Message (cow-t week 8; M4, SAFE + SLASH)
Mar. 8th, 2018 11:51 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Shu guarda l’oggetto tra le proprie mani con una certa apprensione. Non è quello di per sé a scatenargli un moto di ansia, quanto tutto ciò che si cela dietro di esso: avvolto in una carta rossa non si può dire che il risultato finale sia preciso o degno di un’esposizione in un negozio, cosa a cui Shu non può non fare caso, essendo particolarmente attento ai dettagli. Ma può supporre ci sia una sorta di… impegno molto personale dietro, visto che di fronte ad alcuni punti molto imprecisi sembra che ci sia stato almeno un tentativo di farlo notare meno possibile (non che sia servito, ma in ogni caso non può negare ciò che vede). Il pacchetto di per sé ha una forma regolare, dunque immagina il regalo sia contenuto in una scatola, il che aumenta le probabilità che - incarto a parte - venga da un negozio e che non sia stato manomesso in alcun modo, compresa l’aggiunta di qualche strana sostanza.
Perché un regalo di una fan sarebbe arrivato nella solita maniera, insieme a tutti gli altri, dopo attenti controlli che l’organico della Yumenosaki si assicura di fare prima di far arrivare i doni a questa o quella unit.
Un regalo nell’armadietto significa una sola cosa: viene dall’interno. Potrebbe essere di una qualsiasi delle persone che incrocia ogni giorno - una prospettiva terrificante.
Inspira, rigirandosi con attenzione il tutto tra le mani, assicurandosi di mantenersi impassibile pur gettando un’occhiata di sbieco verso la propria sinistra, dove Aoba siede e si dedica al suo lavoro per le attività del club; o almeno immagina si tratti di quello. In ogni caso rimpiange di aver sostato anche troppo con l’attenzione su di lui quando i loro sguardi si incrociano.
«Shu-kun, è un regalo di San Valentino, quello?»
Riesce a immaginare solo tre cose peggiori di questa domanda: qualcuno che macchi l’innocenza di Nito rendendolo diverso dalla perfezione che rappresenta, Tsukinaga nella stessa stanza e Tenshouin nel suo futuro.
«Aoba.» si limita a dire, una sola parola - un nome, a dire il vero - che racchiude in sé un più articolato “Aoba, per cortesia, non dire scempiaggini”. Tsumugi sorride, lasciandosi scappare una risata leggera e divertita, mentre alza ciò che ha in mano per mostrarlo a Shu: un pupazzo di piccole dimensioni, chiaramente ciò a cui sta lavorando, e Shu non ha bisogno di osservarlo a lungo per riconoscere immediatamente che le fattezze sono quelle di Natsume. Aoba deve star dando gli ultimi ritocchi, che in questo caso specifico immagina sia il nastrino rosso che forma un piccolo fiocco al collo del pupazzo del leader degli Switch. Inarca un sopracciglio, alternando lo sguardo tra l’oggetto e Aoba: non capirà mai come quel ragazzo possa avere così tanta… discutibile abnegazione.
«Mika-kun deve essersi impegnato tanto.»
Tsumugi lo dice con pacatezza, ma è come se avesse sganciato una bomba. Shu guarda il regalo e sbatte le palpebre una, due, tre volte; solo poi riporta l’attenzione su di lui. Deve avere un’espressione perplessa, visto che Tsumugi gli rivolge un’occhiata confusa, articolando un: «Non è di Mika-kun?» come se fosse ovvio, e non esistesse una versione alternativa.
Shu tace.
Quando varca la soglia di casa sente al tempo stesso i muscoli sciogliersi una volta che si trova in un ambiente intimo e privato, e il proprio non riuscire a rilassarsi del tutto mentre Kagehira lo anticipa nel liberarsi delle scarpe e nel guadagnare l’entrata effettiva dell’abitazione. Gli sta dicendo qualcosa ma, Shu deve essere sincero almeno con se stesso, ha perso il filo del discorso poco prima di raggiungere casa. Le parole di Aoba gli risuonano ancora nella testa mentre guarda di sottecchi Mika che si sta voltando verso di lui, il sorriso a incurvargli le labbra; Kagehira ha sempre avuto questa cosa di guardarlo come se lui fosse il punto di luce maggiore, la Stella Polare. Shu ci si è abituato, per cui non crede la cosa possa essere indicativa di un regalo di San Valentino, senza contare che Kagehira non aveva alcun motivo di darglielo anonimo e in segreto quando poteva avere tutto il tempo e la discrezione del mondo lì a casa.
«Oshi-san?»
«Dimmi, Kagehira.»
«Uh… oggi ho dato dei cioccolati a Nazu-nii e a Naru-chan, per San Valentino.» glielo dice con un sorriso semplice, uno a cui Shu non trova alcuna implicazione particolare e che riflette appieno l’altro: tipico di Kagehira distribuire cioccolatini agli amici stretti, alle persone a cui si sente legato. Ma poi Kagehira lo guarda, indugia torturandosi le mani, e infine ne allunga una verso di lui per andare a prendergli la manica con due dita. E’ appena uno sfiorarsi, ma basta a farlo irrigidire per un istante: se c’è un momento per andare nel panico, Shu è convinto che sia questo.
«Oshi-san…?»
La voce di Mika è preoccupata, lo sente chiaramente; la conosce in ogni sfumatura e in ogni nota, sarebbe impossibile per lui non coglierne anche la minima inflessione. Sono i sentimenti dietro a essere sempre stati un problema - non li ha mai davvero capiti, li ha ignorati, li ha calpestati persino. Come potrebbe comprenderli ora, e saperli accettare, incastrarli al meglio con i propri?
E’ impossibile, specie non sapendo quali siano, i propri.
«Kagehira» pronuncia, la gola secca come se avesse fatto una cosa poco elegante come correre dall’accademia a casa «il pacco nell’armadietto» inizia, ma Mika lo interrompe: la sua mano non lo sfiora più, ma prende direttamente la sua, con l’innocenza tipica di un ragazzo semplice che non ha mai nascosto la sua adorazione per lui.
«Li hai trovati, Oshi-san? Ti sono piaciuti?» ci sono l’entusiasmo e l’aspettativa nei suoi occhi, così come anche il genuino desiderio di sapere, di avere una risposta. La mente di Shu va alla sua borsa, nella mano che non è in quella di Kagehira, dove il pacchetto è ancora integro e incartato così come lo ha ricevuto.
Guarda il ragazzo di fronte a sé, e non è pronto a conoscere i sentimenti dietro quel regalo: potrebbe essere gli stessi che Kagehira ha sempre avuto nei suoi confronti ma potrebbero anche non esserlo, essere cambiati e potrebbero essere qualcosa di troppo grande che lui non sarebbe in grado di gestire. Indugia, per un momento, le labbra socchiuse senza sapere cosa dire.
«Kagehira.» pronuncia infine «Non sapevo fossero tuoi… non li ho ancora mangiati.» ammette.
Mika lo guarda sorpreso, inclinando appena la testa di lato: «Uh? Non c’era un biglietto? Tsukinaga-senpai mi ha anche aiutato!»
Ah. Tsukinaga.
Naturalmente.