Mar. 19th, 2019

hakurenshi: (Default)

Prompt: parità
Missione: M1
Parole: 4245
Warnings: spoiler (ch.6-9, ch.25-32)






Il suo maestro non gli ha mai domandato quale sia la sua cosa preferita. Noè lo trova strano, perché l’uomo gli fa sempre molte domande - su cosa apprende, su cosa pensi della luna blu, sulle cose che legge e impara, ma quel singolo dettaglio invece non sembra suscitare in lui abbastanza interesse da prendere l’argomento. Certo, Noè è consapevole che il suo maestro è una persona impegnata, come testimonia il suo andare spesso via dalla grande casa in cui Noè stesso vive; tuttavia a volte vorrebbe quasi chiedergli “Maestro, non mi chiedete qual è la mia cosa preferita in assoluto, quella che più di tutte mi piace dal mio primo ricordo dei nonni che mi hanno cresciuto fino a oggi?”, e sentire la sua risposta.
D’altra parte, però, tiene la cosa per sé e pronta per quando il maestro gli farà finalmente quella richiesta di confessione. E’ stato facilissimo chiudere a chiave in una scatola immaginaria il suo grande segreto e non ha paura di dimenticarlo, non solo perché è un archivista e questo sembra fargli avere un rapporto importante con i ricordi (i suoi? O quelli degli altri?), ma perché la sua cosa preferita è una persona e la vede ogni giorno.
«Noè!» lo richiama la voce di Louis e lui si volta, distogliendo lo sguardo dalle pagine del libro, sulle labbra un sorriso che già affiora ancora prima di inquadrare l’altro nel proprio campo visivo «Domi ti cerca, sbrigati!» esclama lui.
A Noé ci vuole solo un istante per chiudere il libro - cercherà di nuovo la pagina a cui era arrivato dopo, non importa -  e un altro per saltare giù dalla sedia, già con mezzo passo verso Louis e, in potenziale, verso Domi chissà dove ma di sicuro in un angolo di giardino.
Louis non aspetta mai che lui lo affianchi, ma Noè ha notato che si assicura sempre di averlo dietro di sé; lui d’altronde a volte gli cammina di fianco affrettando il passo così da non farsi distanziare troppo, altre preferisce rimanere com’è ora. Il profilo di Louis gli piace, ma anche di spalle c’è qualcosa che fa sentire bene Noé: quella sicurezza di non perdersi mai perché basterà seguire la schiena di Louis per ritrovare sempre la strada.
Come potrebbe mai dimenticare una persona con cui starà insieme per sempre?


Domi profuma di fiori. Noè ci ha fatto caso dopo le prime volte, quindi con un po’ di ritardo, perché pensava fosse dovuto all’aver passato buona parte dei pomeriggi assolati nel grande giardino della casa dei De Sade. A volte si sono persino addormentati sull’erba o in mezzo a quegli stessi fiori, perciò il fraintendimento non era poi così strano. Poi ha cominciato a far caso a come quella scia la seguisse a prescindere per i lunghi corridoi e le scalinate, fino a capire che era proprio l’odore di Domi a essere così. Al contrario, invece, Louis ha addosso l’essenza dei libri vecchi e impolverati, e può sembrare un difetto ma Noè ama i libri; certo, preferisce quando anche Louis si unisce a loro all’aperto, ma c’è qualcosa nell’odore che si porta dietro capace di far sentire Noè a proprio agio, al sicuro - non è solo perché il maestro lo incita a conoscere sempre più cose, a studiare tutto ciò che lo incuriosisce, ma è una sensazione istintiva e intima.
Sembra che alcuni pensino in negativo delle differenze tra Domi e Louis, così simili nei tratti delicati del viso ma così diversi nell’indole e nell’atmosfera che gli si respira intorno, eppure Noè crede siano giusti proprio così come sono e che si somiglino molto più di quanto le persone credano: entrambi gentili, pronti ad aiutarlo quando ne ha bisogno. Non lo hanno mai fatto sentire solo da quando vive in quella casa, non gli hanno mai permesso - pur senza saperlo, o forse sì? - di fargli percepire la mancanza dei nonni.
Domi e Louis potranno sembrare opposti, ma agli occhi di Noè sono la stessa realtà filtrata in due modi differenti: un caleidoscopio pieno di colori lei, un cielo con poche stelle in una notte in cui la luna sta appena ricominciando ad affacciarsi dopo l’assenza lui.
«Noè?» la voce di Louis spezza il silenzio della porzione di giardino, un po’ isolata rispetto ai loro soliti punti di ritrovo per passare il tempo anche con Domi, in cui Noè si è rintanato. Ci sono momenti, in alcuni giorni, in cui si porta dietro un libro e si abbandona all’ombra di un albero; ogni tanto, mentre legge, avverte la necessità di chiudere gli occhi e posare il libro sul petto, vicino al cuore. Restare in silenzio e aspettare. Ma aspettare chi? Aspettare cosa?
«Mh?» è la replica vaga mentre apre gli occhi e inquadra la sua figura. Louis è in piedi, ma sta già piegando le ginocchia per andare a sederglisi accanto; tiene il peso di buona parte del suo corpo sulle mani aperte che affondano appena in mezzo all’erba, ma in un primo momento non cerca un contatto di alcun tipo con Noè, né visivo né fisico. Al contrario di Louis, invece, Noè lo guarda: il profilo, a cominciare dalla fronte e scendendo giù per il naso, sfiorando le labbra e scivolando sul mento. È come guardare una goccia che cade, solo che la goccia non c’è.
Poi, senza alcun preavviso, quello che si ritrova a guardare sono gli occhi di Louis e il mezzo sorriso che gli si dipinge sulle labbra.
«Sei scappato di nuovo?» gli domanda Louis, con una punta di malizia forse, la stessa vaga che Noè ricorda dal loro primo incontro, l’infantile tentativo di indisporlo parlando male dei nonni che lo hanno accolto con tanto affetto quando era solo e prima che venisse venduto. C’è qualcosa di diverso, ma allo stesso tempo Noè sa che ora in quella frase non c’è la volontà di ferirlo in alcun modo, per quanto possa suonare un po’ provocatorio… in questo, anche se non glielo ha mai detto, Noè crede che Louis somigli un po’ a suo nonno - all’uomo che lui chiama “maestro”.
Si tira leggermente su a sedere, per poter guardare l’altro dalla stessa altezza: non sono poi tanto lontani di età, crede, né in statura; Noè con il tempo ha imparato che Louis e Domi non hanno mai dato alcuna importanza nemmeno allo stato sociale. Non troppo tempo fa, anzi, Louis gli ha detto “forse con Domi, ma non con me”. Noè non ha mai compreso davvero perché dovrebbe esserci questa distinzione, ma non ha fatto domande - una piccola parte di lui si sente ancora in colpa per aver visto la solitudine di Louis senza avergli chiesto il permesso.
«No…?» gli fa di rimando, confuso, e lo sente sbuffare divertito.
«Sarà.» sembra quasi concederglielo, come se non ci credesse davvero, e sposta lo sguardo verso l’alto. Non è raro che Louis si perda a osservare il cielo, o l’orizzonte, o cose che Noè pensa di non essere in grado di vedere. Stavolta, però, gli sembra meno angosciato del solito e questo lo fa sentire di riflesso meno in ansia.
«Sono tanto diversi?» chiede poi, all’improvviso.
«Cosa?»
«Il mio sangue e quello di Domi. Visto che li hai bevuti entrambi, sono molto diversi?»
La domanda lo coglie impreparato. Noè non ci ha mai pensato, a essere sincero. Sa che il sangue di Dominique è dolce, ma la sua percezione è piuttosto sballata anche a causa dei ricordi che ha visto, ne è abbastanza sicuro: Domi è stata pura luce, dolcezza, calore; Louis è stato freddo, buio, pesante nel modo in cui pesa solo il dolore che nonostante tutto Noè ricorda ancora abbastanza chiaramente da riconoscerne le fattezze nell’ombra. In più, lo imbarazza sempre un poco il pensiero di aver bevuto il sangue di tutti e due - sa che è un bisogno fisiologico e che nessuno meglio di loro, vampiri suoi pari, lo può capire.
Però…
«Mh.» ammette con un annuire lieve «Non ho mai bevuto una seconda volta quello di Domi.»
Noè non conosce ancora il significato del modo indiretto in cui confessa un apprezzamento che è troppo giovane per saper riconoscere. Louis però in qualche modo legge in quella risposta proprio quel che voleva (o quello che non voleva?) e si avvicina con il viso a quello di Noè. Si tratta della distanza con cui si indaga con insistenza, pur preservando un barlume di spazio personale. Noè non si allontana - per lui il gesto stesso di allontanarsi da Louis o Domi è impensabile e incomprensibile - ma si volta un poco, cercando di guardare l’altro e al tempo stesso di non distruggere quel delicato equilibrio fatto di vicinanza consapevole e calcolata.
Louis sposta l’attenzione su di lui, di nuovo, e rimane in silenzio per un tempo che non è infinito e nemmeno lo sembra come descrivono nei libri, ma fa sentire Noè nervoso. Poi Louis si muove, facendo per alzarsi e Noè è sicuro di aver detto qualcosa che forse avrebbe dovuto tenere per sé; poi, però, Louis sposta il peso su un ginocchio e posa l’altro sull’erba, vicino all’altro fianco di Noè e lo guarda da lì, sopra di lui, non perché voglia primeggiare o imporre un ordine di importanza tra di loro ma perché… Noè non lo sa, perché.
«Louis?»
«Vuoi bere il mio sangue, Noè?» lo chiede come lo ha fatto la volta prima, e quella prima ancora. Noè scuote la testa - non è passato tanto tempo dall’ultima occasione, non sente i morsi della fame e in ogni caso non morirà se aspetta ancora a berne di nuovo - ma Louis non sembra scoraggiato.
«Allora posso bere io il tuo?»
Questa è una cosa che Louis non gli ha mai proposto e non se l’aspetta, non è pronto. Ha sempre pensato l’amico non ne avesse bisogno, o forse sì ma non ha mai ponderato sulla possibilità che Louis volesse bere il suo. Lo guarda confuso, in imbarazzo, un po’ stordito persino e Louis sorride, incurva le labbra con quel suo modo di fare che nasconde i pensieri, le parole e qualsiasi cosa si tenga dentro e lo fa sembrare lontano anni luce. Eppure è lì, non è mai stato così vicino.
Annuisce, con un «Mh.» flebile e la mano di Louis gli sfiora il collo quanto serve a liberarlo un po’ del colletto della camicia; si ferma a metà di quel gesto però, Noè lo vede aggrottare le sopracciglia e poi sente le sue dita scivolare giù, fino a prendergli una mano. Sbottona all’altezza dei polsi, con una cura e un’attenzione lente che Noè non comprende del tutto. Gli scopre una porzione di pelle, intreccia le dita alle sue e poi avvicina la sua mano al proprio viso.
Louis ha lo sguardo lontano, ma non come quando cerca posti e persone che Noè non conoscerà mai; stavolta c’è qualcosa in più, anche se non saprebbe dire cosa e la punta della lingua di Louis sulla sua pelle lo distrae a sufficienza perché se ne dimentichi. Poi alla lingua si sostituiscono i denti, e a quelli la sensazione intima di una parte di sé che diventa parte di Louis - esattamente come, in altre occasioni, è stato il contrario - e il calore che parte da lì, ma si espande in tutto il corpo in un secondo.
Louis non ha bisogno di farsi dire quando smettere. Sembra perfettamente conscio del momento giusto, ma quando si scosta Noè vede l’espressione sul suo viso, ed è la più genuina che gli abbia visto negli ultimi tempi. Non solo un’ombra di genuinità, ma una vera. Lo guarda come se Noè fosse prezioso, sorride divertito, ha una consapevolezza diversa che quasi lo affascina.
«Adesso siamo pari, Noè.» gli dice «Siamo uguali.»


*


Odore di polvere, profumo di lenzuola pulite e dei fiori mai colti del giardino.
Noè ricorda quegli odori nello stesso modo in cui le sensazioni di un sogno ricorrente si cuciono sulla pelle di chi lo vede, al punto tale da riconoscere lo stesso paesaggio onirico; a volte si guarda quanto avviene nel sogno e si ha la sensazione di riconoscerlo, si attende di arrivare al punto in cui ci si era fermati la volta precedente. C’è un punto preciso in cui si ha la consapevolezza di averlo già visto, già vissuto, e si attende con trepidazione il momento in cui si arriverà a quel singolo istante da cui tutto comincerà per la prima volta, dando finalmente un degno finale che non lascerà l’amaro in bocca al risveglio.
Noè è lo spettatore di un ricordo come lo è di tutti quelli che gli affollano la mente quando i suoi denti lacerano la carne e la sua lingua tocca il sangue di qualcuno - la sua natura di Archivista lo porta ad avere la memoria di chiunque alla propria mercé. Da bambino, mentre imparava la natura di un’abilità innata e tramandata nel proprio sangue, forse ha pensato di poterla rendere qualcosa di utile alle altre persone. Poi ha assaggiato del sangue e ha compreso che non sempre i ricordi nascondono la felicità, e non tutti vogliono davvero lasciare che altri possano spiare a loro piacimento ciò che li riguarda.
Anche per lui, in fondo, la sua abilità è diventata il sibillino approccio di una maledizione: se avesse visto meglio i ricordi di Louis, sarebbe stato in grado di aiutarlo? Sarebbe stato capace di salvarlo almeno dalla sua solitudine?
Ci sono istanti in cui il ricordo di Louis è spaccato a metà, diviso tra i momenti felici in cui si è sentito parte di una famiglia di cui è rimasta solo Dominique e quelli in cui quella famiglia si è spezzata insieme alla vita di Louis. Alcune volte, addirittura, gli sembra che due realtà si sovrappongano una all’altra, e alcuni dettagli coincidono in un modo che Noè non crede possibile finché non li ha davanti.
Quando danza con Vanitas, danza con Louis; quando Vanitas guarda lontano e non si accorge di essere osservato, è Louis che si perde nella sua oscurità; quando non beve il sangue di Vanitas perché lui glielo impedisce prima si vergogna di averlo desiderato, poi ritiene il rifiuto un’offesa informe a cui non sa dare un nome più preciso, e dopo ancora pensa che sia giusto - non sarà colpa sua se lo perderà senza aver fatto tutto il possibile - e ne è incredibilmente frustrato.
E se non potesse fare niente, ancora una volta?  

«Dormi.» gli ordina la voce di Vanitas, anche se non è girato verso di lui ma mantiene il viso rivolto verso il muro, invece. Noè lo vede chiaramente, o almeno vede il punto delle coperte che dovrebbe corrispondere alla sua schiena. Difficile dirlo quando Vanitas è un ammasso di stoffa da cui fuoriesce a stento la testa.
Noè non dice nulla, ma si stringe meglio sotto le proprie lenzuola e chiude gli occhi, in attesa che il sonno arrivi.
Spera di non sognare.


Si sveglia di soprassalto, il cuore che minaccia di uscirgli dalla cassa toracica e il sudore che gli incolla la veste al corpo, dandogli una fastidiosa sensazione di soffocamento. Fatica per un paio di istanti a mettere a fuoco la stanza, a uscire dal sogno per gettarsi nella realtà. Gli strascichi di una stanza in penombra e di corpi senza vita si aggrappano ancora alla sua mente, quando cerca di scacciarli per calmare il respiro e il principio di nausea che avverte.
Nel sogno Louis non gli parla mai. A volte lo guarda e sorride, altre allunga una mano verso di lui per attirarlo ma non permette mai che Noè gliela prenda. In casi molto più rari lo invita a seguirlo, ma nonostante lui si affretti Louis è irraggiungibile, sempre, quasi camminasse su un piano diverso o a una diversa velocità. Non sono sempre sogni cruenti, ma il modo in cui viene strappato dalla consapevolezza che Louis possa essere di nuovo con lui è violento; molte volte Noè lo vede muovere le labbra ma non riesce a sentire la sua voce e quella è la cosa del sognarlo che gli fa più male - sarebbe, altrimenti, il compromesso più semplice per rivederlo.
«Noè.»
Noè?
«...» boccheggia, per un attimo, quello nel quale sogno e realtà si calcano a vicenda così tanto da stordirlo. Poi mette a fuoco Vanitas, già vestito e seduto sul proprio letto. Lo guarda come se qualcosa di Noè non lo convincesse ma fosse ancora incerto sul fare domande o meno. Noè ne approfitta per calmare del tutto il proprio respiro, per asciugare la fronte madida di sudore con la manica, per scostare le ciocche di capelli dalle tempie, per staccarsi di dosso la stoffa umida.
Il silenzio tra loro non è inusuale, ma nemmeno naturale. Vanitas è (si è dimostrato essere) quel tipo di persona mai vittima dei silenzi imbarazzati, mai in difficoltà nel lasciare la propria parlantina a briglia sciolta. Allo stesso tempo, però, tra loro è difficile trovare un argomento di conversazione in comune che non siano i loro spostamenti, le informazioni di Dante e poco altro che con il personale non ha mai nulla a che spartire. In alcuni momenti, anche se non vorrebbe, Noè ritrova i silenzi di Louis in quelli di Vanitas - non sovrappone l’intera persona, non crede Louis sarebbe mai potuto essere come Vanitas (ma chi può saperlo: Louis non sarà mai più), ma il modo in cui creano un muro costruito sull’assenza di parole e sui segreti incofessabili è simile. Come quando nel sogno Louis muove le labbra ma non parla, o quando Noè notava come l’altro si perdesse e non gli diceva nulla, anche Vanitas sembra ugualmente irraggiungibile, non importa quanto sia fisicamente vicino, come ora.
«Noè!» lo sente esclamare all’improvviso e sobbalza. Gli occhi magenta cercano quelli azzurri dell’altro e quando li trovano vorrebbe dire tantissime cose, ma contro ogni sua volontà a scappargli tra le labbra è quella più assurda di tutte.
«...Tu sei davvero qui, Vanitas?»
Vede nell’espressione dell’altro quanto sciocca debba suonare quella domanda.

La notte ha già inghiottito il cielo da un po’ e velocemente, quasi avesse messo in fuga la luce del tramonto che fino a un istante prima era lì. Per le strade di Parigi l’odore dei fiori la sera si intensifica, e a Noè piace: seppure si tratti di una grande città e - come Domi ci tiene a ricordargli - lui sia cresciuto nell’aperta campagna prima e in una casa protetta poi, sentire un profumo tanto familiare lo fa sentire bene. Dalla finestra aperta entra la brezza ancora fredda della notte in arrivo, ma è quella a portare con sé quell’aroma; Noè lo inspira a pieni polmoni, chiudendo gli occhi. E’ incredibile come sia facile riuscire a figurare nella propria testa un’immagine di così tanti anni prima come se ce l’avesse davanti agli occhi proprio ora. Se si abbandona alle sensazioni, è quasi sicuro di poter sentire la voce di una Dominique bambina che chiama Louis e quella di quest’ultimo, così facile da immaginare all’ombra di un albero o vicino a una finestra e con un libro in mano. Quando lo fa, però, aprire gli occhi diventa doloroso perché è consapevole di non trovare più nulla di tutto quello.
Vanitas riempie una porzione di spazio nella stanza, conversando con Dante alla porta e disturbando la perfetta riproduzione di una gabbia vuota che ospita il passato, con un piccolo specchio sul presente della città dalle vie ancora trafficate e gli abitanti affascinati dalla notte illuminata artificialmente.
La porta dietro di lui si chiude, e per un momento pensa che a uscire siano stati entrambi gli uomini. Poi però un lieve fruscio tradisce la presenza di Vanitas. Noè non apre gli occhi, ma continua ad ascoltare e utilizza i suoni per vedere: stoffa contro stoffa, perché Vanitas probabilmente si sta liberando del mantello; il lieve cigolio del letto, quando l’altro si siede; il silenzio, e Noè sa di essere osservato e solo a quel punto apre gli occhi. Con sua sorpresa, però, Vanitas sta guardando fuori dalla finestra e verso un punto imprecisato dell’orizzonte.
Non è semplice per Noè misurare le distanze con le persone come Vanitas - che non sono molte, al mondo, in ogni caso - e non solo fisiche, ma psicologiche. Era convinto si stessero conoscendo, ma è bastata la sciocca richiesta di bere il suo sangue per far aumentare la distanza di nuovo di dieci, cento passi. Il dislivello che avverte con Vanitas è del tutto diverso da quello che pensava ci fosse con Louis, perché nel caso dell’amico era una sensazione altalenante, che a volte si traduceva nella presa di coscienza di una diversa posizione sociale o nell’estensione di un affetto. C’era sempre un metodo di paragone: “meno importante di Domi”, “meno alto di Louis”, “meno saggio del maestro”, “vedere più cose di”, “meno famiglia di” e non c’era mai un “tanto quanto”. A parte quando dormivano tutti insieme e lo sentiva così forte e reale, nel respiro regolare di Louis e in quello silenzioso quasi fino a scomparire di Dominique che lo faceva sentire in pace.
Vanitas è tante cose “più” di lui, ma anche diverse cose “meno” e Noè si riscopre a desiderare così tanto un’uguaglianza tra loro che a tratti sembra un desiderio incontrollabile.
E’ perché sentirsi meno distante, sentire di camminare sulla stessa strada e sullo stesso piano significherebbe poter allungare la mano come nel portale per raggiungere l’altro lato del mondo? Ci sono pensieri che durano un istante appena, in cui Noè non capisce questo bisogno di avere la certezza di poterlo salvare da una caduta, quasi fosse scritto da qualche parte che presto o tardi quella caduta nell’abisso ci sarà. O forse è soltanto che sarebbe bello poter sfiorare per un istante il cuore di Vanitas e i suoi sentimenti senza che questo avvenga quando quel cuore ce lo avrà in mano, pulsante, o Vanitas non avrà più fiato in gola per dirglieli apertamente, i pensieri che affollano quella sua mente labirintica.
«Charlatan» pronuncia Vanitas all’improvviso «quante volte lo hai visto, Noè?»
La domanda lo coglie impreparato e lo obbliga, quasi, a spostare lo sguardo sull’altro. L’umano - a volte dimentica che Vanitas lo è - ha ancora gli occhi rivolti al cielo, facendo la conta di stelle invisibili con espressione indecifrabile.
Quante volte ha visto Charlatan?
«Nei ricordi degli altri?»
«In generale.»
«...non ne sono sicuro. Penso almeno due o tre, ma...» ma non escluderebbe di averlo rivisto negli incubi, di averne accostato la figura al destino di Louis al punto tale da vederlo anche dove non c’è mai stato.
«Vanitas?»
«Mh?»
«Cosa stai cercando?» chiede di rimando, ma non è a “Charlatan” che si riferisce. Vorrebbe solo sapere cosa gli occhi di Vanitas sperano di trovare nell’orizzonte ormai quasi indistinguibile a causa del sole interamente inglobato dalla notte.
Si aspetta quasi che Vanitas lo ignori o gli rifili una di quelle risposte così piene di dettagli che non significano nulla. Invece lui incurva le labbra in un sorriso enigmatico - una piccolissima parte di Noè, nella sua testa, urla è il sorriso di Louis come un allarme - e non evade la questione come succede sempre.
«Niente che gli altri possono trovare per me.» replica, e Noè sente il petto sgonfiarsi di quel respiro che non si era accorto di trattenere. Per un attimo ha davvero creduto di poter avere una risposta da Vanitas, una chiara ammissione, qualcosa di diverso da un enigma perpetuo e irrisolvibile.
«Ma al momento» riprende a parlare, e solo allora Noè nota che qualche petalo ha finito col posarsi sul davanzale e se ne accorge soltanto perché Vanitas allunga una mano per prenderne uno tra due dita «cercavo solo di capire da dove arrivassero questi.» concede.
Non è necessario essere uomini di mondo per capire che si tratta di una bugia ma, forse, al tempo stesso è la più grande verità che Vanitas gli abbia mai concesso sebbene mascherata da risposta vaga e senza senso apparente. Quando lo realizza, Noè capisce che forse non potrà mai avere un istante più onesto di quello da parte di Vanitas - e fa male rendersi conto di come questo renda lui e Louis identici.
Quante volte ancora Noè non potrà trovare per qualcuno di vicino la soluzione non a tutto, ma almeno al dolore?
«Ti piacciono i fiori, Noè?» la voce di Vanitas ha già un’inflessione diversa, l’incantesimo è spezzato e nessun mago può ripristinarlo. Lui vorrebbe rispondere che ama il ricordo che il profumo di fiori porta con sé, esattamente come quello delle pagine di vecchi libri, ma sarebbe lo stesso di sempre e forse persino lui ha dei segreti cuciti alla sua anima al punto che condividerli sarebbe come strapparla in mille pezzi dopo tutta la fatica fatta per metterla a posto quando è successo. Dominique ha cucito per lui con pazienza e rattoppando goffamente, ma Noè non vuole rendere vano tutto il suo lavoro quando lei, forse, era più strappata di chiunque altro.
«Sì. Ora arriva la stagione più calda, giusto?»
Tiene per sé un mondo intero, senza lasciare che Vanitas possa entrarci - lui lo tiene da parte. Crede che, prima o poi, il momento giusto arriverà e intanto pone le basi di quel “tanto quanto” desiderato per altri e visto scivolare via prima di poterselo tenere stretto e del quale, ora, si sta guadagnando una piccolissima porzione.
Adesso siamo pari, Noè. Siamo uguali.
Si possono provare gli stessi sentimenti senza conoscerli?
Noè crede di sì, in qualche modo.

Profile

hakurenshi: (Default)
hakurenshi

April 2025

S M T W T F S
  1234 5
6789101112
1314151617 1819
20212223242526
27282930   

Most Popular Tags

Style Credit

Expand Cut Tags

No cut tags
Page generated Jun. 17th, 2025 06:37 am
Powered by Dreamwidth Studios