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Fandom: originali
Prompt: mitologia greca (m2)
Parole: 653 (carta dolce miele di Melek)
Warnings: linguaggio colorito, modern!setting
Ganimede si era aspettato tante cose, quando ormai nell’Olimpo e negli dèi non credeva più nessuno, quando un ciclo di reincarnazione aveva preso il via e lui aveva visto molte ere e molte parti del mondo un tempo sconosciuto, ma tra queste non c’era affatto l’attuale situazione surreale.
Non era la vita mortale a disturbarlo, anzi: dopo aver passato un numero di secoli incalcolabile a essere prigioniero prima, essenza, mito, dimenticato e infine un ciclo infinito di reincarnazioni - molte delle quali per ovvie ragioni non ricordava affatto - essere un semplice essere umano quasi lo commuoveva. No, il problema non era nemmeno essere un adolescente per la centesima volta o giù di lì.
Quanto doveva odiarlo il suo destino per fargli ritrovare a scuola Narciso?
«Ti dico, Ganimede, che dovresti essere felice» civettò l’altro mentre perdeva tempo a guardarsi allo specchio del bagno o almeno così Ganimede supponeva. Cosa non era stato chiaro, del suo congedo con le parole di “vado in bagno”? Come poteva una persona essere così ottusa da non capire quando il suo interlocutore voleva smettere di essere il suo interlocutore?
«Io ti posso capire.» proseguì imperterrito il bellissimo giovane «Bello da mozzare il fiato. O far trafiggere le persone insomma, dettagli, hai capito.» sciorinò senza dare troppa importanza all’unico motivo per il quale gli era stato inflitto il castigo più stupido al mondo, ossia uccidersi perché innamorato di se stesso. «E questi dèi invidiosi, poi.»
«Zitto che ti sentono.» tagliò corto da dentro il suo intimo e umido cubicolo. Si morse il labbro inferiore: grave errore, rispondergli. Avrebbe dovuto scorreggiare.
«Oh suvvia, ora non possono certo fare i loro giochi divini.» lo blandì Narciso, parlando con il tono che avrebbe potuto usare con un idiota - con se stesso, quindi, si disse mentalmente Ganimede. Forse Zeus non sarebbe apparso dalla porta del bagno per lanciargli una folgore, ma Ganimede sperava che Zeus non apparisse più nella sua esistenza per i prossimi mille anni almeno e vista la presenza di Narciso, no, non si sentiva sicuro per niente.
«Dicevo, comunque» continuò a ciarlare Narciso «siamo entrambi così belli che persino gli dèi sono stati invidiosi di noi. Certo, a me è toccata un’indegna fine, tu sei stato accolto da loro per un po’.»
«Rinchiuso.» lo corresse irritato.
«Pardon?»
«Non sono stato accolto, sono stato rinchiuso. Prigioniero. Non libero. Dillo come ti pare.» ribatté aspro «E a forza di farti toccare il culo da Zeus fidati che avresti preferito essere trafitto da tutte le spade mortali insieme.»
«Dio che orrore.» disse Narciso e per un secondo, un breve istante, Ganimede pensò che si riferisse al trattamento riservatogli allora «E deturpare in questo modo il mio bel corpo? Giammai.»
Ovviamente. Certo.
«Zeus non può essere così male, quando non vuole ucciderti.»
«Ah beh, tutti sognano di farsi scopare da Zeus a quanto pare. Tutti tranne me.»
«Gany, devo dirtelo.» lo interruppe Narciso - Gany?! - con tono da sapientone «Troppo scurrile. Hai un bel faccino, ma quando apri bocca rischi di far scappare la gente.»
«Ti assicuro che lo vorrei ma non sempre funziona.» ribatté sarcastico, sebbene a vuoto dal momento che non sentì i passi di Narciso indicare il suo uscire dal bagno lasciandolo finalmente in pace. Il destino era proprio avverso.
«Ah» sospirò affranto l’altro «sai cosa sognavo da bambino in questa vita?»
Ganimede tacque. Magari così Narciso avrebbe colto la risposta implicita: non lo voglio sapere.
«Lo specchio della regina di Biancaneve.» Dio. Perché. «Potermi guardare, rimirare, chiedere “specchio specchio delle mie brame, chi è il più bello del reame?” e sentirmi rispondere l’ovvietà, ossia io. Ah, sarebbe stato un tale toccasana per i miei nervi e le mie insicurezze.» concluse, melodrammatico.
«Narciso?»
«Sì?» lo apostrofò, deliziato dalla sua attenzione finalmente.
«Esci da questo cazzo di bagno e fammi cagare in pace.»
Lo sentì uscire in fretta e furia poco dopo, con un “Bruto!” scandalizzato.
Pace. Era ora.