Artificial heartbeat (M3, week 4)
Mar. 17th, 2022 10:52 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Prompt: scienza (magia/scienza)
Missione: M3 (week 4)
Parole: 900
Rating: gen
Warnings: //
Il suono fisso del macchinario dal quale Aki non si stacca nemmeno per mangiare lo accoglie appena la porta automatica si apre dopo la lettura del sensore. La prima volta che Ian ha avuto a che fare con lui è stato quasi inquietante, visto che nessuno si era preso la briga di spiegargli a cosa stesse andando incontro.
Di Akihisa aveva sentito dire pochissimo e, tra quelle poche voci in circolazione, era sempre stato difficile capire quali fossero dovute a reali testimonianze e quali fossero state invece dettate da una curiosità mai sedata. Così, rimbalzando da un pettegolezzo all'altro, le uniche cose di cui Ian era certo quando era andato a conoscerlo erano tre: Akihisa era di origini giapponesi. Akihisa era un suo coetaneo. Chiunque nella sezione investigativa incappasse in un vicolo cieco durante un'indagine andava da lui e, con un'inquietante percentuale di successo dell'95,8%, alla fine il caso veniva risolto. Tutto il resto erano dicerie improbabili ma, al tempo stesso, non del tutto impossibili.
Dopo il primo incontro Ian aveva capito che erano tutte pericolosamente vere.
«Fermo.» sentenzia la voce di Aki, senza nemmeno alzare lo sguardo dallo schermo «Non calpestare niente.» aggiunge ed è allora che Ian nota dei fogli ai suoi piedi. Se conoscesse Aki da meno tempo, direbbe che sono messi in modo casuale. Purtroppo sa bene che c'è semplice disordine, lì dentro - o almeno può esserlo agli occhi di chiunque, ma nella testa di Aki quello è un ordine preciso, un'organizzazione meticolosa. Così a Ian non resta che muoversi cercando spazio dove possibile, per potersi avvicinare abbastanza da allungare un cestino del pranzo.
«Doc dice che se non mangi chiude il laboratorio a chiave stanotte.» butta lì, consapevole di quanto quella sia l'unica minaccia capace di funzionare con l'altro. Aki non alza subito gli occhi su di lui, ma si prende tutto il tempo di appuntare qualcosa dallo schermo al quaderno che ha davanti. Solo allora sospira, rilassa le spalle e abbandona la penna.
Sono in pochi a usare ancora carta e inchiostro. Ian lo ha pensato quando la prima volta è entrato in laboratorio per recuperare i dossier dell'unità 3, quella a cui appartiene e nella quale sono relegati i casi peggiori di cui la squadra investigativa non si è potuta disfare per questioni di leggi e accordi, ma i cui membri non sono bene accetti da almeno metà edificio. Casualità a non finire sono successe in ogni singolo caso di cui si sono occupati, tanto da far spesso passare in secondo piano la risoluzione dello stesso. Così nessuno si è opposto a mandare Ian lì dentro, forse convinti dalle dicerie che difficilmente ne sarebbe uscito intero - con il senno di poi capisce bene perché: Akihisa farebbe esperimenti su chiunque se solo avesse la certezza che possano essere d'aiuto alla sua ricerca.
Anche la prima volta lo ha trovato così: chino su dei fogli a cui ormai chiunque altro ha sostituito database digitali. Li ho in doppia copia, gli ha spiegato quando glielo ha chiesto, il digitale non è indistruttibile.
Aki lo sta guardando e tende la mano verso di lui, in attesa del cestino del pranzo. Ian gli fa un cenno verso la scrivania e lo vede mentre alza gli occhi al soffitto ma, nonostante tutto, gli fa spazio mettendo da parte i suoi appunti. Una volta che c'è abbastanza superficie libera Ian ci poggia il cibo, recuperando l'unica altra sedia presente e mettendocisi sopra.
Mentre lascia che Akihisa scelga da cosa iniziare il pasto, lo sguardo si sposta per il laboratorio soffermandosi sulle cose che più hanno attirato la sua attenzione fin dalla prima volta: un'intera parete occupata da una lavagna piena di calcoli e grafici; tre mensole a ospitare provette perfettamente ordinate ed etichettate; strumenti di cui non saprebbe capire l'utilizzo nemmeno dopo due ore di spiegazione. Poco oltre Aki, l'occorrente per i prelievi di sangue.
«Come va la ricerca?» domanda, per sentirsi rispondere con il solito «Prosegue» che vuol dire tutto e niente, insieme alla vaga scrollata di spalle dell'altro. Dopo incontri su incontri - molestie, le ha chiamate Aki facendogli scoprire che wow, aveva anche un senso dell'umorismo! - Ian ha capito le verità altrui. Anche quelle scomode che forse Akihisa non gli avrebbe mai raccontato, ma che almeno ha lasciato alla sua mercé qualora si fosse rivelato il buon osservatore che è davvero.
Akihisa è di origini giapponesi, anche se gli occhi verdi direbbero il contrario. E' un suo coetaneo ma probabilmente non vivrà altrettanto a lungo a causa della mutazione genetica a cui è stato sottoposto da esperimenti di terzi, il caso più lungo a cui il dipartimento si sia mai dedicato e l'unico rimasto irrisolto. Akihisa è un bambino prodigio: a dieci anni Doc lo ha preso con sé e lo ha reso una sua mini-copia che ora è lo scienziato con il più alto quoziente intellettivo. Non ci sono macchinari, calcoli, analisi a cui l'altro non sappia dare un perfetto senso e una magistrale interpretazione. Akihisa fa esperimenti su se stesso, perché per quanto i pettegolezzi dicano il contrario, ha troppa paura di uccidere qualcuno nel processo per farlo sugli altri.
Ian allunga una mano e gli sposta una ciocca di capelli. Il bip del macchinario che misura i battiti di Akihisa gli rimanda il suono regolare di un cuore che pulsa solo grazie alla scienza che lo tiene in vita.