Flowers of the night

Prompt: arrivare troppo tardi
Missione: M2
Parole: 804

For a brief moment, Ritsuka remembers a conversation he has had with Romani a long time ago, something about how different he was from masters of several years ago - «You are too kind, Ritsuka» he said once, a sad smile on his lips «I hope it won’t ruin you and that you will never face dangers more than you already do.»
While his body moves on his own and Mashu’s voice shouts his name, terrified, Ritsuka knows that it’s too late to move away; the enemy’s attack will surely hit him, and if he runs away the Servant behind him will be wounded. Too distant and, at the same time, too close he notices Caster reaching out to him, calling his name - it’s so weird, since he always makes fun of Ritsuka by calling him “master” or “young master”.
The hit comes before Caster can protect him; the pain does too, so sudden and real that Ritsuka wants to scream (maybe he is screaming) and he feels the hot blood on his face. It’s like his head and his face are splitting into two.
Who know if doctor Romani already knew that the conversation would be their last. And if he knew, Ritsuka would like to ask if the sadness of his smile was for him or because he felt lonely - Caster’s arms are around him and he’s shouting something about runes and going back to Chaldea.
Ritsuka wants to tell him «It’s okay.» but he feels so tired.
For both Romani’s answer and him it’s too late, though.

The first thing he notices is a constant “beep”; the second one is that, wherever he is, it’s quite warm; the third one, someone is holding his hand. He tries to move a finger, and Mashu’s voice immediately responds.
«Senpai?!»
Ritsuka can hear the worry in that single word, and he feels sorry. He tries to open his eyes, but something feels off - it’s like they put something on them, like one of those weird objects some people use to sleep.
When he moves his hand to remove it, what he manages to touch are bandages.
«Senpai» Mashu says, and Ritsuka wouldn’t be able to explain why but he is sure she is almost crying «I’m going to call Leonardo-san.» she declares, and lets go of his hand. It feels a bit lonely, especially when he hears the door close.
That doesn’t last for too long, anyway.
«Is there anyone here…?» he asks, because it could be his paranoia, but it’s how it seems to him; a slight movement, still hearable, catches his attention. After a moment, there’s a new weight on the bed.
«Caster…?» he tries, irrationally. He can’t see him because of the bandages, and he hasn’t heard a single word from whoever is there, but maybe he just hopes it’s Caster. It would make him feel better.
«You lost your left eye.» he says. It’s sudden, untactful, almost cruel. For a few seconds Ritsuka can’t even process what the Servant said, so he keeps quiet and tries to focus on a single thought and not on the chaos is agitating his mind. Before he can do it, Caster’s voice reaches him again: «Leonardo will tell you when they are sure they can’t do anything, but I felt it with my magic. Your left eye won’t see ever again.» he declares, once more, and Ritsuka can’t understand - is he angry? That’s why he’s telling him like this? The Servant’s voice doesn’t sound angry, or sad, or frustrated. It’s like Caster isn’t feeling anything at all.
«...How is the—»
«Don’t.» Caster is practically growling at him, and for a moment Ritsuka is scared. Not because of the growl itself, nor because he thinks Caster would ever hurt him; he’s scared because he can’t tell what kind of expression Caster has on his face, or what he is feeling right now.
What if his right eye will end up without seeing, like the left one, making him completely blind?
What if—
Suddenly Caster’s arms are around him and are squeezing him so hard that it hurts.
«I’m sorry.» he whispers into his ear - he’s sad, and angry and frustrated «You are a fool.» he adds, and it’s as if Ritsuka is being kept under water and it’s harder and harder to breathe.
«You shouldn’t have done it.»
«I—»
«You are the master, we fight for you.»
«That’s not—»
«I hate you.»
Caster has never behaved like this since their first meeting. It’s not like him to be like this - to sound somehow… desperate? It’s such a weird concept, next to the Servant (the man) who is so precious to him.
«I’m sorry I couldn’t save you. I’m sorry I didn’t make it in time.»
What has he done.

Prompt: warnings (au, angst, lemon)
Missione: M1
Parole: 1221
Warnings: angel!Romani, demon!Merlin, pwp

Le dita di Merlino gli sfiorano hanno sfiorato il corpo innumerevoli volte ma mai così. Romani si è controllato in ogni singola occasione, gli è sfuggito come acqua che non si può contenere e aria impossibile da imprigionare eppure Merlino non ha mai desistito, e ha lasciato che lui potesse illudersi di poter sfuggire in eterno o, in ultimo, di poter vedere l’alba del giorno in cui Merlino si sarebbe arreso.
Così non è stato. Quando Romani sente le sue dita affusolate scendere lungo la linea della mascella al collo e giù, sfiorando da sopra i vestiti da angelo fino a toccargli il ventre, capisce che è finita.
Non si sarebbe dovuto illudere: mille leggende raccontano della caduta degli angeli e lui, Romani, un archivista tra tutti i suoi fratelli ha letto quelle storie miliardi di volte. Cosa gli ha fatto pensare che improvvisamente la Storia avrebbe fatto delle preferenze risparmiandogli un errore simile?
Dio lo ha amato profondamente e lui, invece, lo ha tradito.

La bocca di Merlino scende sul suo corpo nudo, saggiandolo per quello che a Romani sembra un esplorare centimetro per centimetro. E’ quasi frustrante il modo in cui le labbra del demone sembrano esplorarlo e conoscerlo alla perfezione al tempo stesso, mentre nella sua mente lui riesce a stento a mantenere quella lucidità che è sempre stata per lui un motivo di vanto.
Se lo volesse, forse avrebbe una forza sufficiente non a sopraffarlo del tutto ma almeno a sfuggire alla sua presa, alla sua trappola; ma i demoni sono esattamente quello, creature capaci di rinchiuderti nella gabbia peggiore, nella fortezza più inespugnabile che è il piacere dei sensi. Quando lo si prova per la prima volta, poi, è ancora peggio. Romani ha sentito parlare solo per caso della cosa, di sfuggita - non è argomento comune, tra gli angeli, il modo in cui gli uomini sfogano il desiderio carnale e ne diventano schiavi, al punto che molto spesso si trasformano nelle prede perfette di alcuni dei demoni che maggiormente sfruttano le inclinazioni sessuali di quelle deboli e fragili creature. Nel poco che ha colto, però, e nei pochissimi scritti in qualche modo sopravvissuti al tempo e alle ferree regole della casa di Dio, Romani ha appreso quanto le vittime più frequenti nella storia degli uomini siano sempre state due: chi era già schiavo delle pulsioni prima di incontrare un demone sulla propria strada e chi, invece, da quelle pulsioni non era mai stato toccato.
Merlino si sofferma sul suo ventre, la lingua che tocca l’ombelico, ci si infila dentro; Romani sobbalza e trattiene un mugolio, spingendo con la mano contro la bocca nel testardo tentativo - anche un po’ disperato - di rimanere in silenzio e conservare una dignità che potrebbe presto essere la sua unica compagna per l’eternità, insieme alla dannazione. Il demone lo occhieggia, Romani lo vede perché non ha mai chiuso gli occhi finora: quelli ametista della creatura sembrano quasi provocarlo e, al tempo stesso, accettare una tacita sfida - sembra volergli dire: non costringermi a impedirti di trattenerti - e poi scende ancora sul suo corpo ormai spoglio dei vestiti da fin troppo tempo per preoccuparsi ancora della pudicizia e della vergogna. Le mani di Merlino si muovono di pari passo alla sua bocca, accompagnando il suo viaggio e sorreggendo il corpo di Romani: scivolano giù e si bloccano all’altezza dei suoi fianchi quando la bocca di Merlino accoglie l’erezione di Romani nella bocca calda e umida.
La lingua va a stuzzicarlo quasi subito, senza troppi complimenti, e a quel punto Romani non può trattenere un gemito che gli risale dalla gola e si perde nell’aria, spezzando il silenzio con quella che alle sue orecchie suona come una violenza inaudita - è quello il suono che ricorderà e finirà con l’associare per l’eternità al tradimento verso Dio?
Merlino lo spia, senza vergogna per la loro posizione o ciò che stanno facendo e come potrebbe, quando rispetta perfettamente la sua natura? Lì l’unico a essere sbagliato è Romani, che porta una delle mani a scendere tra i capelli chiari dell’altro, stringendo d’istinto una ciocca quando Merlino succhia la sua erezione con più vigore e il chiaro intento di farlo impazzire, di far sì che Romani si tradisca ancora di più e cada sempre più in basso, fino al punto di non ritorno. Ma forse quello lo ha raggiunto nel momento in cui lo ha baciato, in cui gli ha permesso di macchiare anche solo una piccola parte della sua anima facendo sbocciare in lui il desiderio nello stesso modo in cui una spora velenosa diventa il parassita perfetto di una pianta altrimenti sana e forte.
Romani percepisce a stento una delle mani del demone lasciargli il fianco; la ritrova quando sente una delle sue dita premere contro la sua apertura e insinuarsi dentro, scivolando con un po’ di forzatura. Inarca la schiena e boccheggia, sentendo il respiro mancare - e la lingua di Merlino si fa più insistente, più lasciva contro la sua pelle sensibile.
Per puro caso gli occhi verdi guardando verso l’alto, abbandonando la testa di Merlino tra le sue gambe; il cielo è di un fastidioso azzurro brillante.