Along the way (COWT14, week 6, M4)
Apr. 13th, 2025 11:04 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
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Guardando davanti a sé in quel momento, Hajime suppose che se avessero avuto un rapporto di qualche tipo ai tempi del liceo, sarebbe stato molto più abituato a quello a cui stava assistendo da un paio di minuti. Scesi al piano terra all'orario corretto rispetto a quello che gli era stato comunicato per avere la cena servita, avevano mangiato non nelle migliori condizioni - ossia con poco meno di un silenzio selettivo che interrompevano solo per qualche commento di poco conto - ma Hajime aveva supposto non potesse andare molto meglio di così. Di certo non aveva avuto alcuna intenzione di mettersi a fare chissà quale discussione o scenata lì, perciò aveva mandato giù il boccone amaro insieme alla cena che invece era stata decisamente ottima.
Erano usciti per tornare in camera quando avevano incrociato una conoscenza di Oikawa: da quanto aveva capito Hajime, si trattava di un kohai dell'università, perciò aveva lasciato loro il giusto tempo per parlare. Non sembrava una conversazione destinata a durare a lungo, ma due cose erano piuttosto evidenti persino per lui che non conosceva il ragazzo più giovane e di sicuro non poteva vantare un rapporto di chissà quale tipo con lo stesso Oikawa: il suo kohai sembrava decisamente perso, non al punto di un innamoramento magari, ma era chiaro fosse (stato?) invaghito di Oikawa. Quest'ultimo invece sembrava incredibilmente... freddo.
Hajime lo vide fare un gesto con la mano che sembrava interrompere qualunque cosa il ragazzo stesse dicendo; quello provò ad allungare la mano verso il braccio di Oikawa, forse per fermarlo nel suo movimento con cui stava chiaramente iniziando ad allontanarsi, ma Tooru si scostò. Non fu particolarmente brusco, ma non fu nemmeno naturale e persino il ragazzo se ne rese conto. L'ex pallavolista gli rifilò un sorriso di circostanza e pronunciò un saluto veloce, prima di avvicinarsi a Hajime; fu sorpreso nel vedersi prendere sotto braccio e nel sentirlo pronunciare un allegro «Eccomi Iwa-chan, scusami! Andiamo?» al quale non poté fare altro che annuire, iniziando a camminare con lui senza guardarsi indietro.
Si aspettava che girando l'angolo Oikawa lo lasciasse andare subito, invece quando arrivarono davanti alla porta della camera non lo aveva ancora fatto. Fu sufficiente chiudere la porta per sentire il braccio di Oikawa scivolare via dal suo. Quando Hajime lo cercò con lo sguardo, si accorse che l'altro sembrava del tutto intenzionato a fare finta che non fosse successo nulla, quantomeno al fine di tornare a ignorarlo. Sospirò, premurandosi di essere più che udibile e vide l'altro irrigidire le spalle.
«Per un attimo pensavo fosse un kohai dei tempi del liceo» decise di rompere il ghiaccio, perché dubitava sarebbe stato Oikawa a farlo «ma a meno che non fosse qualcuno della vostra squadra, non credo.»
Dava abbastanza per scontato che sarebbe stato ignorato, invece un po' a sorpresa Oikawa sospirò a sua volta prima di replicare con un: «No. Si è immatricolato alla mia università lo stesso anno in cui io mi sono laureato.» a conclusione del quale Hajime notò che il sorriso sulle labbra dell'altro non esprimeva affatto né la contentezza di averlo rivisto, né chissà quale affetto per i ricordi legati al ragazzo in questione. A piegargli le labbra, invece, era un sorriso amaro.
«So cosa stai pensando, tanto vale tu me lo chieda.» aggiunse Oikawa, senza guardarlo. Hajime non era meno seccato per quello che l'altro aveva detto in precedenza, dando inizio alla discussione che li aveva portati a questo umore decisamente spiacevole per tutti e due, ma dal modo in cui l'altro parlava sembrava quasi aspettarsi un giudizio di qualche tipo.
«Non devi per forza parlarmene.» gli fece notare «Penso che basti avere due occhi che funzionano per vedere che quel ragazzo di sicuro ha avuto o ha ancora una cotta per te, ma chi non l'ha avuta al liceo? Si sentiva il tuo nome in qualsiasi classe, non importava di che anno, e in ogni caso non è una cosa che dipende da te o di cui dovresti essere responsabile.» proseguì, deciso a evitare qualsiasi tipo di fraintendimento. Davvero non ne avevano bisogno.
Si accorse che Oikawa aveva fermato i movimenti, una mano a mezz'aria in un gesto indeciso - se continuare a recuperare il cambio per andare a dormire o restare ad ascoltarlo, suppose. Fu sorpreso di sentirlo sbuffare divertito, per quanto non gli sembrava ci fosse nulla da ridere nel proprio discorso.
«Mattsun lo aveva detto» se ne uscì Oikawa «quella volta che tu e Makki siete venuti a vedere la partita, nello spogliatoio. Qualcosa sul fatto che questo Iwaizumi, della sua classe, probabilmente sapeva a stento chi ero perché non era il tipo da dare troppo ascolto ai pettegolezzi nel corridoio e che se non ci avesse pensato il resto della scuola a ricordargli costantemente il secondo genere di alcune persone, non se ne sarebbe mai ricordato da solo.» riportò Oikawa e Hajime non ebbe il minimo dubbio che dicesse la verità. Anche solo perché aveva davvero affrontato quel discorso con Matsukawa in passato, proprio ai tempi della scuola - forse a Oikawa all'epoca era stato omesso che la conversazione fosse nata da quel tira e molla tra Matsukawa e Hanamaki andato avanti fin troppo a lungo per i gusti di tutti quelli che li conoscevano. A prescindere dalla motivazione, tuttavia, Hajime si ricordava di quello scambio e si stupì del fatto che fosse stato riportato all'altro. O per meglio dire, non riusciva a immaginare davvero la situazione in cui potesse uscire fuori quell'argomento - a meno che, all'epoca, Oikawa non avesse chiesto informazioni su di lui ma non gli sembrava troppo plausibile o sensato.
«Perché non mi è mai interessato.» decise di replicare, quantomeno per cercare di capire dove stesse andando a parare quel discorso, per quanto possibile «Anche per questo viaggio, non avevo una preferenza su chi viaggiare. Prima che tu lo dica, certo, lo so anche io che essere un Beta mi rende più facile fare questo discorso.» lo anticipò prima che Oikawa potesse avere un'altra uscita infelice delle sue e forse gli era uscito un pelo più piccato di quanto avrebbe voluto, ma l'altro non sembrava intenzionato ad attaccare briga al momento. Si era solo girato verso di lui per guardarlo mentre parlava, senza muovere un passo in sua direzione però.
Capì che per adesso era il massimo che poteva ottenere: «Proprio per questo però non me ne è mai fregato niente di cosa fossi. Alla fine noi siamo la maggioranza, tra i secondi generi, e siamo considerati la media in tutto. Penso che Matsukawa si sia sempre sentito in difetto per certi aspetti, perché un po' tutti voi Alfa venite abituati al fatto di dover eccellere sempre e comunque e lui stava iniziando a rimetterci la salute a forza di allenarsi in quel modo sconsiderato.» osservò, senza preoccuparsi affatto di mascherare come fosse del tutto convinto di essere nel giusto. Vide Oikawa aprire la bocca, di certo per ribattere, ma alzò una mano nella muta richiesta di tacere e lasciarlo finire. L'altro non ne era contento, lo vide da come serrò un poco la mascella, ma apprezzò il suo restare in silenzio e in attesa del resto.
«Perciò gli ho detto di farla finita, non è che si sfondava un ginocchio poi gli davano una medaglia. Basta con questa storia che se non arrivate primi allora non valete, così come tutta la merda che si è preso Hanamaki per essere un Omega ha sempre fatto schifo e sempre lo farà. Non posso cambiare il pensiero di tutti, ma posso almeno inculcare nella testa degli amici quanto tossica sia questa roba.» concluse, con più fermezza, quasi sfidando Oikawa a dirgli di avere torto. Ma nel tornare a guardarlo dritto negli occhi, non trovò né incredulità vera e propria né derisione sul viso dell'ex pallavolista. Oikawa sembrava più che altro colpito, come se qualcosa di cui aveva sempre e solo sentito nei racconti e che forse immaginava fosse stata romanzata, si fosse appena compiuta davanti ai suoi occhi dimostrandogli che era sempre stata realtà e non una cosa detta tanto per. In quel suo discorso dovette ritrovare qualcosa - o molto - del discorso di Matsukawa, perché non sembrava sorpreso del contenuto di per sé ma dal fatto che qualcuno fosse davvero capace di dargli voce credendoci.
Dopo qualche secondo, Hajime lo vide prima sorridere appena. Poi sbuffare divertito l'accenno di una risata che stava cercando di tenere per sé. Infine, lo vide girarsi dall'altra parte, forse per non dare a vedere di averlo fatto cedere alla risata silenziosa che gli faceva muovere appena le spalle: «Sei veramente incredibile, Iwa-chan.» commentò quando fu certo di poterlo fare senza dargliela vinta «Anche se rimani uno stronzo per avermi detto che ti faccio tristezza.»
«Quello te lo sei meritato.» rimbeccò senza esitazione «Mi hai guardato dall'alto in basso come tutti gli Alfa stronzi fanno, quindi ti ho trattato come ti meritavi.» commentò, perché per quanto preferisse avere un dialogo non sarebbe stato lì a fargliela passare. Si erano feriti a vicenda con commenti sgradevoli, ne erano entrambi consapevoli e lo avevano fatto coscienti di ciò che stessero dicendo. Non avrebbe fatto finta di nulla solo perché era più comodo e, a giudicare dall'espressione sul viso altrui, anche se aveva di sicuro da ridire doveva essersi reso conto anche lui di non essere stato un esempio di gentilezza.
O almeno Oikawa ci aveva provato, perché sentì comunque il bisogno di dirgli: «Ma è vero che per te è facile parlare. Sono bei discorsi, Iwa-chan, davvero.» sembrò voler mettere le mani avanti per evitare un'altra discussione, per quanto la premessa non facesse comunque ben sperare Hajime «Sul non essere responsabile di nulla se faccio le cose come vanno fatte, oppure riguardo l'essere legittimato a non fare sempre tutto alla perfezione. Sono discorsi che ti rendono un grande amico, ma anche uno molto idealista. Il resto del mondo non è così gentile.» gli fece notare con, di nuovo, quel sorriso amaro a piegargli le labbra.
Quello era un aspetto che Hajime aveva sempre trovato irritante. Non di Oikawa, né di Matsukawa nello specifico, ma del contesto generale in cui entrambi - tutti loro, anzi - si muovevano e che portavano a quel tipo di pensieri. Non importava quanto Hajime o chiunque altro al suo posto si impegnasse a inculcare un messaggio di quel tipo, a essere di supporto; il resto del mondo avrebbe sempre reso inutile i suoi sforzi, riuscendo ad avere molta più forza nell'imprimere certe convinzioni nella mente delle persone e nel dimostrargli ogni giorno che a dispetto delle belle parole, la realtà era sempre diversa. Lo irritava perché non sapeva come combattere un sistema ed era consapevole di non avere le forze per farlo; di essere uno tra tanti, una voce che poi finiva col perdersi nella folla.
Si mosse, raggiungendo l'altro e piazzandoglisi di fronte, notando solo di sfuggita come Oikawa avesse mosso un mezzo passo indietro. Non che il letto alle sue spalle gli concedesse molto di più in ogni caso.
«Chi se ne frega del resto del mondo?»
«Oh, andiamo.» ribatté più secco Oikawa «Non abbiamo quindici anni, cosa vuol dire "chi se ne frega del resto del mondo". Ci vai tu a parlare con mio nonno? O con i padri di altri Alfa che li crescono per tutta la vita con uno scopo già deciso e che di solito è ereditare l'impero che si sono creati negli anni? Glielo dici tu, che l'importante è quanto i loro figli facciano ciò che amano o che va bene se anche falliscono, dopotutto cosa importa?» iniziò a pronunciare Oikawa, ma più andava avanti e meno suonava come una provocazione per Hajime. Assumeva la forma di una diga che si crepava sempre di più sotto la pressione, una che Hajime era consapevole di non riuscire nemmeno a immaginare e di aver potuto forse osservare in parte da Matsukawa negli anni ma nulla di più. Lui aveva trovato il modo di arginarla e di non farla spezzare, aveva trovato la sua dimensione con Hanamaki o era stato solo più fortunato nella propria famiglia. Oikawa sembrava come quella diga: Hajime non riusciva a capire chi si sarebbe spezzato prima, ma era sicuro che in ogni caso sarebbe stato un mezzo disastro.
«Non avrebbe senso se glielo dicessi io.»
«Non ha senso che glielo dica nessuno.»
«Quindi la soluzione è avere una crisi di nervi ogni volta che qualcuno tocca un tuo nervo scoperto? O è fingere che non sia mai esistito il diciassettenne che quando ha perso una partita di pallavolo sembrava lo avessero appena condannato a morte?» puntualizzò, perché se doveva comunque spezzarsi una cosa tra le due sperava di far sì che fosse la diga, prima dello stesso Oikawa.
Capì di aver appena punto sul vivo quando vide Oikawa lanciare in malo modo quel che aveva in mano sul letto e fare quel mezzo passo di nuovo in avanti, verso di lui. Fu sorpreso di sentirsi prendere per la maglia, proprio come lui stesso aveva fatto con Oikawa sull'imbarcazione. Il viso altrui a poca distanza dal suo, lo sguardo di chi forse stava dibattendo con se stesso se dargli un pugno in viso o buttarlo direttamente giù dal balcone della stanza. Per un attimo Hajime si chiese se sarebbe stato diverso, se le loro strade si fossero incrociate molto prima o in maniera più significativa di come avevano fatto. Oppure se sarebbe stato più facile, con un viaggio più lungo e molta più strada - fisica, in questo caso - da percorrere. Se ore e ore in macchina avrebbero reso quella conversazione meno complessa, aiutati dalla stanchezza o dalla convivenza forzata per molto più tempo.
«Allora visto che sei così bravo, vai pure a dire alla mia famiglia che ho tutto il diritto di scegliere la mia strada o che anche se sono un Alfa preferirei farmi sbattere piuttosto che mettere incinta un Omega di qualsiasi sesso.» commentò crudo Oikawa. Quello Hajime non se lo aspettava - si maledì perché il fatto stesso che lo stupisse scoprire che Oikawa preferiva essere passivo nella sfera sessuale la diceva lunga su quanto anche lui, nonostante tutto l'impegno, fosse ancora fortemente influenzato da tutto il contesto sociale. Serrò la mascella, irritato anche con se stesso, prima di tornare a guardare Oikawa dritto negli occhi.
«Diglielo.»
«Come no.» ribatté Oikawa lasciandolo andare, ma Hajime fu veloce nel prendergli un braccio per evitare che si allontanasse facendo cadere un discorso che invece era importante. Era come se sapesse di essere vicino a rompere quella diga definitivamente e pensava - sperava, egoisticamente - che lo avrebbe aiutato: «Cosa frega a tuo nonno di cosa fai con la gente che ti porti al letto?!»
«Anche alla gente interessa! Credi sia così facile?!»
«Lo sarebbe se smettessi di lagnarti senza fare niente!»
«Vai a farti fott--»
Hajime aveva avuto idee migliori nella sua vita e non era mai stato un grande fan del cliché dei film romantici di quarta categoria in cui si zittiva qualcuno baciandolo. In un momento romantico di queste pellicole tutto sarebbe scomparso intorno a loro e il bacio avrebbe assunto tinte più sentimentali, mettendo tutto il resto a tacere. Invece con Oikawa Tooru niente poteva essere semplice e Hajime prima si sentì mordere il labbro inferiore e poi spintonare indietro.
«Sei uno stronzo!» sbottò Oikawa, arrabbiato e forse anche disperato.
Un attimo dopo Hajime fece qualche passo indietro, alla cieca, fino a sentire la propria schiena cozzare contro la parete della cabina armadio e le labbra di Oikawa furono di nuovo sulle sue.
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C'era poco di romantico e molto di disperato, in un certo senso, e non era il tipo di sesso a cui Hajime si sarebbe prestato in condizioni normali. Una parte di lui, quella più razionale in effetti, aveva capito subito che Oikawa non si fosse certo scoperto all'improvviso con una storica cotta per lui né che avesse visto in quel pernottamento l'occasione per concretizzare finalmente qualcosa di lasciato in sospeso dai tempi del liceo.
Sentì Oikawa pronunciare impaziente un «Hajime» con tono basso, mentre avvertiva il suo corpo tendersi sotto il proprio e sotto i tocchi della mano. Il corpo di Oikawa era esattamente come ci si aspettava quello di una persona che per anni aveva consacrato la sua esistenza allo sport, nonostante poi non ne avesse fatto una professione. Era anche il fisico che ci si aspettava da un Alfa, forse, ma Hajime non voleva pensarlo in quei termini, categorizzarlo in quel modo che all'altro stava così stretto. Non faticava a comprendere quanto dovesse essere complicato per lui, quanto gli sembrasse di percorrere costantemente una strada in salita di cui non si riusciva a scorgere la cima. Oikawa era un uomo da cui tutti si aspettavano un carattere dominante che si estendesse anche alla sfera intima, cozzando con prepotenza con una preferenza personale che nessuno avrebbe dovuto avere il diritto di giudicare. Il modo in cui il corpo di Oikawa aveva risposto ai baci prima, alle mani sotto la stoffa poi, avevano detto a Hajime più di quanto avrebbe mai potuto tirargli fuori con le parole. Non era sottomesso nel senso più dispregiativo del termine, affatto. Era attivo e ricettivo, non restava certo inerme ad aspettare che Hajime lo toccasse o lo baciasse; lo cercava, ricambiava le attenzioni, lo toccava con lo stesso desiderio con cui Hajime pensava di star facendo lo stesso.
La carica erotica di Oikawa era qualcosa di impossibile da ignorare, ma nel modo in cui le sue mani lo stavano toccando e soprattutto nell'urgenza con cui il suo corpo continuava a cercare insistentemente il suo, Hajime riconosceva un desiderio simile ma diverso. Oikawa, probabilmente, ora come ora lo vedeva al pari di ciò che aveva sempre voluto ma non aveva osato dire ad alta voce. Non Hajime di per sé, ma ciò che rappresentava - qualcuno disposto a fare sesso con lui senza curarsi di quali ruoli la società avrebbe dovuto imporgli, ma rispettando soltanto quello che il partner voleva. Se Oikawa Tooru, un Alfa che era di certo nelle mire di molti e nei sogni di altrettanti, voleva sentire il peso di un corpo maschile contro il suo e le dita scivolare dentro di lui per prepararlo a una penetrazione, Hajime non aveva motivo per non dargli esattamente quello che voleva.
Avrebbe potuto negarglielo se non lo avesse desiderato, ma non trovava una chimica sessuale del genere con qualcuno da anni.
«Hajime» mormorò di nuovo Oikawa, il tono rauco, spingendo il bacino contro di lui. Hajime si lasciò scivolare tra le labbra un sospiro pesante, muovendo le dita dentro di lui, mordendogli piano il collo. Non era certo per sottomissione, né per emulazione - di pessimo gusto, tra l'altro - del morso di un Alfa verso un Omega. Era solo un modo di farsi sentire, di essere presente, di desiderarlo mentre Oikawa si concedeva un gemito inarcando appena la schiena. Lo sentì muovere le gambe, impaziente. Avvertì la sua mano sulla propria nuca, le dita tra i capelli neri corti e una spinta verso il basso; si lasciò guidare fino alla bocca altrui, non perdendo tempo nell'inutile tentativo di mantenere il bacio casto o breve, non avendone comunque alcuna intenzione. Accolse la lingua di Oikawa nella propria bocca e lo baciò con la stessa irruenza che l'altro cercava, per quanto non si fossero esplicitamente parlati di alcuna preferenza. Ma capiva dal solo linguaggio del corpo dell'altro che non volesse essere trattato con inutile delicatezza, con il riguardo che si sarebbe potuto rivolgere a un amante inesperto o insicuro. Sapeva cosa voleva e lo voleva da Hajime e non c'era alcun bisogno, al momento, di fingere che non fosse così.
Sfilò le dita da dentro di lui quasi nello stesso momento in cui, staccando le labbra da quelle di Oikawa, lo sentì farsi scappare un gemito più alto dei precedenti. Non gli chiese di nuovo se fosse sicuro, perché non avrebbe sortito un grande effetto; si spinse dentro di lui, più lentamente che poté, sentendolo stringersi attorno alla propria erezione d'istinto. Si morse l'interno della guancia, forte, per non venire in maniera veramente poco dignitosa. Inspirò profondamente, più volte, rimanendo immobile quando sentì di averlo penetrato del tutto.
Quando iniziò a spingere, si rese conto che contro ogni aspettativa, Oikawa era molto meno vocale di quanto si sarebbe potuto pensare. Non che fosse una legge scritta, il fatto che una persona dalla chiacchiera facile dovesse per forza essere loquace anche durante il sesso, ma nella testa di Hajime per chissà quale motivo le due cose si erano accavallate in qualche modo. Invece Oikawa comunicava molto di più con i gesti: nel modo in cui aveva stretto le gambe attorno ai suoi fianchi, per tenerlo vicino; in come le sue braccia non avevano mai smesso di restare lì ancorate alle sue spalle, o come le sue dita sembravano voler lasciare delle impronte visibili sul suo corpo quando le spinte di Hajime toccavano il punto giusto. Oppure, ancora, comunicava anche con il semplice chiamarlo per nome o nel cercare con la bocca ora il suo collo, ora il suo orecchio. Nel modo, semplice e istintivo, in cui il respiro solleticava la pelle di Hajime o la bocca trovava la sua come in una preghiera muta.
Comprese di aver individuato il punto più sensibile dentro di lui quando a Oikawa si mozzò il respiro in gola per qualche secondo, in cui annaspò in cerca di aria e poi sembrò perdere tutte le forze per un istante appena. Lo avvertì stringerglisi addosso in ogni senso possibile, la sua bocca di nuovo sulla propria, quel «Ancora» e quel «ti prego» che suonavano come un ordine e una supplica al tempo stesso. Spinse ancora, ancora, ancora fino a quando anche la voce di Oikawa finì col farsi sentire sul serio. Sentì Oikawa venirgli contro lo stomaco, bollente e con un tremore leggero delle gambe stanche; non fermò comunque il movimento del proprio bacino, raggiungendo l'amplesso con poche altre spinte e le mani di Oikawa che sembravano incapaci di lasciarlo anche quando le sue energie erano ormai venute meno.
I respiri velocizzati, ci volle qualche secondo perché Hajime si accorgesse che le dita di Oikawa tra i capelli erano scivolate via, sfiorandogli appena le spalle e sostando lì senza forze. Alzò appena il viso che aveva affondato nel collo altrui, cercando di spiarne l'espressione: aveva la pelle imperlata di sudore, il petto continuava ad alzarsi e abbassarsi e le labbra erano socchiuse. Gli occhi aperti, verso il soffitto, senza che lui riuscisse a capire davvero quali pensieri gli stessero affollando la mente.
*
Aprì gli occhi lentamente, incontrando troppa luce e ritrovandosi a chiuderli quasi subito d'istinto. Gli ci volle qualche momento per abituarsi sia all'idea di non poter ignorare di essere sveglio, né alla consapevolezza che non si sarebbe riaddormentato più, conoscendosi. Si girò pigramente, in modo da ritrovarsi su un fianco e solo allora tentò di aprire gli occhi una seconda volta. Gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco e capire in quale posizione si trovasse Oikawa.
Seduto sul materasso, ancora lì accanto a lui, l'altro letto su cui avevano fatto sesso del tutto sfatto e lasciato al suo destino approfittando dell'altro dopo la doccia veloce che avevano fatto. Le lenzuola a coprirgli le gambe, il busto scoperto e con ancora diversi dei segni di cui Hajime era consapevole di essere l'autore, aveva il viso girato verso la finestra. Non si stupì di trovarlo così al risveglio: intento a guardare un oceano dal quale, lungo tutta la strada che avevano fatto, era sembrato sempre attirato. L'altro dovette accorgersi del movimento perché si voltò a cercarlo con lo sguardo: quando ebbero finalmente un contatto visivo, senza una parola, Oikawa tornò a stendersi sistemandosi a sua volta su un fianco, per fronteggiarlo.
Tacquero entrambi, senza che Hajime sapesse cosa dire o cosa l'altro si aspettasse che dicesse. Senza reale sorpresa, fu comunque Oikawa a prendere parola per primo.
«Abbiamo il check-out tra cinque ore.»
«...tra cinque?»
«Sono le sei.» spiegò quello, osservandolo.
Hajime sospirò, chiudendo gli occhi per un momento. Non si aspettava di sentire delle labbra sulle sue, seppure per un tocco breve; quando guardò di nuovo Oikawa, l'altro sembrava del tutto a suo agio.
«Questo cos'era? Il buongiorno?» chiese, senza ironia.
«Potrebbe» replicò Oikawa «O potrebbe essere la richiesta di fare di nuovo sesso.»
«Romantico.» ironizzò stavolta Hajime, vedendolo però sbuffare divertito mentre una sua gamba si insinuava tra le proprie - senza davvero sfiorargli nessuna parte troppo sensibile, al contrario di come fece la mano che di lì a poco sentì sfiorare in una carezza neanche troppo velata il suo interno coscia.
Oikawa lo osservò, senza alcuna provocazione; c'era qualcosa di sensuale nel modo naturale con cui ora, dopo aver fatto sesso una volta, non sembrasse sentirsi più in difetto nel chiedere quello che voleva anche solo con i gesti.
«Sarebbe un'idea pessima?» lo sentì mormorare, il viso abbastanza vicino da essere perfettamente udibile anche così. Hajime tacque, soppesando la cosa: sarebbe stata un'idea pessima? Per quanto ne sapeva sì, ma sarebbe potuta essere anche quella migliore di tutte. Non sapeva dove li avrebbe portati, né tantomeno se si sarebbe rivelata il principio di un disastro. Non aveva la minima percezione di come sarebbe stata affrontata la questione se da "aver fatto sesso un paio di volte" si fosse trasformata in qualcosa di più serio. D'altra parte non doveva saperlo. Non era tenuto lui, come non lo era Oikawa. Nessuno pretendeva che decidessero ora.
Hajime allungò una mano sotto le lenzuola, fino a raggiungere il polso di Oikawa; guidò quella mano che lo aveva sfiorato poco più verso il centro, fino al proprio membro, rifilando all'Alfa un sorrisetto sghembo prima di vederlo sorprendersi per un istante e sentirsi baciare quello dopo.
La strada poteva essere lunga, in salita e senza una meta concreta. Per ora, però, l'unica di cui si sarebbe preoccupato sarebbe stata quella del ritorno verso casa.