Mar. 26th, 2022

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Prompt: Pioggia
Missione: M5 (week 5)
Parole: 647
Rating: teen up
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Quando sente suonare il campanello rimane stupito e gli viene istintivo spostare lo sguardo in direzione di Hiyori. Sono entrambi rimasti a occuparsi dei ragazzi che stanno ancora imparando a gestire le loro abilità, Hiyori perché uno degli adulti con un controllo migliore e una più profonda conoscenza di come allenare corpo e mente per gestire dei poteri speciali e lui - Yukinaga - perché, pur non avendo alcuna abilità particolare, ha passato quasi tutta la sua (breve) vita ad allenarsi in un'arte marziale. Conosce la disciplina così come sa riconoscere quando si raggiunge un limite, dunque Tatsuya non ha esitato ad affidare loro il compito. 


Lo stupore generale si deve al fatto che quasi tutti loro siano presenti in casa, che chi non c'è è perché sarà impegnato ancora per almeno un paio d'ore al di fuori dell'abitazione tra studio e lavoro, e infine perché sta diluviando da almeno un'ora. Nessuno farebbe la strada sotto una pioggia torrenziale di questo tipo, non quando chiunque voglia entrare in contatto con loro potrebbe o chiedere un passaggio a Takuma tramite il teletrasporto o almeno chiamare per le questioni non troppo urgenti. Senza contare che tutti gli abitanti hanno la chiave e ben due copie sono state lasciate ai Sievert per ogni evenienza. 


Hiyori guarda verso l'orologio a muro nella stanza prima e verso la finestra poi, notando che la pioggia non è certo diminuita né sparita dall'ultima volta che ha controllato. Così fa un cenno a Yukinaga di andare a vedere di chi si tratti e lui esegue, lasciando da parte il piccolo gruppo di tre ragazzi con cui stava lavorando. Deve percorrere solo un corridoio per raggiungere l'ingresso dal salotto dove si trovava e quando si trova davanti alla porta si avvicina innanzitutto per sbirciare dallo spioncino. Il campanello, nel mentre, suona altre tre volte e con una certa insistenza. 


Dall'altra parte dello spioncino un Elias a dir poco fradicio lo guarda - o meglio, guarda la porta in effetti - come se volesse dare fuoco a qualsiasi cosa e Yukinaga ha appena iniziato ad abbassare la maniglia che fuori sente un inconfondibile, delicatissimo «Ci devo morire qui fuori sotto il cazzo di diluvio o ce la facciamo ad aprire questa porta di merda prima che io la butti giù a calci?!»


La leggenda narra che, a quindici anni, Elias fosse molto più iracondo e sboccato rispetto a ora che ne ha venti di più. A volte, come adesso, Yukinaga fatica a crederci.


Apre e lo lascia entrare prima che sia troppo tardi. L'uomo non se lo fa ripetere due volte, gli stivali che quasi fanno squash squash per quanta acqua si portano dietro e lui stesso si sgrulla come un cane. Solo allora Yukinaga nota che si sta tenendo lo stomaco e per un momento si chiede se non abbia appena indugiato a far entrare una persona ferita. 


«Hiyori-san! Hiyori-san!» chiama il medico per ovvi motivi, ma Elias lo guarda e gli intima uno sssssh - assolutamente poco coerente visto come l'altro ha appena sbraitato fuori dalla porta - e poi un ancor più incomprensibile «Lo spaventi!»


Yukinaga inarca un sopracciglio, convincendosi che il rumore della pioggia battente fuori dalla porta ancora semi aperta gli stia giocando un brutto tiro. Inarca un sopracciglio, sperando in cuor suo che Elias non sia diventato visionario.


«Non guardarmi così, Yuki,» gli intima Elias, tirandosi giù parte della zip della giacca di pelle e rivelando non uno ma due gattini «stavano gelando sotto la pioggia. Non una parola con quella stronza di Irina, non la voglio sentire ridere perché ho preso dei gattini che erano sotto il diluvio okay? Okay. Questa cosa rimane in questa casa o giuro che ti trascino fuori finché un fulmine non ti prende in pieno.» borbotta.


Sarebbe credibile se non si fosse appena preso tutta l'acqua del mondo per dei gattini, davvero.


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Prompt: Neve
Missione: M5 (week 5)
Parole: 706
Rating: teen up
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Molti dei ragazzi a cui danno rifugio, sia temporaneamente nel caso non vogliano rimanere sia fin quando se la sentono di restare, non hanno visto la neve. O meglio, alcuni di loro potrebbero averla vista ma essere stati così impegnati da dover scappare da qualcosa o da qualcuno per potersela godere come chiunque dovrebbe poter fare. Per essere completamente sinceri, dire "danno rifugio" non è nemmeno corretto visto che Dimitrij sente di essere più un rifugiato che qualcuno realmente di aiuto - in linea teorica Tatsuya ha detto a lui, Nikolai e Yuriy che potevano rimanere per tutto il tempo che volevano o di cui avevano bisogno, e quel permesso si è trasformato in una rassicurazione, i giorni in settimane e mesi e ormai quasi un anno. Nessuno di loro tre ha parlato di andarsene, ma hanno discusso la possibilità di rendersi utili e ripagare il loro debito qualora qualcuno venisse per minacciare anche solo uno dei ragazzi sotto la protezione dei Miyuki. Dimitrij spera non succeda mai. 


«Dimitrij, ci stiamo mettendo in salone a fare merenda, vieni?» pronuncia Yukinaga, facendo capolino dal corridoio. Porta con sé un vassoio piuttosto grande che di certo sarà pieno di fette di crostata o di biscotti e, quasi sicuramente, sarà stato già preceduto da uno con abbastanza tazze di tè per tutti. Dimitrij annuisce e mette da parte il libro che stava leggendo, senza segnare alcuna pagina. E' una lettura vecchia che non avrebbe bisogno di fare di nuovo, ma lo fa sentire meno solo.


*


«Dimi, com'è la neve?» gli domanda Hans. E' uno degli ultimi a essersi unito, ha appena dodici anni e Dimitrij non sa perché ma da quando si sono visti la prima volta Hans non ha fatto altro che stargli appiccicato ogni volta che si trovano sotto lo stesso tetto. Anche adesso non ha perso l'occasione e appena Dimitrij ha preso posto per terra, sul tappeto e lasciando i divanetti liberi per gli altri, di tanto posto Hans è andato a sedersi in mezzo alle sue gambe reclamandolo come un re fa con il suo trono. Nikolai lo prende in giro dicendogli che il ragazzino deve avere una cotta per lui. Dimitrij si sente morire ogni volta che lo dice anche solo per scherzo. 


«Mmmh» pronuncia a labbra strette, abbassando lo sguardo e ritrovandosi a osservare il visto di Hans e la sua espressione piena di aspettativa, per nulla diversa da quelle dei suoi compagni quando Dimitrij alza gli occhi su di loro: «fredda. E bianca.» comincia, interrotto quasi subito dalle risate dei più piccoli. Ovvio che lo sappiano già, ma Dimitrij non sa come altro descriverla: nei suoi ricordi la neve non è qualcosa di romantico o di strettamente collegato al Natale. E' gelo sulla pelle troppo scoperta mentre si scappa da un laboratorio. E' scivolare senza forze e chiedersi se non sarebbe meglio rimanere lì e farsi ricoprire, farsi seppellire, diventare tutt'uno con la neve mentre si spera di morire. E' tante persone salvate e tante altre abbandonate. E' un pavimento bianco macchiato di sangue. E' un silenzio assordante rotto solo da urla di dolore. E' guardare fuori dalla finestra, vedere i fiocchi cadere senza far rumore e sentirsi un nodo in gola mentre la speranza di uscire da una cella buia si fa sempre più piccola, destinata a sparire.


«Dimi?»

«Mh. Non la ricordo bene.» mente, anche se non è bravo a farlo, ma sempre meglio che offrire l'orrore dei suoi ricordi «Però una volta ho chiesto a Babbo Natale di cambiare la mia abilità e farmi creare la neve, così l'avrei avuta tutto l'anno.» aggiunge, cercando di sviare l'attenzione su un discorso più o meno diverso o che almeno non lo obblighi a essere la voce narrante che non sente di poter diventare. Hans lo guarda come se il solo aver pensato di chiedere una cosa simile a Babbo Natale fosse geniale e si getta a capofitto in un "cosa vorrei fosse la mia abilità".


Dimitrij sente la mano di Yukinaga posarsi con gentilezza sulla sua spalla e quando alza lo sguardo, Yuki gli fa segno di non dire nulla e con un brevissimo cenno del capo gli indica fuori dalla finestra. Un cielo di un bianco sporco sembra promettere neve.

 
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Prompt: Oscurità
Missione: M5 (week 5)
Parole: 657
Rating: teen up
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Ugetsu ha avuto un'infanzia felice. Ci sono tanti tra gli ability user che non possono dire lo stesso e ormai è quasi strano sentire uno di loro - specie della sua generazione - dire di essersela passata bene, di non aver subito la discriminazione o di aver potuto dire di essere diverso e non doversene pentire poco dopo. Ugetsu non si considera benedetto, ma neanche maledetto. Sarebbe potuta andare molto peggio ma non è stato nemmeno un privilegiato. Ha ricordi vaghi della prima volta che ha manifestato il suo potere, ma non ricorda grossi incidenti. I suoi genitori erano già piuttosto familiari con le abilità, dal momento che suo padre ne aveva una e si aspettava di poter passare il gene alla sua prole, e anche quando Ugetsu ha cominciato a sentirsi più a suo agio in un'oscurità che poteva controllare piuttosto che in una luce in cui non trovava niente di speciale, hanno lasciato che potesse apprendere i propri limiti e studiare quanto lo incuriosiva.


Non ci sarebbe stato alcun problema se negli anni della sua adolescenza un altro ability user non avesse perso completamente il controllo, causando danni incredibili e anche dei morti. Lo avrebbe riguardato relativamente poco se non avessero avuto lo stesso tipo di potere: manipolazione dell'oscurità.


*


Alcune abilità sono molto esclusive, al punto che trovare due coetanei o due persone comunque molto vicine di età con la stessa è piuttosto difficile. In alcuni casi impossibile. Ma ce ne sono anche altre, come quelle elementali, che invece si prestano molto meglio. Crescere come manipolatore dell'oscurità quando il Governo del tuo Paese non si è ancora ripreso da quando l'ultimo come te ha dato di matto non è divertente e non è facile. La serenità con cui la sua famiglia approcciava la sua abilità è diventata tacita paura, tentativo di non causargli mai sbalzi d'umore per paura che potesse perdere il controllo anche lui. Le amicizie, i compagni di scuola prima e i colleghi di lavoro poi si sono trasformati in distanze impossibili da colmare.


Ugetsu ha passato tutta la sua infanzia a trattare l'oscurità come la compagna più fedele, il gioco più divertente e una parte di sé quasi più simpatica di come sarebbe stato senza; non le ha mai dato un'accezione negativa, nessun mostro pronto a uscirne per divorarlo, nessuna persona crudele a rappresentarla.


Anche il giorno in cui sente dire a un uomo «Ho votato per ucciderlo quando era fuori controllo, nonostante tutto, e lo farei di nuovo se fosse necessario.» e capisce che si parla di quel ragazzo la cui unica colpa è stata avere un'abilità e perdere di vista cos'era giusto per una manciata di giorni. Non è che Ugetsu non capisca la gravità di quanto successo. Solo che sarebbe potuto essere lui.


*


«Smettila! Smettila di seguirmi con quel robo di oscurità! Vattene! VATTENE!»


Yuuya salta dal tavolo al divano, quasi buttando per terra Akemi. Un'imprecazione risuona nella stanza, qualcosa di inadatto alle delicate orecchie di un quattordicenne che a causa sua ha appena perso parte del controllo sulla sua abilità e ora si ritrova in forma ancora umana ma con orecchie e coda da gatto. Ugetsu ride e aumenta il passo, gli va dietro per continuare a stuzzicarlo - dalla sua mano, come un prolungamento del suo braccio, l'oscurità che può controllare prende la forma quasi di una corda che sinuosa si piega a mezz'aria per inseguire il povere Yuuya. Tutti pensano che Ugetsu lo faccia solo per il gusto di maltrattarlo e molestarlo; benché questo lo offenda terribilmente, continua perché vorrebbe che il più giovane smettesse di aver paura di un controllo che è normale non abbia ancora, visto come nessuno si sia mai preso la briga di aiutarlo.


Per far questo manipola la sua oscurità, le fa prendere la forma di una di quelle simpatiche mascotte che si potrebbero trovare in un anime: «Yuuya-kun! Vieni, avvicinati! Amanda vuole riempirti di amore, non vedi?! Amala! Amami! AMACI!»

 
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Prompt: Drago
Missione: M5 (week 5)
Parole: 536
Rating: teen up
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Sa bene che la sua è un'opinione assolutamente di parte, ma Ivirenth ai suoi occhi è il posto più bello della terra. Non importa cosa il resto del continente possa offrire o che la sua isola sia all'estremo nord-ovest della piantina o, ancora, che siano davvero in pochi quelli che ci si avventurano - per non dire quasi nessuno. Non si sente di poterli davvero biasimare, però: tra le leggende sulla maledizione che colpisce chiunque con cattive intenzioni si avvicini all'isola, le voci per cui sarebbe disabitata e dunque meta sconsigliata per qualsiasi mercante che si ritroverebbe a non avere nessuno con cui fare affari, e la paura generale dell'ignoto non si può dire siano la migliore meta turistica che il mondo possa offrire. Nonostante questo, Dalyar è cresciuto qui, è la sua terra e a volte gli è pesato non poterla condividere. 


Anche ora che frequenta l'Accademia vorrebbe condividerla di più, vorrebbe poter dire che il mondo oltre l'oceano esiste, è formato da scogliere meravigliose. Vorrebbe poter parlare della sua famiglia. Del motto della sua isola - mai più schiavi - che lo rende così fiero. Però ogni giorno il mondo gli ricorda che non può perché lui è Dalyar, erede dei Gazewintergilde, l'ultimo clan di draghi rimasto vivo. Coloro che maledicono chiunque metta piede su Ivirenth.


Il mondo, ha imparato molto presto, non è gentile con quelli come lui e non ha spazio da offrire.


*


La realtà di essere diverso non l'aveva mai nemmeno sfiorato, da piccolo. Difficile quando tua nonna può mantenere una forma del tutto umana così come essere completamente drago, maestosa nelle sue squame scure. Complesso se poi tuo padre, drago per metà, ha passato tutta la tua infanzia a tenere la coda squamata ben visibile da sotto la veste, un po' per farti giocare e un po' per lasciarti credere, mentre ancora cerchi di controllare il corpo abbastanza da nascondere i tratti non umani, che anche non riuscirci va bene. Seppure tutto il mondo dovesse vedere gli occhi di drago, andrebbe bene. Così Dakene ha lasciato che suo figlio giocasse con la sua coda tanto quanto amava fare con i suoi capelli lunghi. Poi è nata sua sorella minore, per cui le caratteristiche da drago erano leggermente meno evidenti; ma dopo ancora sono giunti i gemelli, uno a fare bella mostra della coda e l'altra delle piccole corna sulla fronte.


Dalyar aveva appena dodici anni quando alcuni umani si avvicinarono abbastanza da poterli osservare da vicino. Lo stesso giorno gli è stata data la caccia come un animale, ha visto suo padre trasformarsi in drago e quasi ucciderli, ha sentito la voce di sua nonna risuonare minacciosa nelle loro teste e intimargli di andare via se non volevano che la maledizione si scagliasse non solo su di loro ma sui loro figli. Ha scoperto che un attimo prima di morire sotto le percosse piene di odio e paura degli esseri umani, il suo corpo diventa resistente come un diamante, le squame gli ricoprono la pelle.


E' la prima volta che vede suo padre tornare alle sue sembianze umane e piangere come un bambino, chiedendogli scusa.


Ancora oggi Dalyar, quando allo specchio vede un paio di occhi di drago guardarlo di rimando, non capisce perché.


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Prompt: Ghiaccio
Missione: M5 (week 5)
Parole: 666
Rating: teen up
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Quando era piccola sua madre le raccontava di come un regno fosse fatto più dai sudditi che dai reali. Per quanto la storia del mondo conosciuto asserisse spesso il contrario e per quanto ci fossero i regni oltre l'oceano a impegnarsi per dimostrare il contrario con sovrani a volte egoisti e altre troppo arroganti, se non ci fossero stati sudditi non avrebbe avuto senso per loro essere re e regine. Iris ascoltava in silenzio, mentre sua madre la portava in braccio attraverso i territori meno esplorati del regno - la foresta, in cui pochissimi si muovevano perché la maggior parte delle persone avrebbero smarrito la strada in un attimo, oppure il piccolo lago a nord del palazzo reale dove si recava solo qualcuno abbastanza vicino mentre quasi tutti preferivano il lago principale del regno, più grande e semplice da raggiungere. La teneva stretta a sé e le mostrava le bellezze di Echait: lo chiamavano il regno di ghiaccio da secoli ormai, molti più di quelli passati come Stato neutrale, e non perché le persone che lo abitavano fossero scontrose o altro. Semplicemente per tutto l'anno la terra era ricoperta di quello stesso ghiaccio e dalla neve, senza conoscere mai l'estate calda o la brezza primaverile profumata dai fiori.


«Il nostro regno è un luogo che in tanti non riescono a comprendere, perché è molto freddo.» le aveva spiegato una volta «Ma vedrai. Il ghiaccio nasconde molto più di quello che gli altri vedono.»



Non ha avuto molto tempo in più, non abbastanza perché sua madre potesse spiegarle cosa c'era da sapere. Ha dovuto imparare da sola il resto, scappando dalle guardie che suo zio metteva a sua protezione (o suo controllo) e percorrendo i sentieri meno battuti, fino ad abbandonarli del tutto. E' andata spostandosi per mesi in zone impervie, il ghiaccio come unica compagnia, e ha continuato nonostante tutti le dicessero di smettere. Ha cercato di rincorrere l'ombra di sua madre e delle sue parole, di vedere oltre, di scovare un tesoro nascosto per il quale non gli erano mai stati dati né indizi né mappe, ma solo una vaga rassicurazione che ci fosse qualcosa da trovare. A chiunque sarebbe bastato per lasciar stare dopo qualche tentativo, ma Iris anche volendo non avrebbe potuto - perché suo zio ha preso ciò che sarebbe dovuto essere dei suoi genitori e ha cominciato a distruggere quello che hanno costruito.


Iris ha solo tredici anni, non può combatterlo senza una corona sulla testa e il popolo lo rifiuta ma non può spodestarlo.


Sogna il ghiaccio più vivido di quando lo vede con i suoi occhi durante il giorno. Sogna di valanghe che la travolgono ma non la feriscono, di stalattiti che all'improvviso si spezzano e crollano sul terreno, senza ferirla, come se la stessero evitando di proposito. A volte intere caverne di ghiaccio le rimandano il vago e distorto riflesso di cui non riesce a distinguere i contorni, perché il ghiaccio non è vetro; verso la fine del sogno crollano sempre, ma  alla fine Iris è fuori e guarda le macerie. Il ghiaccio stride, stride, come se qualcuno graffiasse su una superficie di metallo. E' insopportabile. 


Nonostante questo va ogni giorno, i piedi una volta sollevati mentre stava al sicuro tra le braccia di sua madre ora sono nudi, sul ghiaccio. Dovrebbe essere impraticabile ma non lo è, dovrebbe essere troppo freddo perché la pelle possa starci a contatto, ma non è così. Il lago, su cui non è consigliabile muoversi, lo attraversa con l'assurda incoscienza di chi è sicuro di non rischiare nulla. La lastra di ghiaccio non si spacca mai sotto di lei, come se il territorio volesse proteggerla a ogni costo e si modificasse contro ogni legge fisica solo per lei.


Il popolo la vede mescolarsi fra loro, quando fugge dal castello, e la tratta con l'amore che si potrebbe avere per una divinità e al tempo stesso per la propria figlia. Il ghiaccio, rispondendo a uno dei più antichi rituali del mondo, la protegge di riflesso.

 
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Prompt: roadtrip (nel senso del trip che mi sono fatta a scriverla)
Missione: M3
Parole: 2131
Rating: gen
Warnings: originale. Nessuna compagna di squadra è stata maltrattata per la stesura del seguente testo.






C'è stato un tempo in cui il mondo non avrebbe concepito forme diverse, in cui i canoni di bellezza erano stabiliti dalla società. Epoche buie in cui tutto ciò che era più curvy o troppo poco curvy, vestito di nero quando andava il verde acqua Paolo Veronese - come lo citavano i giotto, unico eroe della tavolozza, l'unico che ti ricordavi anche a cinque anni perché ma chi lo dà un nome del genere a un colore - ti attendeva una sola cosa: la pubblica gogna. L'unfollow sui social. Un tag sbagliato. Innumerevoli tragedie di mancati cuoricini su facebook.


Per fortuna si può solo migliorare, con il progredire della società e l'accurato studio della storia. Va bene, c'era stato qualche intoppo per un numero leggermente alto di secoli in cui nessuno ci ha capito niente e poi si sono fatti sempre gli stessi errori, e le guerre, e le pandemie, e gli oscar mai a un'ora decente per gli stronzi italiani che vogliono seguirli senza rinunciare al sonno di bellezza. Ma ormai è acqua passata.


Il mondo ha compreso. E' cambiato. Ha abbracciato un'ideale di tolleranza, uguaglianza, amore super partes. Un tempo essere un Calice sarebbe stato difficile: relegati a ruoli di eleganza su un tavolo ben apparecchiato, parte dell'argenteria buona di nonna Pina con la consapevolezza che saresti stato tirato fuori una sola volta l'anno. La volta. E poi via, al chiuso per altre trecentosessantaquattro giorni. Una vita di stenti.


Adesso essere un Calice è diverso. E' brillantezza. E' tondezza. E' una curva brillante che ti fa l'occhiolino. E' riflettere la luce del sole come solo un vero pezzo (DI CAZ--) di cristalleria potrebbe fare. Oggi essere Calice è libertà.


«Cosa dice la mappa?» chiede hane, gli occhi fissi sulla strada mentre le sue braccine scintillanti sono pronte a curvare nella giusta direzione non appena qualcuno le farà la cortesia di dirle dove. La patente per Calici, approvata dal governo solo da qualche anno dopotutto, è stata una tentazione troppo ghiotta per organizzare un viaggio insieme. Certo, sarebbe stato meglio se questo fosse stato in un periodo di pace e non durante il terribile COWT, ma... ci si doveva un po' accontentare con ciò che si aveva.


«Non guardare me,» replica sakurai di fianco, un cellulare in mano dove continua a scorrere su e giù in cerca di una canzone specifica per adempiere al suo ruolo di DJ «io le mappe non so leggerle. MOGLIE.» richiama, voltandosi in parte verso dietro. Il pulmino, super accessoriato, può tenere ben quindici calici compreso guidatore e passeggero. Tra quelle curvette di vetro la voce di shiroi emerge.


«Eccomi! Sì! Un secondo che sto facendo lo schemino del riassunto dello schemino 1.3 della quarta versione del primo schema settimanale!» esclama con confidenza e un sorriso brillante - pun intended - prima di tornare con gli occhi fissi sul portatile davanti a lei. sakurai annuisce e hane si limita a un «Basta che mi dite perché qui c'è una divisione a cinque strade e io ho perso il conto di chi sta facendo cosa.»


Non è stato un viaggio facile: cinque settimane, o forse sei perché c'è stata una sagra che forse hanno sognato in gruppo o che forse significa soltanto che non dovrebbero assumere discutibili polveri di kulutrek. Qualsiasi cosa sia un kulutrek. Comunque, cinque settimane di scrittura dove hanno imparato solo due lezioni, ossia come adattarsi a ogni situazione e come guardare gli altri ammazzarsi mentre loro fanno propria un'arte antica. Un'arte dimenticata dai più, perché non sempre il progresso porta solo miglioramenti, ma loro sono riusciti a preservarla grazie a Liz che ha narrato loro le gesta, ha mostrato la via.


Ora sono Calici che hanno, tra le loro scheggette di vetro, la piccionanza.


«HO FINITO GLI INCA!» esclama unlikely, un tripudio di emozioni positive mentre schiaffa la loro cartuccia tanto agognata sul contatore, dichiara più di tremila parole e poi la segnala come se non ci fosse un domani. Che poi è vero perché domani col prompt degli inca non ci fanno più niente.


«Questo» pronuncia donut sistemandosi occhiali per Calici «cambia tutto!»


Hane frena bruscamente. sakurai per poco non vola fuori dal finestrino. shiroi quasi entra nello schermo. Dal bagagliaio si sente un rumore di anima vendicativa. Tutti i Calici si guardano, turbati e afflitti e stanchi: una trappola dei Fabiani? I Meridiani hanno installato una cimice da qualche parte? Un sacrificio umano è stato infine promesso, anche se avevano concordato di tenerselo buono come ultima risorsa per l'ultima settimana?


Marcie si piega sulle levigate ginocchia di vetro e poggia il suo presunto orecchio contro la parete del bagagliaio. Tutti trattengono il fiato. Futa tintinna dal nervoso. Marcie si alza, scuote la testa: «Falso allarme,» assicura «è ThreeTenors


Un lungo minuto di silenzio li accompagna. La perdita di un compagno è sempre tremenda, anche quando raccogli tutti i cocci e sai che alla fine della competizione potrai rimetterli insieme e sperare per il meglio. Almeno non è una mini Celestia lanciata per portare scompiglio.


«Va bene.» donut cerca di riportare l'attenzione dove serve «Secondo i miei calcoli possiamo ancora evitare sia il piano Z che il piano Omega. Ossia optare per la scelta di trama che farà buttare Calico dal Palazzo d'Estate in cerca di una gioia nell'aldilà, visto che l'aldiqua non gliene offre mezza.» comincia a spiegare, interrotta da suoni ameni che somigliano a "ridatemi la distruzione di quando c'era Celestia" e "mortacci vostri non toccate mio figlio" su cui nessuno indaga perché essere Calice significa anche sapere chi dice cosa senza bisogno di guardare.


«Oppure» riprende donut schiarendosi leggermente la voce «il piano a cui tutti vorremmo evitare di—»

«RIVOLUZIONE. FORCONI. TUTTI A MORTE.»

«hap» pronuncia akemi dando qualche carezza sulla schiena di hapworth troppo infervorata e animata dal desiderio di dare finalmente sfogo ai suoi più oscuri desideri «ne abbiamo già parlato. Siamo migliori di così, non abbiamo bisogno dei forconi. Faremo del nostro meglio fino a—»

«Veramente» la interrompe futa «io sono mossa solo dalla vendetta. O dal desiderio di appiccare fuoco a tutto.»


Un lungo silenzio accoglie di nuovo questa rivelazione. Tutti sanno in fondo che desiderano la stessa cosa, solo che alcuni stanno ancora cercando di mantenere lo zen necessario, altri hanno ormai abbandonato ogni freno inibitorio. C'era stato un tempo in cui futa era stata un piccolo bocciolo di rosa che la società non aveva ancora insozzato con le brutture del mondo - a sentire sakurai era ancora un cucciolo di corgi da coccolare e tenere al sicuro - ma la verità, in fondo, era che nessun Calice poteva essere davvero pacifico.


Non quando la unica, sola, universalmente riconosciuta piromane del COWT, colei che faceva tremare il Def con le sue minacce di incendiargli casa, Tabata le aveva tutte indottrinate all'incendio doloso. Solo perché adesso lei e Liz non erano presenti, trattenute da un matrimonio (sicura strategia avversaria, mica un’occasione felice dove sfondarsi di cibo com’era giusto fare), non significava che i loro insegnamenti non venissero comunque messi in pratica con diligenza e attenzione.


«Oh no!» la voce di nemi le riporta tutte all'attenzione. Si voltano a guardarla come se si fosse appena messa nuda in mezzo alla strada per decidere quale svincolo prendere «Hanno segnalato qualcosa! Il contatore dell'andamento settimanale sta vibrando fortissimo!»

«IT'S OVER NINE THOUSANDS!»

«Vabbè ma quello era superato già ieri sera.» dice shiroi, solo per sentirsi poi dire dalla ragione del caos, ossia hapworth «Però dirlo faceva effetto. E' una importante citazione anni novanta.»


Siccome il vecchiume abbonda nelle fila dei Calici, ci sono solo annuire vari per una manciata di secondi. Poi, nemi può finalmente riprendere: «Hanno sganciato su M5! Su M3! Su M4! Sono ovunque!»

«Oh no, e se arrivano anche su M1?»

«C'era qualcuno che stava scrivendo...»


Si affaccendano tutti a cercare dai loro documenti di squadra, mentre c'è chi scorre le chat per ritrovare messaggi, schemi, riassunti dei riassunti dei— salve a te, palpitante colomba, che madonna slackbot stai zitto ci servono i dati.


Tutto sembra perduto quando dal nulla si ode il rumore che la bara di Dracula deve aver fatto più o meno in ogni adattamento cinematografico conosciuto. Ne esce qualcosa di potentissimo.


«HO FINITO I BARBARI» esclama janie «POI HO VISTO IN ARCHIVIO CHE HO M1, M3, M6»

«Janie» Marcie la interrompe «non abbiamo una M6 questa settimana.»

«E VABBE' NON IMPORTA LA FACCIO DIVENTARE M3 PURE QUESTA!» replica come se non ci fosse alcun problema a passare dall'una all'altra e donando nuova speranza ai Calici. Un tonfo sordo fa alzare a tutti lo sguardo, cercando la natura del rumore. Poco più in là, nell'angolo buio del pulmino, quello che tutti avevano cominciato a pensare fosse soltanto un insieme di strumenti che in effetti non usava nessuno di loro si trasforma in flan. Ha l'aspetto deperito di chi non dorme da settantadue ore e la mano brillante trema appena nel tirare su un tablet.


akemi, la più vicina, le è velocemente accanto. Flan le mette il tablet tra le mani: «Questo è tutto ciò che ho potuto fare. Potrà non essere molto in termini di PR, ma...» akemi si assicura di prendere il prezioso oggetto tra le mani. Marcie scuote la testa, abbracciando la piccola futa che non riesce a tenere gli occhi su questa tragedia che si compie.


«Hai fatto ciò che potevi,» pronuncia Donut, che al momento è un po' il bonzo Sanzo ma in fondo va bene così «saranno PR preziosi.»


Flan le rivolge un ultimo sorriso prima di sparire di nuovo nel suo antro oscuro.


Si danno qualche momento per assimilare la cosa. La loro partecipazione a questo gioco è stata come l'hully gully. Qualcuno può giurare di aver sentito, dopo i primi giorni di battaglia, riecheggiare un se prima eravamo in quindici... ma nessuno ha mai avuto tempo di sincerarsene davvero. In compenso, dal nulla un orrendo suono gutturale sembra risalire allo stesso modo in cui Satana risalirebbe dagli Inferi se non ci schifasse tutti così tanto dal guardarsene bene. Poco dopo si rendono conto che il rumore viene dal posto di guida.


sakurai le fissa. Loro fissano lei. Poi, hane comincia a ridere come un vero villain della disney «Muahahah... Muahahahah... MUAHAHAHAH.»


«Credi sia impazzita?» sussurra Donut a shiroi. Si guardando per qualche momento e poi scuotono la testa: hane che impazzisce è ordinaria amministrazione.


«Che qualcuno le prepari un caffè.»

«Fate tre nella stessa tazza, ormai uno non le fa più niente.» corregge sakurai prima di guardare orripilata il Calice alla guida e lasciar trapelare un vago, lievissimo panico nel dirle «hane guarda la strada per l'amor di dio.»


L'odore di caffè presto riempie l'aria, insieme al rumore del frenetico picchiettare di tasti dei portatili. Ogni singolo Calice brilla del sudore, del sangue - color oro prosecco, naturalmente - e lacrime con cui sta cercando di andare avanti. Di non arrendersi. Perché potranno aver piccionato con orgoglio e forse piccioneranno ancora, ma sarà sempre con onore. Non si dovrà mai poter dire che la settimana sia passata senza il massimo impegno, senza chi scrive di notte, senza spaccio di gatti e cani per risollevare gli spiriti (qualcuno potrebbe essere stato rapito lungo la via), video on the road, eco di ma il limone di Calico?!, e voglia di rivoluzionare il mondo.


«Un ultimo sforzo!» incitano hapworth, Marcie e unlikely - che ignora la sua prole di piccoli bricchetti di vetro perché gli Inca saranno pure finiti ma la guerra no - mentre shiroi, nemi e donut si assicurano che i contatori stiano funzionando e i fogli di calcolo facciano il loro lavoro. Akemi, Janie e futa scrivono come se ne andasse delle loro vite, come se non potessero fare altro, le dita infuocate (stavolta nessun piromane è colpevole) a sfrecciare sulla tastiera.


«3.5k e sto su m4!» esclama Akemi, seguita a ruota da futa che: «Ho postato qualcosa da qualche parte e ora cerco di fare qualcosa da qualche altra parte!» mentre Janie, Calice istancabile, ulula alla luna: «4.5k su M3 E MO CONTINUO.»


Hane suda, al volante, e si scambia un'occhiata con sakurai. Riconosce nello sguardo dell'altro Calice quello specifico momento in cui lo spite è più forte della logica. La vede occhieggiare l'orologio sul cellulare. La vede aprire il blocco note. Con urgenza cerca l'appoggio di shiroi, moglie che potrebbe farla rinsavire, ma lei è lì con i suoi schemi e la sua m2 che fra un po' diventerà una m12 perché un certo Chuuya sta rendendo difficile chiuderla.


sakurai sistema gli occhiali sul viso: «Adesso scrivo una m3 sul nostro road trip.»


In lontananza, un suono fa sì che tutte si fermino anche solo per un istante. Il verso di un piccione in avvicinamento.


Liz e Tab stanno tornando.

 

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hakurenshi

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