi aspetto di meglio. Non siamo mai stati un gruppo di assassini, ma piuttosto che farvi prendere, uccideteli.
Da quando si è unito al suo gruppo, Hiyori non si è sentito rivolgere una sola volta da Tatsuya l’ordine di privare della vita qualcuno se non per difesa personale e, anche in quel caso, è avvenuto molto di rado. Sa che i trascorsi con la Russia non sono proprio ottimali per Tatsuya - ironico considerando che tanto il suo compagno quanto quello del fratello del boss siano russi, tanto per cominciare - ma per arrivare a dargli un ordine simile, Hiyori sa che Tatsuya deve aver preso in considerazione ogni possibile variabile e non aver trovato altra soluzione.
Hiyori è abituato alle retroguardie. Succede, quando si è il medico del gruppo e l’unico in grado di salvare delle vite, dovessero alcune missioni prendere una pessima piega. Per questo in pochi, persino all’interno del loro gruppo, possono dire di averlo visto combattere e ancora meno (nessuno?) di averlo visto combattere per uccidere.
«Non preoccuparti, Hiyori.» pronuncia una voce pacata e rassicurante al suo fianco, e non ha bisogno di alzare lo sguardo per sapere che si tratta di suo fratello Jun. Quando lo guarda, tuttavia, nota che si sta tirando su le maniche della camicia candida e che la cravatta è già finita abbandonata a terra «Ti copro le spalle.» assicura rivolgendogli un sorriso gentile e portando una mano a scompigliargli appena la zazzera bionda.
Sono anni che lui e Jun non combattono fianco a fianco, perché non ce n’è mai stato bisogno finora. Saperlo accanto lo fa sentire pressoché invincibile da quando aveva anche meno di dieci anni e non sapeva nemmeno come assumere una posizione di guardia.
Puntano entrambi lo sguardo davanti a loro, adocchiando i due ability user che li stanno approcciando; fisico uno, elementale l’altro da quanto hanno visto.
Non hanno bisogno di dirsi qualcosa, di farsi un segnale: lui e Jun si sono sempre mossi in quella che la sorella Tarja ha etichettato come simbiosi irritante dalla prima volta che in allenamento se l’è vista rivolgere contro. Per loro è come essere un solo corpo diviso in due: riescono a tenersi d’occhio a vicenda nei rari momenti in cui hanno bisogno effettivo di vedersi anziché percepirsi e basta, consci l’uno dei movimenti dell’altro.
Hiyori è il primo a scattare in avanti, e forse il russo non se lo aspetta: assume una frettolosa posa di guardia ma il medico evita di dargli il tempo di concentrarsi sul proprio potere e gli sferra un calcio atto più a distrarre che a colpirlo davvero. Riesce nel suo intento quando lo vede alzare la guardia e lasciare libero il fianco; lo colpisce con la mano, di taglio, mirando con precisione millimetrica allo spazio tra due costole. Lo vede piegarsi di lato, lasciandosi andare a un verso di dolore misto alla frustrazione - si ritrae di un paio di passi, scarta leggermente di lato e lo vede sferrargli un calcio a propria volta. Non alza la guardia, perché un istante dopo è Jun a farne le veci portandosi con un braccio alto a protezione e rinforzo del proprio corpo, così da poter incassare il colpo ed evitarlo a Hiyori.
Lui così ha il tempo di aggirare il nemico e dare un secondo colpo di mano, sempre di piatto, contro un punto preciso della nuca; ormai conosce i nervi con una tale precisione da percepire, quasi, il momento in cui li colpisce e in cui reagiscono al suo tocco. Non si sorprende, quindi, di vedere l’altro crollare a terra.
«Dietro!» esclama Jun, conciso nell’unica indicazione davvero necessaria da dare in quel momento. Hiyori si sposta sulla sinistra, mosso da cieca fiducia, e vede una fiammata passargli di fianco. Anche Jun l’ha evitata a propria volta e sta già scattando verso l’altro ability user. Rischia quasi un colpo in pieno viso e vederlo porta Hiyori a irrigidirsi, ma quando nota che non c’è reale pericolo non perde ulteriore tempo: si muove veloce e silenzioso, e se avesse il tempo di ricordare le parole del suo maestro capirebbe quanto erano veritiere e ponderate - io insegno l’arte di uccidere, ma la volontà di farlo dipende dalla persona. Tu però sei il mio allievo più pericoloso, perché tutto il tuo corpo è naturalmente portato all’uccisione, e se l’unica cosa che lo frena dovesse venire meno avrei creato un mostro, non un uomo che può scegliere.
E’ questione di un attimo: il mutante lo percepisce e sferra un colpo che lui para per un soffio. Jun lo colpisce alle gambe e lo distrae, e per questo diventa il bersaglio di una nuova fiammata ma Hiyori lo anticipa. Basta la pressione di due dita, come un solletico appena più incisivo; due dita in due diverse zone tra la base del collo e la carotide e quello si accascia, prima scosso da un paio di convulsioni e poi soffocato, le mani alla gola nel disperato tentativo di liberare le vie respiratorie senza successo, fino a che non esala l’ultimo respiro.
Hiyori lo guarda morire come ha visto morire altre persone - non tutte per mano sua, ma qualcuna sì. Jun all’improvviso gli si scaglia contro, carica un pugno e lo sferra; gli sfiora appena la guancia, andando a colpire con forza l’uomo alle spalle di suo fratello.
«Andiamo.» lo incalza, con quella dolcezza di fondo che riesce a riservargli anche mentre si circondano di violenza e morte «La famiglia ha bisogno di noi.»
Hiyori annuisce, sebbene lo sguardo si ancora sul corpo senza vita ora steso ai suoi piedi; ha gli occhi sbarrati, e fa sempre l’effetto di una muta accusa eterna. Distoglie l’attenzione da lui solo quando la mano di Jun si posa di nuovo tra i suoi capelli, sostando lì un secondo più del necessario. Capisce l’intento di suo fratello di proteggerlo da tutti i mali del mondo, non soltanto quelli fisici ma anche quelli emotivi, soprattutto quelli che tende ad autoinfliggersi. Abbozza un sorriso breve, il rumore di un’esplosione non troppo lontana, nella direzione in cui hanno lasciato a combattere altri membri del gruppo.
Alzando lo sguardo mentre iniziano a correre in loro direzione, appollaiato su un edificio, Hiyori vede Mirai puntare e colpire senza alcuna esitazione all’idea di prendersi una, due, dieci vite.
Maestro, un uomo che sceglie di uccidere per proteggere è ancora considerabile un mostro?
 

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