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Fandom: Kaze ga tsuyoku fuiteiru (Run with the wind!)
Prompt: spokon (m1)
Parole: 750
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La sensazione della corsa è qualcosa a cui Kakeru non è mai riuscito a dare una connotazione precisa, ma allo stesso tempo riusciva sempre in qualche modo a comprendere quasi tutto ciò che altri vi associavano mentre non capiva come, invece, tante cose non fossero mai nemmeno nominate. Con il tempo aveva compreso che forse non erano citate perché spiacevoli. 

Della corsa si diceva spesso che era come "sentirsi liberi", oppure che "sembrava di avere le ali ai piedi"; faceva "sentire leggeri", oppure "era naturale come respirare", o anche "aiutava a non pensare". Qualche volta aveva letto, in un'intervista a qualche atleta di livello mondiale, che "correre era la massima espressione di sé" e si era chiesto, la sua corsa era come lui? Lui correva sempre dritto, regolando il respiro, conscio di movimenti corretti e ideali per esprimere il massimo del suo potenziale, ma se guardava poi a se stesso come persona si rendeva dolorosamente conto che non c'era quasi niente di questo in lui. Non limava il suo carattere al pari dei movimenti della corsa, per far sì di non avere eccedenze nella propria indole o impedimenti nei rapporti con gli altri - anzi, lui era una parete rocciosa piena di spuntoni mai levigati, quasi sperasse di tenere lontano tutto ciò che non poteva sopravvivere alle ferite profonde.

Kakeru corre, corre, a volte contro ogni routine corre così veloce da sentire dolore al fianco, da percepire i polmoni bruciare e quando si ferma le gambe gli tremano così forte da fargli temere di crollare a terra; il gelo dell'aria contro il viso sudato sembra quasi ferirlo, tante piccole schegge di ghiaccio contro la sua pelle. A volte correre è come punirsi e darsi l'assoluzione insieme. E quando questo succede, quando si ritrova steso sul manto erboso dello spiazzo dove fanno spesso pausa con il club, quando è lì da solo a riprendere fiato mentre guarda un cielo sempre diverso, Kakeru non sa come le persone non riescano a vedere che correre non può essere solo "libertà", solo "essere leggeri". 

E' "essere pesanti". E' "non farcela più". E' "scappare più veloce che si può da tutto e da tutti". E' un sacrificio immenso, è lasciare indietro gli altri - è ferire e ferirsi, lui lo sa meglio di chiunque - e a volte, nei casi peggiori, è correre così forte da sentire di voler vomitare una volta fermi, mentre la testa gira e ci si sente disorientati perché non c'è più ossigeno, da nessuna parte, in nessuna cellula del proprio corpo. E' quando hai dato tutto, sei fermo oltre una meta immaginaria che non arriva mai davvero nemmeno nelle gare quando si taglia un traguardo fisico, e si finisce col pensare: cos'ho vinto? Niente. Niente.

«Kakeru?» la voce di Haiji lo strappa con violenza da quei pensieri, ironico considerato che il suo tono è basso come se temesse di svegliare un bambino addormentatosi da poco. Quando Kakeru si gira a guardarlo, il respiro ormai quasi del tutto regolarizzato e l'erba a solleticargli la guancia, Haiji lo sta guardando con quel suo modo di fare che sembra scrutarti l'anima. Kakeru lo odia, perché si sente spiato. Lo ama, perché Haiji vede anche le cose brutte, non solo quelle da intervista sul giornale.

«A che stai pensando?» gli chiede. Non "tutto a posto?", perché sa già la risposta e non si perde in domande inutili.

Kakeru deglutisce, inspira dal naso, ci riflette un attimo. Cerca le parole perfette, ma lui non è di tante parole in generale e quello dei discorsi motivazionali è Kiyoshi. Per questo abbandona quella ricerca mentale quasi subito, chiude gli occhi e butta fuori l'aria.

Quasi in risposta, sente la punta delle dita di Haiji sfiorare le sue; quando porta lo sguardo su di lui Kiyoshi non lo sta più guardando, ma i suoi occhi castani sono tutti presi dalle dita che si toccano, quasi fosse un infantile gioco da bambini, il timido sfiorarsi di due fidanzatini delle medie. Polpastrelli contro polpastrelli, carezze leggere e innocenti che finiscono con il distrarre anche lui. 

Finché, poi, le dita si intrecciano con morbidezza, senza stringere troppo; è allora che Haiji cerca di nuovo il suo sguardo e gli rivolge un sorriso leggero, un incurvarsi di labbra che sembrerebbe timido se non si parlasse di Haiji. Con quel gesto pare volerlo convincere a instaurare un contatto visivo e, quando ci riesce, è come aver rimesso tutto in ordine.

«Torniamo a casa camminando.» gli propone.

Kakeru gli stringe di rimando la mano. 

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Fandom: Kaze ga tsuyoku fuiteiru (Run with the wind!)
Prompt: spokon (m1)
Parole: 820
Warnings: established relationship, shonen-ai.



L’umidità ha leggermente appannato le mattonelle chiare del bagno, il lieve gocciolare del rubinetto riecheggia nella stanza altrimenti in completo silenzio; è un breve sciabordio dato da un’acqua mossa all’improvviso e per pochi istanti - prima che si acquieti di nuovo - a interrompere quell’equilibrio fatto di tocchi leggeri e comunicazione non verbale. Almeno finché Haiji non decide di voler effettivamente parlare. 

Prima di farlo, però, china appena la testa e posa un bacio leggero sulla guancia; nel sentirlo arrivare a sorpresa, quando era perso nei suoi pensieri, Kakeru si volta un po' di scatto alla ricerca dello sguardo dell'altro, quasi dovesse dargli un'effettiva risposta senza nemmeno doversi prendere la briga di porre la domanda. La sua espressione deve essere buffa, visto quanto divertito sembra Haiji nel guardarlo.

«Sembravi così assorto, decidevi le sorti del mondo, Kakeru?» lo prende in giro con fare bonario, le braccia che si stringono appena di più intorno alla sua vita, immerse nell'acqua calda della vasca fin sopra i gomiti. Kakeru lo osserva ancora per qualche attimo e poi scuote la testa, un vaghissimo accenno di broncio ad arricciargli le labbra. La prima volta che Haiji gli ha proposto di condividere la vasca da bagno si è rifiutato - come anche la seconda, la terza, la quarta... - di assecondare quella richiesta; nella condivisione di per sé con altre persone non c'era niente di male, specie se si è abituati ai bagni pubblici. Nella loro cultura non c'è niente di vergognoso nello stare l'uno accanto all'altro a godersi l'acqua calda o a lavarsi di dosso la stanchezza. Ma farlo in una vasca privata, in casa, dava quel tocco di intimità che Kakeru non era ancora pronto ad avere con Haiji, nonostante una relazione stabilita da un anno e uno scambio di effusioni già andato oltre il bacio. 

Non avrebbe saputo spiegarlo, ma c'era qualcosa di molto diverso tra quelle due condivisioni e persino adesso, a momenti, non riesce del tutto a scrollarsi di dosso un imbarazzo e una timidezza tutti personali.

Kakeru scuote appena la testa, senza degnarlo di una risposta verbale, tornando a guardare davanti a sé; il corpo di Haiji, dietro di lui, aderisce in parte contro la sua schiena - è abbastanza sicuro che il più grande stia cercando di non instaurare un contatto che potrebbe facilmente sembrare un invito di un certo tipo, in contrasto con il suo desiderio sincero di stare semplicemente così, insieme nell'acqua.

Sono pur sempre due uomini grandi, però, dunque non c'è da stupirsi se per stare in quel modo hanno dovuto trovare il compromesso di una posizione non del tutto comoda; Haiji tiene entrambe le gambe ai due lati di Kakeru, semi piegate tanto che entrambe le sue ginocchia sono al freddo sopra il pelo dell'acqua calda. E' per questo che vedere la cicatrice dell'operazione è così facile per lui, quasi quanto è semplice nascondere il grosso delle sue espressioni, salvo quando Haiji si sporge per spiarle direttamente sul suo viso, senza aspettare sia Kakeru a dire nulla o iniziare il discorso.

A dispetto di questo e di quanto possa sembrare il contrario, la loro relazione non è fatta solo di compromessi da parte di Kiyoshi e di silenzi ostinati da parte di Kakeru, ma è anche conscio di come venga viziato molto spesso dal più grande. Per questo, quando può, cerca di fare uno sforzo a sua volta. La mano destra esce fuori dall'acqua e porta le dita a sfiorare lentamente la cicatrice, con la stessa attenzione riservata per una ferita ancora aperta; Kiyoshi non dice niente e lo lascia fare, lascia che Kakeru possa passare l'indice per tutta la lunghezza di quel segno non uniforme sul suo ginocchio, non chiede fin quando non è lui a dire qualcosa.

«Ti sta facendo male?» domanda, senza specificare se intenda in quel momento mentre lo tocca o che l'inverno e alcuni tipi di clima rendano più indolenzite le parti del corpo con ferite simili. Sente uno sbuffo divertito contro la propria pelle e il mento di Haiji poggiarsi sulla sua spalla.

«Solo qualche volta, ma non è niente di insopportabile.» ammette sincero, girando quasi subito il viso per cominciare a posargli una serie di baci leggeri contro il collo bagnato. Non è che Haiji sia mai stato scostante nei suoi confronti, nemmeno ai tempi del liceo, anzi; riusciva ad avere quel cameratismo tipico dei club, nonostante fossero veramente male assortiti. Ma la frequenza e il modo di instaurare un contatto con lui ora sono diversi - in parte è comprensibile, diverso è il loro rapporto, ma in parte Kakeru se ne meraviglia ancora come la prima volta in cui Kiyoshi lo ha baciato.

«Però se vuoi viziarmi per farmi soffrire meno, io non ti fermo.» ironizza Haiji, senza mascherare il principio di una risata che riecheggia appena nel bagno. 

Kakeru scuote la testa ma, senza dire nulla, si gira quanto basta a posargli un bacio sulle labbra. 

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