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Fandom: tsukipro
Prompt: storia divisa a metà (due pov) + arranged/political marriage (m4)
Rating: verde
Parole: 2175
Warnings: medieval!au



Mentre il futuro re attende nella stanza dove si suppone dovrebbe arrivare il suo futuro sposo, lui che è una semplice guardia deve dire che la scelta non si è rivelata assolutamente quella che tutti i presenti si erano forse aspettati. 

Il regno era grande, prospero; il padre del principe aveva fatto del suo meglio da quando era stato incoronato - e lui lo ricorda bene, era poco più di uno scudiero all'epoca e lui e il re sono vicini di età -, prendendo a cuore ogni problema del suo popolo e ogni loro bisogno. Un matrimonio combinato lo aveva unito alla regina tanto amata e dalla quale era stato affiancato, dalla quale aveva avuto un erede maschio che tutto il regno aveva festeggiato con la stessa gioia rivolta a un proprio figlio o forse persino di più. Lui, in quanto guardia, aveva visto quel principe crescere in un uomo giusto, forte e onesto come suo padre, gentile e attento ai bisogni altrui come sua madre; la sua bellezza aveva fatto sì che divenisse famoso anche al di fuori del suo regno ben prima della sua prima apparizione in società: i capelli biondi e gli occhi azzurri, la pelle chiarissima a renderlo ancora più etereo erano solo alcuni dei pregi fisici decantati e di cui era giunta voce persino alle guardie. Nonostante questo, il principe Koki aveva sempre mantenuto una dignità e un'umiltà che non avevano fatto altro che aumentare l'apprezzamento e la lealtà nei suoi confronti.

Anche per questo oltre che per il legame affettivo che i suoi sudditi e servitori sentivano per quel principe, lui in quanto semplice guardia aveva desiderato come tanti la sua felicità anche nel matrimonio. Tuttavia in un'epoca come la loro fatta di matrimoni di convenienza e spesso di esigenza politica, era difficile trovare sempre la gioia e l'amore. Lo stesso re aveva forse cercato di preservare il figlio più possibile da questa eventualità eppure, infine, lo stesso Koki si era detto favorevole. Lui, tra altre guardie presenti, era nella stanza privata del re quando i due avevano affrontato il discorso.

«Padre» aveva detto il principe «non dovete preoccuparvi per me. Non la avverto come una costrizione, se si tratta solo di incontrare i pretendenti e decidere se tra loro qualcuno attira le mie attenzioni.» aveva assicurato.

Il principe, di quando in quando, aveva confidato alcuni pensieri alla sua guardia più vicina, ossia lui; pochi anni prima, ancora negli strascichi della fanciullezza, aveva detto «Non credo di poter avere la stessa fortuna di mio padre e mia madre.» con la consapevolezza di un adulto negli occhi chiari «Quando presenziamo ai balli, non importa a quante giovani io chieda di ballare e quanti giovani vogliano parlare con me. Sento che manca sempre qualcosa, non in loro come persone, ma in me.» aveva ammesso con un sorriso mesto, o forse soltanto rassegnato, e lui si era sentito impotente. D'altronde, però, una guardia non aveva il compito di esprimere giudizi o ficcanasare, solo di proteggere. Erano i consiglieri a dover, eventualmente, indirizzare i sovrani verso le scelte più sagge o verso le soluzioni.

Chi avrebbe mai detto, invece, che il principe Koki all'epoca così disilluso avrebbe un giorno atteso nella sala secondaria la persona scelta tra tanti? E, soprattutto, nessuno avrebbe mai potuto anticipare che tale persona sarebbe stata l'erede di un regno piccolo, con ben poco da offrire se non la lealtà, la fedeltà e... una canzone. Tutta la sala principale era rimasta di sasso nel sentire che il dono del principe Mamoru - poco conosciuto persino nelle occasioni ufficiali a cui tutti prendevano parte - sarebbe stata una canzone; alcuni, forse e senza farsi notare, dovevano aver persino deriso un'idea tanto bizzarra e povera. Eppure nessuno meglio di lui, che era una guardia e tutto osservava, tenuto a non tralasciare alcun dettaglio che potesse trasformarsi in una minaccia o in qualcosa degno di nota, aveva visto le espressioni farsi stupite e i pregiudizi ritirarsi come la marea.

Aveva osservato ogni singolo cambiamento sul volto del principe Koki dal momento in cui l'altro reale aveva esordito dicendo cosa fosse venuto a offrire a quando le prime sillabe avevano lasciato le sue labbra; si era trasfigurato, quasi folgorato da quell'uomo semplice su cui nessuno avrebbe scommesso. 

Lui poteva essere una guardia e sapere poco delle questioni reali al di fuori dei suoi compiti, ma come ogni uomo aveva amato e amava, e aveva compreso subito che il principe Koki di un tempo - vedendosi ora - avrebbe sorriso dicendo «Non pensavo sarei mai stato fortunato come mio padre e mia madre.»

La porta si apre e un suo collega annuncia l'entrata del principe Mamoru. Il principe Koki alza lo sguardo e un sorriso gli si forma d'istinto sulle labbra; al contrario suo, il sovrano ospite sembra molto meno a suo agio, quasi fosse un semplice servitore che di norma non ha diretto contatto con un regnante ed è stato improvvisamente chiamato a presenziare la più importante delle cerimonie. C'è qualcosa, nel principe Mamoru, che gli fa credere sarà un buon compagno e un buon re tanto quanto l'uomo che lui ha visto crescere, sebbene in modi diversi. Entrambi sono comunque così generosi da temere qualcuno possa approfittarsi della loro benevolenza, in futuro.

Vede il principe Mamoru guardarsi intorno, leggermente stretto nelle spalle, mentre la guardia che lo ha condotto lì esce richiudendosi la porta alle spalle. Quando il rumore decreta il suo essere definitivamente solo - le guardie come lui non contano, imparano a essere invisibili di pari passo al combattere, in pratica - alza lo sguardo su Koki, forse aspettandosi un rimprovero. Non ci vuole molto prima che espliciti i suoi timori, in ogni caso.

«Principe Koki» lo sente cominciare, le dita a torturare lungo i fianchi un lembo della stoffa del suo abito «so bene che non ho offerto niente di grande valore ma, avete la mia parola, non c'era alcun intento di derisione e non si trattava di uno scherzo.» prosegue, un tremore leggero nella voce «Vedete, il regno di cui sono principe è modesto, di piccole dimensioni. Non ha niente da spartire con il vostro e probabilmente ogni cosa che per noi ha un inestimabile valore materiale, per voi non deve essere niente di così prezioso. Ma... la musica è un'arte che teniamo in grande considerazione, così... ho pensato che forse...»

Lo vede abbozzare un sorriso gentile mentre parla, ma si scorge con facilità l'imbarazzo, un'umiltà forse anche troppo marcata per un nobile.

Sposta lo sguardo sul suo principe, e lo vede avanzare verso l'altro.


*


Mamoru tace nel momento in cui vede il principe Koki fare un passo, poi un altro, poi un altro ancora per avvicinarsi a lui. E' rimasto in silenzio da quando lui ha iniziato a parlare, e forse quello aveva aiutato a mettergli un po' di coraggio addosso, ma adesso non sa nemmeno dove guardare.

Tutto di quella situazione è a dir poco assurdo, se ci ripensa. Quando suo padre gli aveva parlato dell'invito a tutti gli eredi di presentarsi in uno dei regni maggiori per la ricerca di chi avrebbe sostenuto suo figlio nella conduzione di quello stesso regno, lasciando intendere quindi la volontà di mettere su un matrimonio combinato, Mamoru si era inizialmente convinto che la cosa gli fosse stata mandata per riguardo e cortesia ma che non fosse davvero rivolta a loro. Suo padre, dalla morte di sua madre, aveva regnato da solo su un paese di piccole dimensioni, con materie prime modeste sia in valore monetario che in quantità; tutto nel loro regno era sufficiente per permettere al popolo di vivere in pace, specie considerato come non fossero assolutamente nelle mire di nessun vicino: erano di certo deboli abbastanza da non costituire una grave minaccia, ma non essendo il loro un territorio che faceva gola non temevano nemmeno un'invasione. Forse sarebbero stati un campo di battaglia casuale se mai si fosse scatenato un conflitto tra due grandi potenze e loro si fossero ritrovati per ragioni geografiche nel mezzo, ma al di là di quello, non c'era davvero grande pericolo.

Eppure, suo padre aveva insistito col prendere seriamente la cosa, quantomeno per presentarsi e offrire i propri auguri e felicitandosi di qualunque consorte il principe Koki avrebbe scelto. Su quello Mamoru non aveva in alcun modo potuto dire nulla e così aveva acconsentito a presentarsi come richiesto nella missiva che gli era stata consegnata - a quel punto, si era già creato il primo immenso problema: cosa avevano da offrire al principe Koki? Un regalo personale sarebbe stato troppo difficile, perché Mamoru dubitava davvero che ci fosse qualcosa di materiale che l'altro non possedesse o non potesse ottenere facilmente; qualcosa per la persona scelta come consorte era impossibile, non potendo prevedere su chi si sarebbe orientato l'altro nobile. Così, per sciocco che potesse sembrare (e lo ammetteva, a più riprese lo aveva pensato lui stesso) aveva scelto di offrire l'unica cosa tenuta in immensa considerazione nel suo regno, l'arte che i poveri e i ricchi coltivavano con uguale attenzione e amore, nonché l'unico vero talento che pensava di possedere. 

Aveva scritto una canzone, ma più si era avvicinato il momento di offrirla in dono davanti a tutti più Mamoru aveva sentito il timore di aver preso una decisione indiscutibilmente sbagliata.

Quando la prima nota aveva lasciato le sue labbra, aveva sentito innumerevoli paia di occhi su di sé e forse la sua mente gli aveva giocato un brutto scherzo, ma Mamoru era piuttosto sicuro di aver sentito anche qualche risolino divertito. Eppure, quando aveva guardato l'espressione sul viso del principe Koki, non era riuscito a fermarsi e a far vincere il timore: gli occhi azzurri lo guardavano dritto nei propri, con lo stupore puro, quasi Mamoru gli avesse messo tra le mani il tesoro più grande del mondo. Aveva avvertito un forte imbarazzo, sì, ma non dato dalla vergogna: che un uomo simile fosse del tutto focalizzato su di lui... 

La guardia che lo ha condotto fin lì chiude la porta alle sue spalle e quel rumore lo riporta alla realtà; la sala in cui è stato portato ospita il principe Koki e poche, fidate guardie che sembrano impegnarsi a mescolarsi col mobilio o, in ogni caso, a risaltare meno possibile per illuderlo di nessun'altra presenza nella stanza. Koki è poco distante da lui, forse una decina di passi appena, e lo guarda con le braccia dietro la schiena, la postura dritta ma non rigida. Non sembra arrabbiato, ma Mamoru al momento non saprebbe distinguere nemmeno un sorriso da un viso disperato, con ogni probabilità.

Un pensiero gli attraversa veloce la mente e gli si pianta in testa con forza: deve scusarsi. Chissà quanto il principe Koki deve essersi sentito, se non oltraggiato, quantomeno a disagio! Troppo gentile per dirgli in faccia di smettere di cantare, ma al tempo stesso deluso aspettandosi qualcosa di ben diverso di sicuro.

«Principe Koki» comincia, un lieve tremore nella voce «so bene che non ho offerto niente di grande valore ma, avete la mia parola, non c'era alcun intento di derisione e non si trattava di uno scherzo.» prosegue «Vedete, il regno di cui sono principe è modesto, di piccole dimensioni. Non ha niente da spartire con il vostro e probabilmente ogni cosa che per noi ha un inestimabile valore materiale, per voi non deve essere niente di così prezioso. Ma... la musica è un'arte che teniamo in grande considerazione, così... ho pensato che forse...» cerca di concludere quel pensiero, abbozzando un sorriso che non sa immaginare quale connotazione possa avere. Lui addosso si sente solo l'imbarazzo, ma vorrebbe davvero Koki capisse cosa intende, che cogliesse le sue buone intenzioni perché c'è davvero solo quello e ben poco altro.

Sta per aggiungere altro ma Koki si muove, finalmente, avanza in sua direzione e - quasi quel semplice movimento fosse come un incantesimo impossibile da contrastare - Mamoru tace immediatamente. A vederli così, forse da fuori sembrano più un servitore di fronte al suo padrone, pieno solo del timore di essere cacciato o punito per un grave torto fatto. Ma una volta che Koki gli è davanti e la distanza tra loro non è più di una decina di passi, bensì di uno a stento, Mamoru osa alzare lo sguardo sul suo viso.

Ci trova il sorriso più bello che abbia mai visto; peccato si ritrovi a balbettare un «C-Cosa...?!» sorpreso nel momento in cui Koki gli prende le mani nelle proprie, una presa gentile e confortante, un'espressione morbida sul viso.

«Mi avete fatto il regalo più bello.» pronuncia e, non sa perché, Mamoru sa che non c'è tratta di menzogna nelle sue parole «Sarei immensamente fortunato se potessi considerare il dono che mi avete fatto come tutto ciò che potete offrirmi, e sarei felice dal profondo del cuore se mi diceste che l'idea di passare il resto della vita con me vi rende altrettanto felice.»

Mamoru lo guarda, sbigottito. Non sa se il destino ha mai pensato di dargli l'amore, ma è sicuro che se lo ha fatto, porta il nome del principe Koki.

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