Feb. 28th, 2020

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Fandom: Haikyuu!!
Prompt: spokon (m1)
Parole: 900
Warnings: established relationship, levyaku, blowjob, nsfw.



Quando si diceva "giocare col fuoco", Lev non ha capito subito il senso figurato della frase. Si immaginava qualcuno accendere un fuoco o stare vicino a uno e allungare una mano, bruciarsi, letteralmente. Poi crescendo ed essendo il tipo di persona da agire spesso prima di riflettere, ha compreso quanto la cosa potesse applicarsi al senso più generico di "rischio consapevole", di sfidare la sorte, e quando ha iniziato a giocare a pallavolo con la Nekoma quel detto ha collimato sempre di più con la figura di Yaku - se commentava la sua altezza, Yamamoto diceva ridendo e preannunciando un calcio volante "ti piace giocare col fuoco, Haiba", e lo stesso quando ripeteva per l'ennesima volta lo stesso errore per il quale Kenma lo aveva già ripreso almeno tre volte.

Dalla prima volta in cui ha preso un calcio da Yaku sono passati due anni, ormai. Lev sta finendo il suo ultimo anno mentre Yaku prosegue gli studi in università e i weekend sono le parentesi che si concedono insieme, quando sono liberi dagli impegni; se nessuno dei due ha da fare la domenica, Yaku ogni tanto gli permette di restare a dormire - ogni tanto, perché sostiene Lev non debba trascurare né gli studi, né gli amici, né il club e nemmeno la famiglia. Una serie di "né" che Lev non può esattamente rifiutare, tenendo a tutti quanti anche quando diventano una sorta di "ma" tra lui e il suo ragazzo. Eppure ci sono le volte in cui niente gli impedisce di restare da Yaku, di passare per bene del tempo insieme: alcuni weekend potrebbero sembrare scialbi a qualcuno - giornate semplici, ore trascorse tra qualche acquisto qua e là, un pranzo insieme, un film magari e poi addormentarsi perché si viene da una sessione di allenamento o da una settimana di corsi massacranti. Lev ama già il fatto di svegliarsi con Yaku vicino, nelle rare occasioni in cui il più grande dorme più di lui, o di riprendere coscienza con i rumori familiari di Yaku che si muove nel piccolo angolo cottura del suo appartamento da studente squattrinato per preparargli la colazione.

Poi ci sono weekend come quello, dove si concedono qualcosa in più, dove la stanchezza non ha il sopravvento poco dopo cena o gli lascia l'autonomia sufficiente solo a guardare qualcosa di poco impegnativo alla tv; se qualcuno lo vedesse ora, mentre volta appena il viso per baciare la gamba di Yaku che tiene ferma e poggiata sulla propria spalla, penserebbero che è impazzito e in cerca di una morte lenta e dolorosa. Invece Lev con gli anni ha imparato a osare quando può - sebbene continui a farlo anche quando non dovrebbe - e lo fa, come ora. Yaku è sdraiato sul letto, lo guarda con il viso in parte coperto dal proprio braccio. E' nudo, Lev lo ha appena spogliato dei boxer, l'ultimo indumento che era rimasto, e mantiene gli occhi su di lui con la stessa adorazione rivolta al proprio signore. Le sue labbra si posano di nuovo sulla gamba di Yaku, risalgono verso la caviglia ma quando sente Yaku mugugnare qualcosa si ferma e riporta lo sguardo chiaro su di lui.

Yaku non dice niente di comprensibile, ma in qualche modo Lev capisce - o, a prescindere da quello, decide di farlo e basta - di dover cambiare direzione: la scia di baci riprende ma scende, sul polpaccio e poi vicino al ginocchio, scende ancora mentre lui si piega in avanti senza lasciare andare la gamba dell'altro; arriva all'interno coscia e i baci si fanno più umidi, ogni tanto lo chiama per nome, lascia un morso lieve che fa sussultare Yaku sotto di lui. A essere sincero, da quando stanno insieme Lev ha sempre apprezzato più lo stare sotto che lo stare sopra, gli piace il modo in cui Yaku prende l'iniziativa quando fanno sesso, il modo in cui nonostante sia eccitato si prenda sempre il tempo di prepararlo a dovere, con una premura che è sempre stata tipica di lui; gli piace come si spinga dentro di lui, l'immobilità della prima manciata di secondi perché quel primo movimento lo eccita sempre più di quanto vorrebbe ammettere; Lev ama come Yaku abbia imparato a conoscere i suoi punti sensibili, come a ogni spinta faccia combaciare dei tocchi precisi. 

Perciò in momenti come questo, quando Yaku è sotto di lui, Lev cerca quegli stessi punti sensibili sul corpo dell'altro - si china maggiormente fino a essere con il viso fra le sue gambe e a prenderlo in bocca, succhiare finché non sono solo i gemiti di Yaku a riempire il silenzio della stanza, la tv un sottofondo dimenticato. Le mani di Lev tengono entrambe le sue gambe, si arpionano sulle sue cosce e questo gli permette di sentire Yaku tremare e sussultare ogni volta che una carezza della sua lingua lo porta un passo più vicino all'orgasmo.

Quando Lev sente una mano dell'altro arrivare a sorpresa sulla sua testa, le dita tra i capelli, si stacca dall'erezione di Yaku solo per leccarne la punta e sentire il suo compagno gemere più forte, chiedergli di più. Quando glielo dà lo fa con la mano - Yaku chiama il suo nome, getta la testa leggermente all'indietro e Lev lo morde, vicino all'inguine e lo sente gemere ancora una volta mentre raggiunge l'orgasmo, infine.

I suoi ansimi riempiono ancora la stanza, più forti di qualsiasi rumore. 

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Fandom: Tsurune
Prompt: spokon (m1)
Parole: 1080
Warnings: post canon, established relationship, shonen-ai.



Masaki apre la porta del bagno, uscendone e muovendosi per salire le scale di casa e raggiungere la stanza al piano di sopra; spegne le luci al suo passaggio, lasciando che pian piano la casa cada nel buio a eccezione della sua camera, da cui intravede provenire la luce dalla porta aperta anche quando spegne quella del corridoio su cui la stanza si affaccia. Nell'entrarci ci trova Minato, esattamente dove lo ha lasciato, seduto sul bordo del letto intento a scorrere qualche notifica sul suo telefono cellulare - probabile stia cercando di ingannare il tempo, come fa spesso quando lo aspetta mentre Masaki si assicura di aver chiuso a chiave o di aver spento tutto al piano inferiore.

Quando lo sente arrivare Minato si volta e, nel vederlo, Masaki nota che blocca subito la tastiera del telefono; è una piccola abitudine che aveva notato già quando erano studente e insegnante, nelle rare occasioni in cui si sono ritrovati soli quando la loro frequentazione doveva essere ancora del tutto casta, alla luce del giorno perché non fosse sconveniente in più di un modo - insegnante e studente, adulto e minorenne, senza dimenticare uomo e uomo. Già allora Minato lasciava il telefono da parte, quasi dimenticato, e Masaki ha capito subito che era il suo modo di focalizzarsi solo di lui e far sì che il tempo insieme fosse speso al meglio ogni secondo e senza distrazioni, oltre a essere la dimostrazione di una buona educazione di fondo. Gli ha sempre fatto una immensa tenerezza vedere quel piccolo sforzo, quella minuscola attenzione così pregna di significato e ne ha sorriso più di una volta, anche se non sempre forse Minato ne ha compreso la motivazione.

Ora quello accanto al quale si sta andando a sdraiare è un uomo quasi maggiorenne, con vent'anni da compiere tra una manciata di giorni che rispetto agli anni attesi sembra una sciocchezza: c'è più maturità nel suo sguardo e nei suoi lineamenti meno morbidi, meno infantili; il fisico è tonico, ormai formato, non ha niente della rotondità di ragazzino. I capelli sono appena più lunghi di come Minato li portava al liceo, ma tenuti comunque in ordine e senza coprire gli occhi verdi da cui Masaki è stato colpito fin dalla prima volta, nonostante ad animarli ci fosse uno sguardo sconfitto a differenza di adesso.

Nello stendersi Masaki si sistema su un fianco, non tirando del tutto su la coperta e invitando Minato a fare lo stesso, un paio di pacche leggere sul materasso a sottolineare la cosa. Il più giovane posa il telefono di lato, collegandolo al caricatore, e poi si infila sotto le coperte a sua volta facendo sì di stare di fronte a lui e poterlo guardare direttamente. Solo allora Masaki copre entrambi; in risposta, Minato gli si accosta di più, come se fosse ancora un ragazzino - lo vede sorridere, divertito da chissà quale pensiero, e ancor prima di chiederglielo Masaki sente i propri muscoli facciali imitarlo come gli succede spesso. E' stato incredibile scoprire quanto riesca a essere contagiosa la felicità di chi si porta nel cuore, in un modo o nell'altro, e da quando lui e Minato hanno potuto (e voluto) definire il loro rapporto seriamente Masaki lo ha provato sulla sua pelle ogni giorno.

Gli passa un braccio sul fianco, cingendolo morbidamente, senza stringerlo troppo a sé o con un fare possessivo raro e limitato solo ad alcuni momenti della loro intimità.

Minato non si sottrae e anzi ricambia, avvicinando anche il viso al punto che i loro nasi si sfiorano in maniera quasi giocosa. Masaki sbuffa divertito, ritrovandosi sotto lo sguardo di Minato che chiede ancor prima del ragazzo un tacito - ma subito dopo anche vocale -  «Cosa c'è?»

«Niente, ma è una cosa che fai spesso.» gli fa notare, il tono di chi lo trova adorabile anziché esserne infastidito. Vede Minato distogliere lo sguardo, una punta di imbarazzo percepibile nel suo atteggiamento che per Masaki è ormai così familiare, e scioglie la presa blanda sul suo fianco per portare la mano sotto il mento del più giovane, facendo una pressione minima solo per far sì che Minato torni a guardarlo.

Quando lo fa, Masaki si limita a sorridergli prima di posare le labbra sulle sue in un bacio leggero, un momento di tenerezza come ne condividono tanti quando sono soli in quella casa in cui presto vivranno insieme e dove Minato smetterà di essere un semplice ospite. Sente Minato rilassarsi lentamente, la sua mano salire a sfiorargli la guancia con dolcezza; Masaki sta per allontanarsi quanto basta a sussurrargli qualcosa quando sente la punta della lingua di Minato sfiorargli il labbro inferiore e - con un piccolo accenno di piacevole sorpresa, a dirla tutta - schiude la bocca per lasciare all'altro la possibilità di approfondire il contatto.

E' un bacio lento, senza fretta, un poco languido forse sebbene non si trasformi mai in qualcosa di febbrile o di così eccitato da portarli a baciarsi con maggiore foga. Non è l'assenza di desiderio, ma il voler condividere una vicinanza maggiore del semplice abbraccio. Minato muove la lingua con lentezza nella bocca di Masaki, accarezza la sua e quando si allontana - di pochissimo - gli mordicchia appena il labbro. E' a metà tra una lieve provocazione e un gesto d'amore, quasi, pregno di quella certezza di potersi permettere una certa intimità con lui senza dover chiedere il permesso di farlo.

La mano che era salita a sorreggere il mento del più giovane scende di nuovo, gli cinge una seconda volta il fianco ma solo per arrivare a poggiarsi sulla schiena; la tiene aperta, quasi volesse toccare più pelle possibile nel momento in cui si insinua sotto la maglia che Minato usa per dormire. Lo sente inarcarsi leggermente e stavolta è Masaki a baciarlo, con lo stesso trasporto privo di urgenza. A un certo punto gli sfiora il palato con la punta della lingua, un po' involontariamente e un po' no, mentre con le dita sale e scende lungo la spina dorsale dell'altro. Lo sente mugolare piano, nella sua bocca, e se ne allontana di nuovo.

Minato ha lo sguardo perso per qualche istante e quando finalmente riesce a focalizzarsi di nuovo su Masaki avvicina il volto al suo, ma solo per deviare a nascondere il proprio contro il suo collo e sospirare sulla sua pelle. 

«Masa-san, sei sleale.» mormora piano.

Masaki ridacchia e lo stringe a sé, i corpi vicini, e gli posa un bacio tra i capelli. 

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Fandom: Tsurune
Prompt: spokon (m1)
Parole: 900
Warnings: shonen-ai.



Il suono che fa una corda d'arco che si spezza è riconoscibile tanto quanto quello di un tiro perfetto; si sente ancora prima che colpisca il bersaglio e, allo stesso modo, ancora prima di vedere la corda perdere tutta la sua tensione nel momento in cui è rotta l'orecchio ha già registrato l'accaduto, lo sguardo cerca subito l'arco dal quale il suono è arrivato. Quando ciò avviene in un dojo con più di una persona presente a tirare con l'arco, esiste un istante lungo una manciata di secondi in cui si cerca febbrilmente la persona a cui la corda si è rotta, quasi in una trepidante attesa - è come sentire lo sgretolarsi della colonna portante del mondo con la consapevolezza che sia un qualcosa di inarrestabile e destinato a scuotere fin nel profondo, perché l'arco non è il mezzo ma la completezza, e una corda spezzata è un cuore incapace di battere ancora. Subito dopo, poi, si conosce cosa potrebbe arrivare: un infortunio.

Per questo quando un rumore stridente rispetto alla gamma di suoni a cui sono abituati arriva al suo orecchio come a quello di tutti gli altri membri del club, Seiya perde la concentrazione e rilascia la freccia troppo tardi, le spalle tese e la freccia che si conficca di parecchio sopra al suo bersaglio. Ma a quel punto i suoi occhi non sono già più sul cerchio lontano e cercano prima Minato, per puro istinto, trovandolo però con l'arco ancora nemmeno teso e perfettamente integro, confuso quanto lui. Alle sue spalle, la voce di Nanao chiama il nome di Kaito e per quanto non ci sia l'urgenza in risposta a qualcosa di grave nella sua voce, Seiya non può evitare di spostare la propria attenzione su Onogi con fare allarmato e una punta di panico a chiudergli lo stomaco, specie quando nell'inquadrare la figura del compagno di squadra nota subito che si sta tenendo la mano e l'arco - la cui corda è inequivocabilmente spezzata - è stato recuperato da Seo accorsa al suo fianco perché più vicina.

L'espressione di Kaito ha la stizza a cercare di mascherare un accenno di dolore; mentre Ryohei è già a chiamare Takigawa, andando contro le proteste di Onogi, Seiya gli sta già di fianco e gli sta prendendo il braccio per forzare Kaito a mostrargli la mano. Incontra qualche resistenza e una mezza imprecazione a denti stretti, ma forse in questo caso lo sguardo che Seiya gli lancia è eloquente abbastanza da far sì che Onogi per una volta smetta di fare il testardo quanto sufficiente a giudicare la serietà dell'accaduto.

Seiya non è un esperto, ma ha visto qualche brutto infortunio nel loro ambiente al punto da sapere che non dovrebbe essere niente di troppo grave, a dispetto dell'evidente segno lasciato dal colpo inferto dalla corda dell'arco. Non osa toccarlo, ma non lascia il braccio di Kaito nemmeno quando Takigawa si avvicina e si premura di controllare a sua volta per giudicare anche lui l'entità dell'avvenuto.

«Mh» mormora in un primo momento, annuendo «meglio lasciar controllare in infermeria. Takehaya, puoi-»

«Lo accompagno.» lo anticipa Seiya, scambiandosi un'occhiata con l'uomo. Entrambi sanno che, lasciando andare Onogi da solo, la visita in infermeria potrebbe non avvenire mai. 


«Non è nulla di grave, ma per sicurezza domani tienila a riposo e se noti qualcosa di diverso o il dolore aumenta, potrebbe essere una buona idea andare sul sicuro e fare una visita da uno specialista. Non credo ti servirà, in ogni caso.» comunica l'infermiere dell'istituto con un sorriso rassicurante mentre si alza dal suo sgabello e raggiunge la porta: «Devo passare a consegnare del nuovo ghiaccio spray al club di atletica. Restate pure finché il ghiaccio secco non si è sciolto, poi tornate alle attività. Io per allora dovrei già essere tornato, ma in caso contrario chiudete e consegnate la chiave in sala professori, intesi?»

Seiya annuisce, mentre Onogi - seduto su un altro sgabello e con il ghiaccio sulla mano - borbotta qualcosa di poco definito.

Quando la porta si chiude, Seiya sposta lo sguardo sull'altro, andandosi a sedere al posto dell'infermiere e quindi di fronte a Kaito; non dice niente ma, come se gli avesse appena fatto una ramanzina, Onogi lo guarda con espressione corrucciata: «Non si è spezzata perché cercavo di far girare l'arco, okay.»

«Ah. Quindi stavi cercando di far-»

«Ti ho detto di no!» sbraita, voltandosi dall'altra parte. Seiya sospira, già stanco in partenza, lasciando cadere il discorso e il silenzio li avvolge. Nessuno dei due parla per diverso tempo e a dare il via di nuovo alla conversazione - uno scambio, in effetti, più che una vera conversazione - è il rumore del ghiaccio secco che viene girato dal lato più fresco dallo stesso Onogi.

«Kaito.» lo chiama Seiya, lo chiama per nome ed è una cosa iniziata da poco, a cui entrambi non sono abituati e che ancora li imbarazza, ma lo fa di proposito e non si stupisce di vedere Onogi sussultare appena e fissarlo a bocca aperta come un pesce, pronto forse a sbraitargli dietro qualcosa senza però davvero riuscirci. Specie quando Seiya aggiunge, senza guardarlo, un «Non sforzarlo almeno per domani, okay?»

Onogi grugnisce, stringe appena la presa sul ghiaccio contro la mano offesa, ma non dice nulla.

Seiya sbircia in sua direzione, riconosce il broncio impacciato sul suo viso e gli scappa da ridere, piano, in uno sbuffo appena accennato.

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Fandom: Tsurune
Prompt: spokon (m1)
Parole: 1820
Warnings: shonen-ai.



C'è un silenzio totale a circondarli, lì da soli nel dojo a occuparsi delle pulizie di fine attività del club. Il tramonto si intravede senza difficoltà grazie allo spazio aperto, tinge il cielo senza nuvole di un arancione carico. Il turno comprendeva anche Nanao, ma Seiya non ha saputo dirgli di no quando l'altro lo ha pregato di fare cambio per un impegno improvviso; a essere sinceri non è che Seiya non abbia subodorato che dietro la parola "impegno improvviso" ci potesse essere "ragazza", ma con Minato da attendere per tornare a casa insieme, ora che è in sala professori insieme a Takigawa, e il fatto che Nanao non gli ha mai chiesto un favore prima di oggi, non si è sentito di dire di no nonostante quella consapevolezza.

Il problema è un altro e ha la forma di una conversazione con Minato a cui Seiya non vuole ripensare affatto. In primo luogo perché Minato ha sempre avuto una sensibilità tutta sua, ma mai Seiya avrebbe pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui il suo migliore amico gli avrebbe fatto notare che qualcuno lo guardava con interesse senza che Seiya stesso se ne fosse accorto. Secondo, mai si sarebbe aspettato che il qualcuno soggetto della loro conversazione si sarebbe rivelato essere Onogi Kaito: non importa quanto tempo Seiya abbia passato a elencare tutte le buone ragioni per cui Minato debba per forza esserselo sognato e tutte quelle, invece, per cui la cosa non fosse da prendere nemmeno in considerazione; alla fine, si è persino premurato di dirgli ogni singolo motivo per cui Seiya non vorrebbe mai, mai che si venisse a creare la situazione per cui una cosa simile vada a sbilanciare il perfetto equilibrio che sembrano aver finalmente trovato come squadra. Non importa che Minato abbia abbandonato la battaglia, Seiya lo conosce bene abbastanza da sapere che non ha comunque rinunciato alla guerra.

Terzo problema: Seiya si era già accorto degli sguardi di Onogi, lanciati nel tentativo di farli passare per un'occhiata disinteressata e distolti quando colto in flagrante - e lui, Seiya, si è impegnato a fingere di non notarli, di non darci peso, di non decifrarli. Di non avergliene rivolti altrettanti e per, probabilmente, lo stesso motivo.

Come si gestisce, d'altronde, una persona come Onogi in una conversazione simile? E' il tipo che se preso di petto con la questione, potrebbe solo negare con ferocia oppure ammettere tutto in modo blando, mettendo a nudo i suoi sentimenti e per uno come Seiya non esiste cosa più spaventosa di una persona mossa dal puro istinto come Onogi. Perché quelli come lui poi pretendono lo stesso dagli altri, sono incapaci di accettare le risposte enigmatiche che sembrano dire tutto e niente al tempo stesso; Onogi non sarebbe mai in grado di accettare di lasciar perdere, se iniziassero a parlarne, ma se ci fosse stato un errore da parte di uno dei due, se non si stessero guardando con il desiderio e l'interesse con cui di solito si guardano un uomo e una donna, un ragazzo e una ragazza, finirebbe male. Con un litigio, con il disagio, con l'imbarazzo.

Seiya non si vuole ritrovare questo tipo di sentimenti tra le mani, non vuole sulle spalle il senso di colpa di un team incapace di lavorare perfettamente come invece riescono a fare ora. Perciò ha tutte le intenzioni di evitare la questione.

Ma non è facile quando si è in due, nel silenzio, a muoversi nello spazio e a sfiorarsi mentre ci si passa accanto attenti a non toccarsi, come se farlo potesse fulminare sul posto entrambi.

«Ohi.» Onogi lo chiama, attaccabrighe «Che problema hai?»

Era proprio questo che temeva. Inspira, poggia l'attrezzatura nell'apposito spazio, si volta a guardarlo tenendo su la sua migliore espressione neutra: «Niente.»

«Stronzate.» ribatte Onogi senza nemmeno darsi un secondo per prendere in considerazione che Seiya possa essere sincero «Continui a guardare senza dire niente, se hai qualcosa che non ti sta bene dilla e basta.»

«Non ho niente.» ribatte, già con fin troppo trasporto rispetto a quello che vorrebbe trasmettere.

«Se non volevi restare a fare le pulizie con il sottoscritto potevi dire di no a Nanao.»

«Non mi pesa fare le pulizie con te più di quanto non mi pesi con chiunque altro.» replica mantenendo una maggiore neutralità - si dice, nella sua testa che ecco, così va bene, così suona molto meglio.

Peccato Onogi sia incapace di accettare la neutralità di qualcuno nei suoi confronti, evidentemente.

«Senti» comincia, sul piede di guerra, mentre uno stomp stomp sul pavimento in legno segna le falcate che fa per raggiungerlo; Seiya si volta completamente verso di lui, si mette ben dritto con la schiena, quasi a sfidarlo a non fermarsi e a investirlo in pieno con tutto il peso del suo corpo. Onogi invece si blocca a mezzo passo da lui, la faccia davanti alla sua, per sfidarlo di rimando. Sono così vicini che a Seiya dà quasi fastidio guardarlo negli occhi e sente il suo respiro su di sé.

«Odio questa faccia che fai come se non ti toccasse mai niente.»

«Cosa ti interessa di come mi toccano le cose?»

Lo vede corrucciare lo sguardo, quasi sente la rabbia che gli monta dentro di fronte a una risposta che percepisce - a ragione - come falsa; in un attimo la mano di Onogi gli ha preso la parte davanti della divisa da kyuudo, senza avvicinarlo di molto ma con un significato chiaro ed esplicativo senza bisogno di parole.

«E tu invece cos'hai da guardare?» gli scappa tra le labbra. Ma tanto, a questo punto, stanno comunque per litigare e distruggere l'equilibrio tanto faticosamente stabilito. Cosa importa, se è Seiya a incrinare il vetro per primo?

Onogi sembra stupito, quasi spaesato; forse pensava davvero di averlo nascosto bene, o forse non si aspettava che Seiya gli facesse una domanda così diretta per i suoi standard. Apre la bocca per dire qualcosa, poi la chiude, confuso alla ricerca di parole che non sono il suo punto forte, poco ma sicuro.

«Non ti sto guardando così tan-»

«Mi guardi di continuo e pensi che non me ne accorga. Se hai qualcosa da dire, dilla e basta. Giusto?» lo scimmiotta in un atteggiamento per niente adulto perché è questo che Seiya fa quando è alle strette ed è stanco di essere quello ragionevole, maturo, accomodante: trova subito dove colpire e affonda, con tutte le sue armi.

Onogi ha l'espressione indignata, quasi non potesse accettare di sentirsi ritorcere contro le proprie parole; di certo deve essere un atteggiamento inaccettabile per chi è dritto come le frecce che scocca, tiri puliti e secchi, con unico obiettivo il bersaglio senza perdersi in altri dettagli inutili. Il kyuudo di Onogi è davvero la dimostrazione di come tirare con l'arco sia lo specchio di chi pratica quella disciplina, perciò Seiya non si stupisce del fatto che l'altro possa sentirsi più offeso dalle parole usate che non dal tono o dalla situazione di per sé.

Seiya sospira, rilassa le spalle. E' inutile aspettarsi una spiegazione, di qualsiasi tipo, conferma o negazione che sia. Alza una mano e gliela poggia contro la spalla sinistra per fare una pressione sufficiente a lanciargli il messaggio di lasciarlo andare, di tornare a sistemare le poche cose mancanti per andarsene poi ognuno per la sua strada. Nemmeno lo avesse attaccato a mani nude con tutta la sua forza, quel semplice gesto sembra risvegliare Onogi da pensieri fin troppo intricati per lui - Seiya si aspetta persino un pugno, tutto tranne l'intero corpo di Onogi a spingerlo indietro fino a farlo finire contro la parete di legno, ad aderire petto contro petto, a baciarlo in un modo che non fa nemmeno somigliare la cosa a un bacio quanto più a uno sbattere accidentale uno contro l'altro. Non gli ha ancora lasciato la divisa, ancora lo tiene quasi a impedirgli di scappare; in un primo istante gli viene spontaneo spingere con la mano contro il corpo di Onogi, ma quasi subito abbandona quel pensiero, la mente gli si svuota quasi completamente se non per l'impulso di baciarlo di rimando, come si deve. 

L'irruenza di Onogi sembra placarsi quando percepisce che Seiya non lo sta scacciando, la pressione leggermente inferiore contro la sua bocca, rendendo il bacio più morbido - ma è comunque goffo come cerca di approfondirlo, come infila la lingua nella bocca di Seiya e nonostante Seiya non lo rifiuti, nonostante lo imiti, gli sembra ci sia una punta di incertezza dietro l'aggressività di base che rimane in quel bacio. Una parte di Seiya sta cercando di mantenere la concentrazione su eventuali rumori a segnalare l'arrivo di qualcuno, Minato o Takigawa, o le ragazze che si sono spostate a utilizzare lo spogliatoio dopo aver finito la loro parte di pulizie, ma non è facile quando l'altra mano di Onogi lo distrae perché il suo padrone non sa dove poggiarla.

A un certo punto Seiya ne è quasi snervato: una mano va a prendere il polso di Onogi, un po' a tentoni, e gli piazza la sua sul proprio fianco mentre l'altra invece si allontana dal suo corpo solo per salire, posizionarsi sulla base del collo altrui e spingerlo verso di sé per approfondire ancora di più il bacio o semplicemente fargli capire che ormai a danno fatto non ha senso tirarsi indietro.

Si allontanano perché una risatina dallo spogliatoio delle ragazze gli fa temere siano uscite senza che loro due se ne accorgessero, e per quanto si riveli quasi subito un falso allarme, ora sono lì in silenzio con il respiro velocizzato e i volti arrossati, in quell'imbarazzo tremendo che Seiya voleva evitare fin dall'inizio.

La mano di Onogi ha ormai una presa blanda sulla sua divisa da kyuudo, così come quella sul fianco di Seiya è poggiata morbidamente, quasi stesse cercando di trovare il momento esatto in cui toglierla da lì. Seiya lo scosta da sé quando sente la porta dello spogliatoio aprirsi, recupera uno dei guanti utilizzati durante l'allenamento per avere qualcosa tra le mani quando Hanazawa si affaccia e saluta entrambi con un allegro «Onogi-kun, Takehaya-kun, a domani!» prima di sparire di nuovo e ricongiungersi alle due compagne.

Quando la porta del dojo si chiude dietro di loro, il silenzio cade di nuovo tra lui e Onogi.

Sospira, voltandosi e trovandolo con il viso pieno di un imbarazzo evidente - inaspettato, forse? Seiya non sa cosa si aspettasse, a dire il vero - e gli scappa un sorriso. Poggia il guanto nel ripiano dove si trovano anche gli altri, tornando quindi sui suoi passi; si sofferma sulla soglia che li collega agli spogliatoi.

«Onogi.» chiama, aspettando che l'altro alzi lo sguardo su di lui. Onogi invece, quasi messo in moto dalla sua voce, si muove con passi pesanti nemmeno dovesse marciare; gli passa accanto, senza fare nulla se non grugnire. 

Quando lo oltrepassa, Seiya nota che persino le sue orecchie sono dello stesso colore dei suoi capelli. 

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Fandom: haikyuu!!
Prompt: spokon (m1)
Parole: 1990
Warnings: established relationship, yaoi, handjobs.





La porta di casa Iwaizumi si chiude alle spalle dei genitori di Hajime, mentre lui e Tooru sono appena oltre il genkan da dove li hanno salutati dopo aver ascoltato le raccomandazioni che qualsiasi padre e madre fa al proprio figlio prima di lasciarlo solo a casa per un weekend. Non è la prima volta che a Iwaizumi viene affidata la casa in assenza dei genitori, e di certo non è la prima in cui Tooru si ferma a dormire dall'amico d'infanzia; si può dire che la madre e il padre di Hajime non facciano nemmeno più caso - in senso buono - al fatto che il figlio degli Oikawa si trattenga per una o due notti, abituati a un via vai in casa loro gemellato nella casa dello stesso Tooru quando è lui a ospitare Hajime. Perciò i due coniugi hanno salutato lui esattamente come se fosse il proprio secondo figlio per poi lasciarseli alle spalle, dietro una porta chiusa.

Tooru apprezza il fatto che abbiano aspettato fino a dopo cena per andare, prendendosi tutto il tempo di festeggiarli entrambi dopo la vittoria dell'ultima partita di campionato, una piccola tradizione sempre avuta da quando Tooru e Hajime giocano nella stessa squadra; ora però sono rimasti da soli, Iwaizumi si è appena assicurato di chiudere la porta di casa così da non dover scendere di nuovo in un secondo momento e si sta muovendo per salire le scale fino al piano di sopra dove si trovano le camere da letto, compresa la sua. 

Tooru non ha alcun bisogno di essere guidato dall'altro, conoscendo quell'abitazione tanto quanto la propria, tuttavia aspetta che Iwaizumi gli passi accanto per allungare una mano e prendere la sua, fermandolo finché l'altro non si volta a fissarlo, l'espressione interrogativa sul viso; Tooru sorride, quasi ridacchia: «Iwa-chan» lo chiama con il fare divertito di un ragazzino pestifero, accennando con uno sguardo allo stretto corridoio che porta al bagno dove si trova una vasca in cui una volta stavano in due comodamente e ora, per entrare insieme, sono costretti a invadere l'uno lo spazio dell'altro «facciamo un bagno?»

Forse Iwaizumi non si aspettava la proposta, ma nel momento in cui gli viene rivolta, la sua espressione la dice lunga su quanto sappia che sarebbe inutile provare a farlo desistere.


Una volta nel bagno, Tooru riconosce a se stesso di essere sorprendentemente docile per un periodo di tempo piuttosto prolungato, considerati i suoi standard di molestie ai danni del padrone di casa. Ha lasciato a entrambi il tempo di spogliarsi, privi di qualsiasi timidezza - sotto questo aspetto l'essere passati da amici d'infanzia a fidanzati non ha davvero fatto alcun effetto, troppo abituati alle rispettive nudità per imbarazzarsene a prescindere dalla situazione -, e di lavarsi con calma fino a potersi immergere nella vasca. Come c'era da aspettarsi è troppo piccola e se l'acqua non è uscita fuori dal bordo quando Tooru è entrato per primo, ogni speranza è andata perduta nel momento in cui è stato Iwaizumi ad aggiungersi. In un primo momento sono entrambi costretti a  tenere le gambe piegate in una posizione abbastanza scomoda, ma non dura a lungo; Tooru non ha proposto un bagno per la semplice condivisione di uno spazio: si muove presto dalla sua posizione, riuscendo alla meno peggio a sistemarsi tra le gambe di Hajime. Avesse più spazio starebbe gattonando come un felino piuttosto ruffiano, lo sguardo incollato al viso dell'altro mentre una mano gli accarezza il petto, scende fino al bacino; stranamente lo salta, passa direttamente alle gambe dove lascia una carezza lasciva e intanto si china su Hajime, pretende prima un bacio, poi un altro, un terzo che però dà all'angolo delle sue labbra, fastidioso e molesto come al solito, provocatorio perché può permetterselo con lui più che con chiunque altro.

Hajime dapprima ci prova a sopportarlo e lasciarlo fare, ma si stufa presto e gli cinge i fianchi con le braccia e lo chiude tra le proprie gambe, quasi lo imprigiona; la mano di Tooru che non deve sorreggere una buona parte del suo peso scende, si intrufola tra le gambe di Hajime, sfiora l'accenno della sua erezione come un assaggio che si tramuta quasi subito in una carezza vera e propria. Ama sentire il respiro di Iwaizumi farsi più pesante e più veloce, carico di un desiderio che ha sempre la tendenza a tenere per sé non per pudore, quanto per una punta di orgoglio e di volontà di non dargliela vinta. Alla lunga, però, persino Hajime deve arrendersi a quanto piacevole sia sentire la mano di Tooru masturbarlo, per quanto sia anche insopportabilmente lenta perché il suo ragazzo è uno stronzo.

«Se non la fai finita di-» prova a dire, ma Oikawa decide di velocizzare le carezze proprio in quel momento e guardare Hajime mentre si morde quasi a sangue il labbro pur di non farsi scappare un gemito alto che finirebbe con il riecheggiare nel bagno. Tooru sbuffa divertito mentre si china per baciarlo, e non si stupisce di sentire quasi subito la mano dell'altro catturargli una ciocca di capelli e tirare, per punirlo e non mosso dalla passione. Mugugna ma non ferma le sue attenzioni, continua a masturbarlo e ad aggiustare il tiro in base alle reazioni del corpo di Iwaizumi - sempre, sempre più oneste di quanto Hajime sarà mai in grado di essere - e lascia che lui sfoghi la frustrazione e l'eccitazione crescente in quel bacio. La lingua di Hajime non gli dà tregua, non lascia a quel bacio la possibilità di essere lento nemmeno per un momento e se gli lascia un secondo di respiro è solo per mordergli il labbro inferiore o succhiarglielo, facendogli venire i brividi nonostante l'acqua calda e il vapore nella stanza la rendano tutto fuorché fredda.

Iwaizumi viene nella sua mano con un gemito roco e quasi del tutto riversato nella sua bocca, il liquido orgasmico a mescolarsi nell'acqua ormai inutilizzabile; quando Tooru fa per allontanarsi, Hajime affonda la faccia nel suo collo e morde forte.


A un certo punto si spostano nella camera di Iwaizumi che sono ancora mezzi svestiti, perché non aveva davvero senso prepararsi per la notte sapendo che di lì a poco si sarebbero comunque spogliati di nuovo. Per tutte le scale e la porzione di corridoio da percorrere per arrivare alla stanza di Hajime passano il tempo a fare gli stupidi - o meglio, Tooru fa l'idiota continuando a rubare baci leggeri e quasi scherzosi ad Hajime, che tra un o e l'altro ripete «Falla finita», «cretino», «ora ti butto giù dalle scale» ma non si sottrae mai davvero e a un certo punto finisce con il sorridere contro le labbra di Tooru, pur non ammettendolo nemmeno una volta.

Quando sono nella stanza trovano il letto con una facilità unica, senza nemmeno bisogno di cercarlo con gli occhi in pratica; si baciano per una quantità di tempo che Tooru non riesce mai a definite: un sacco di volte gli sono sembrati minuti e invece erano ore, altre ha pensato avessero quasi fatto l'alba e invece tutto sommato non era nemmeno così tardi. Tooru rabbrividisce quando ormai è un po' che sono praticamente nudi, boxer a parte, e gli si stringe d'istinto addosso visto quanto calda è la pelle di Iwaizumi ora come ora. Le mani dell'altro gli passano sulle braccia, sulle spalle, poi però lo abbandonano quando si Hajime si alza a sedere. Tooru si lascia guidare a fare lo stesso, senza bene idea di cosa voglia fare: si fa tirare leggermente su fino a doversi puntellare sulle ginocchia, non si oppone quando Hajime lo spinge leggermente fino a farlo spostare e solo quando Oikawa si ritrova a fissare se stesso nello specchio capisce il fine ultimo di tutti quei movimenti.

«Mpf, Iwa-chan ma allora ce l'hai una libido.» lo prende in giro, come se non lo sapesse e non ne fosse oggetto, poi.

Iwaizumi non dice nulla, alza soltanto gli occhi al cielo e poi si muove a sua volta, poggia il petto contro la schiena di Tooru, gli cinge di nuovo la vita con un braccio e con l'altro scende subito con la mano; più che infilarla nell'intimo di Tooru, però, ci insinua appena due falangi per arpionare i boxer e tirarli giù un in movimento unico e abbastanza fluido. Non si dà la pena di farli scendere fino alle ginocchia poggiate sul materasso, non serve davvero e nemmeno Tooru ora come ora ha tutta questa attenzione ai dettagli. La mano risale poco, quanto basta a prendere tra le dita l'erezione già piuttosto evidente di Oikawa. 

A vedere Iwaizumi, uno potrebbe immaginarselo manesco e rude anche al letto - sempre che uno se lo immagini mentre fa sesso, Tooru capisce bene di non fare testo in questo senso e che la maggior parte se non tutti i loro compagni di squadra e scuola probabilmente non lo fanno - e invece per quanto le sue mani siano leggermente ruvide e le dita abbiano qualche piccolo callo qua e là, se Iwaizumi non sceglie di comune e tacito accordo con lui di essere un po' più rude del normale, i suoi tocchi si rivelano sempre inaspettatamente gentili. 

Così le sue carezze si rivelano ancora più snervanti, nella loro iniziale lentezza; Tooru mugola quando i tocchi gli danno piacere, si lamenta con qualche «Iwa-chan» infantile quando Iwaizumi si ferma o sfiora in modo troppo leggero quell'erezione ormai totale ed evidente. Iwaizumi ha il viso affondato nel suo collo dove continua a baciare, mordere, a tratti anche dare piccoli tocchi di lingua; Tooru lo vede bene perché gli basta guardare allo specchio - persino lui ha una punta di imbarazzo nel vedersi così, del tutto abbandonato alla mercé di Hajime e in condizioni simili, con il membro eretto, il corpo accaldato, un orgasmo ormai agli sgoccioli e l'espressione eccitata. Ma tutto peggiora esponenzialmente quando Iwaizumi alza appena il viso dal suo nascondiglio per portarsi vicino al suo orecchio: Tooru si sente mordicchiare il lobo, sente Hajime succhiare leggermente quella parte di pelle morbida e sensibile, e poi gli sente dire «Tooru, allarga un po' le gambe.» con il respiro pesante e il tono arrochito.

Gli basta poco per fare quanto Iwaizumi gli ha chiesto, e ancora meno per sentirlo infilare il pene tra le sue cosce; le stringe d'istinto, capendo dove l'altro stia andando a parare, anticipando cosa vuole che faccia. Si concede un sospiro pesante quando sente il gemito di Hajime così vicino al suo orecchio e mentre lo chiama; pronuncia il suo nome di rimando quanto Iwaizumi comincia a muovere il bacino, come se dovesse spingersi dentro di lui ma, invece, sfregando tra le sue gambe e contro la sua stessa erezione, dandogli un piccolo colpo di grazia a ogni spinta.

Tooru deglutisce, poi si arrende e si permette di essere vocale, a un certo punto quasi lo fa come provocazione. La mano di Iwaizumi non si ferma e, anzi, aumenta il ritmo e diventa un mix letale insieme al sentirlo spingere, cercare il piacere contro di lui - è una tortura, perché Tooru comincia a volerlo dentro di lui e non semplicemente così, che per quanto piacevole lascia quella sensazione di non completezza che non gli piace per nulla.

Hajime dà un'ultima spinta, tanto che Tooru quasi perde l'equilibrio in avanti; le mani puntano contro il muro e lo sostengono, mentre alza lo sguardo verso lo specchio e vede l'espressione di Hajime completamente abbandonata, le labbra dischiuse a lasciare liberi i respiri pesanti e i gemiti che di tanto in tanto ormai nemmeno Iwaizumi può controllare come vorrebbe.

Quando lui viene, e il suo viso è trasformato dal piacere, Tooru sente l'ondata dell'orgasmo colpirlo in pieno e poggia la fronte contro il vetro freddo, mentre una scarica di piacere gli attraversa la schiena e gli rende le gambe molli. Lo chiama ancora una volta e viene nella sua mano sentendo tutto il peso del corpo di Hajime su di sé.

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