Prompt: road trip
Missione: M3 (week 5)
Parole: 4167
Rating: explicit
Warnings: roadtrip!au, blowjob, sex
Ci sono due cose che Diluc non fa mai. Per rettificare: ci sono molte cose su cui Diluc non transige ma, ipotizzando di doverne scegliere solo due su cui proprio gli risulta impossibile scendere a compromessi, ecco allora quelle sarebbe due. La prima è accettare qualsiasi tipo di proposta di lavoro che possa in qualche modo gettare ombra sul nome di suo padre, a cui è stato già tolto quasi tutto e per cui ha dovuto impegnarsi anni per far sì che il mondo - almeno il piccolo universo in cui l'attività di suo padre aveva senso di esistere - riconoscesse il torto subito da un uomo e accettasse di riconoscerne un valore sempre avuto. Perché Diluc crede ancora che per quanto suo padre sia stato tratto in inganno e abbia avuto la sua buona dose di errori, nessuno di questi è imperdonabile al punto da dover insozzare la sua memoria o da cancellare nella totalità le cose buone fatte.
La seconda cosa è lasciare che degli sconosciuti influenzino la sua vita. Per lui è sempre stato mille volte più accettabile l'idea di sbagliare per seguire una propria convinzione che affidarsi a quelle degli altri e ottenere comunque un risultato mediocre. Ancora peggio se le azioni degli altri potevano finire con il danneggiare lui. Per questo motivo mai prenderebbe in macchina qualcuno solo perché sta facendo l'autostop su una superstrada. Sfortunatamente per lui (ma fortunatamente per lo sconosciuto in questione), ha una coscienza ed è consapevole che su quella strada il traffico è più o meno quello di una macchina ogni quaranta minuti nei giorni buoni. In tutte le occasioni in cui ha fatto quella tratta - ed è successo spesso - non ricorda mai di aver avuto una macchina davanti o dietro; forse un paio di volte ne ha incrociate al senso di marcia opposto.
E' un pomeriggio torrido di Luglio e per quanto sia pronto a usare l'arma che tiene nel cruscotto per sicurezza, non è sicuro di potersi tenere sulla coscienza l'idea di non aver aiutato qualcuno la cui unica colpa è stata essere così stupido da arrivare nel mezzo del nulla senza un piano B. Sempre ammesso che ci sia stato un piano A. Così rallenta, occhieggia il tipo sbracciarsi abbastanza da farsi notare - inconsapevole, forse, di essere già stato avvistato - e ferma del tutto la macchina accostandosi più che può al ciglio della strada. Abbassa il finestrino e lo occhieggia: a un primo sguardo sembra un turista stupido. Capelli lunghi tenuti legati in una coda affatto pratica che anziché dargli sollievo con la calura si poggia morbida sulla spalla, tenuta di chi tiene più allo stile che alla praticità, borsone a tracolla che deve essere un inferno da portare e che nessun sano di mente avrebbe mai preso al posto di un più comodo zaino da viaggio. Quello gli sorride e per quanto la mente di Diluc sia sfiorata alla velocità della luce dal pensiero che quella sia una bella faccia, non ricambia la cordialità.
«Dove stai andando?»
«Ovunque tu voglia.» ribatte quello e Diluc ricomincia istantaneamente ad alzare il finestrino. L'altro sembra capire che se vuole un passaggio è meglio non fare battute idiote e mette le mani sul bordo del vetro che sta lentamente risalendo: «Aspetta, aspetta!» esclama «Battuta pessima, ho capito. Vado nella tua stessa direzione, più o meno. La meta è parecchio lontana, ma qualsiasi chilometro guadagnato è qualcosa.» assicura, speranzoso.
Diluc ci pensa per un secondo, convinto di star facendo un grave errore. Sblocca le portiere, compresa quella del passeggero, e gli fa cenno verso i sedili posteriori: «Borsone dietro,» indica brevemente «arrivo fino alla prossima città.»
Quello non se lo fa ripetere due volte e sistema il bagaglio, richiudendo la portiera e aprendo quella del passeggero; si siede e si allaccia la cintura senza farselo dire, mentre Diluc sta già inserendo di nuovo la prima marcia.
*
Si chiama Kaeya, come si tiene a dirgli subito pretendendo una presentazione che Diluc non ha intenzione di portare oltre il nome ma che invece, nel vocabolario altrui, deve evidentemente significare "raccontiamoci ogni storia della nostra vita" dal momento che non tace un secondo. Diluc è quasi tentato di farlo scendere e gettargli addosso il borsone prima di ripartire a tutta velocità, ma la radio non offre una decente distrazione e capisce che meno risponderà alle domande altrui, più gliene verranno rivolte. Meglio poter decidere quali verità offrire a uno che spera già di non vedere mai più una volta che lo avrà lasciato al suo destino nella prossima città.
Gli dice di chiamarsi Diluc e di aver ereditato il business di famiglia, senza entrare nel dettaglio di cosa sia. Preferisce mantenere i fatti privati per sé e sa già - perché è successo in passato - che andare troppo nello specifico del lavoro porterebbe inevitabilmente a domande su quanto suo padre abbia influenzato la sua scelta di continuare l'attività e Diluc non parlerebbe di una cosa simile nemmeno con qualcuno che conosce bene, figurarsi con qualcuno appena raccattato per strada. Kaeya, al contrario, sembra fin troppo a favore della condivisione degli aspetti della propria vita di cui Diluc non avrebbe chiesto, se l'altro gli avesse fatto dono del silenzio per l'ora e mezza di macchina che manca a raggiungere l'unico motel prima di un fin troppo lungo tratto di strada prima della città.
Kaeya è uno spirito libero di quelli che fanno pensare al classico figlio di buona famiglia a cui è stato permesso fare qualunque cosa volesse in cambio di pochi sacrifici e che ora si gode la libertà a cui non ha potuto avere accesso in passato. Gli racconta di scuole piuttosto rigide, di educazione in casa per i primi anni di vita, di attività sportive lasciate da parte quasi subito - tranne la scherma, che sembra meritare una menzione speciale anche se Diluc non ha idea del perché. Kaeya parla di caldo insopportabile in quella regione e questo fa supporre venga da tutt'altra parte, ma lui non nomina città e Diluc non fa domande in merito. Lo vede smanettare con il cellulare per qualche minuto, prezioso tempo di silenzi in cui ormai stava smettendo di sperare, salvo poi sentirsi chiedere di poter fare un po' di giri di canali musicali per vedere se offrono qualcosa con cui intrattenersi.
Diluc fa l'errore di dirgli di sì. Si ritrova con improbabili ballate strappalacrime che gli fanno quasi rimpiangere di non aver tenuto viva la conversazione. Per i primi minuti non è comunque così terribile, visto che l'altro ne approfitta per bere e rispondere a qualche messaggio probabilmente; peccato che poi senta questo bisogno psico-fisico di cantare e Diluc prende in seria considerazione di aprire la portiera e farlo rotolare giù, così da riavere la pace che merita.
Si limita a cambiare stazione, non senza un discreto disappunto che Kaeya non si risparmia di esprimere vocalmente: «Lasciati dire, Diluc, che se non ti piace quella canzone la tua vita è davvero triste.» commenta fissandolo, anche se Diluc non gli riserva più di un'occhiata sbieca. Cambia marcia per affrontare una curva leggermente stretta ma poco dopo la cambia di nuovo, visto che il rettilineo si estende a perdita d'occhio per il momento.
«Mia la macchina, mia la musica.»
«Ascolti la stessa musica che potrebbe ascoltare mio padre.» gli fa notare Kaeya «Nemmeno mio fratello Dain l'ascolterebbe e fidati, Dain ha l'animo stanco come un ottantenne.»
«Con un fratello come te mi sorprende che non abbia già cambiato identità e che abbia accumulato solo stanchezza.» ribatte Diluc con la speranza di zittirlo. In genere non azzarda opinioni o commenti su persone che non conosce - ha imparato nel modo più duro quanto sia facile cadere nell'errore di una frase sbagliata e soprattutto di una figura pessima di fronte a traumi ed esperienze di vita particolari, ossia quando altri hanno sbagliato con lui. In questo caso, però, dà per scontato che se qualcosa turba Kaeya l'altro sarà in grado di tenerla per sé anziché offrirla come argomento di conversazione.
Sente lo sguardo di Kaeya su di sé ma, soprattutto, un silenzio che potrebbe definire innaturale se considera come l'altro non si sia zittito un secondo da quando lo ha fatto salire in macchina. Vista l'assenza di altre persone in viaggio su veicoli davanti o dietro il loro, Diluc può azzardare un'occhiata appena più prolungata verso l'altro. Lo nota girato verso di lui e riesce a intravedere l'espressione che gli ricorda la soddisfazione di un gatto che ha appena ottenuto esattamente quello che voleva e se ne sta sornione nella sua solita posizione sotto il sole.
«Ma allora hai anche un senso dell'umorismo, Diluc.» commenta Kaeya.
Forse se lo getta in strada ora che nessuna volante della polizia è in vista, potrebbe anche passarla franca.
*
Alla fine decide che la sua fedina penale è più importante della soddisfazione di liberarsi di un passeggero molesto che comunque, al più tardo, lascerà in città il giorno dopo. Così si dice di ignorarlo per quel che resta della strada prima del motel - una manciata di chilometri che Diluc non si dà più la pena di misurare con precisione da dopo la quinta volta che ha fatto quel tratto per raggiungere l'unica città al mondo che abbia visitato in più di due occasioni. Potrebbe comodamente volarci in aereo, a dirla tutta, ma alla fine quella strada è l'ultima che ha fatto in macchina con suo padre al volante. Preferisce assicurarsi di non dimenticarla.
A un certo punto si fermano perché Kaeya insiste che non è vivibile restare in una macchina dove potrebbe comodamente accendere l'aria condizionata ed evitare di morire di caldo, dunque se Diluc non ha intenzione di usarla come qualunque persona normale, ha bisogno di fermarsi per darsi una rinfrescata. Diluc non ha intenzione di usare l'aria condizionata in una giornata sì calda ma nemmeno lontanamente paragonabile a come sarà quella di domani, per lui che conosce il meteo della zona e ha visto le previsioni. Così accosta, gli dà tempo di rovesciarsi mezza bottiglietta d'acqua in testa e gli lancia un asciugamano in faccia intimandogli un «Gocciolami sul sedile e ti lascio qui.»
Kaeya non sembra intenzionato a perdere il suo unico passaggio ed esegue, fin troppo docile, per poi risalire in macchina. Come fanno cento metri, Kaeya gli dice: «Facciamo conversazione.» e, davvero, Diluc comincia a sentirsi messo a dura prova. Ignora le prime tre domande - vieni spesso da queste parti?, raccatti spesso sconosciuti?, come mai ti sei fermato quando mi hai visto? - e vorrebbe ignorare anche tutte quelle dopo, ma quando alla domanda «Ti piacciono gli uomini?» sente la mano di Kaeya poggiarsi sulla sua coscia, la scosta di malo modo e replica a denti stretti uno «Sta' fermo.»
Non è una vera risposta e il suo occasionale compagno di viaggio non se lo fa certo sfuggire. Diluc odia i tipi che sembrano idioti viziati e poi si rivelano persone con uno scomodo spirito di osservazione e fin troppo furbi per perdersi i dettagli che potrebbero tornargli utili.
Se non altro Kaeya non aggiunge niente e tanto gli basta: un po' di pace.
*
Vedere il motel è come vedere un'oasi nel deserto. Non solo perché è in macchina da tre ore e mezza ma perché i suoi nervi sono probabilmente molto vicini a quel punto oltre il quale potrebbe fare innumerevoli cose di cui si pentirebbe dopo una doccia e una dormita decente. Non è grandissimo e nemmeno troppo invitante, di quelli classici che si possono trovare su una strada che forse un tempo è stata trafficata ma che ormai è raro venga riempita di automobili nello stesso giorno. I loro clienti "abituali" sono quelli come Diluc, gente che capita forse una volta ogni due o tre mesi per ragioni di lavoro o personali importanti abbastanza da doversi spingere a ore di macchina in solitudine. E' il motivo per il quale Diluc non ha mai bisogno di prenotare una stanza, certo di trovarne sempre una libera, ed è anche quello per cui lo salutano e poi lo guardano sorpresi di non vederlo arrivare da solo.
La coppia che gestisce il motel lo ha visto adolescente prima e uomo adesso, una volta con suo padre e ora lo ritrova con un uomo più o meno giovane come lui di cui non sanno niente. Non fanno domande perché in posti come quello si tende a non farne, ma a lui non sfugge il guizzo di curiosità nei loro sguardi. Chiede due singole, visto che è ciò che avrebbe comunque pagato e non ha voglia di condividere con Kaeya anche la stanza; l'altro, perso a guardarsi intorno per osservare dettagli come le poche e sporadiche foto appese al muro d'ingresso o i vari avvisi per i clienti in carta plastificata, si volta poco dopo per aggiungere un semplice «Una singola anche per me.»
Prendono le rispettive chiavi poco dopo e prima che possa chiudersi in camera propria, Kaeya gli dice «Fammi compagnia a cena, offro io per sdebitarmi.» e anche se Diluc vorrebbe fargli presente che se i soldi non gli mancano si sarebbe potuto garantire un qualsiasi mezzo di trasporto che non lo costringesse a fare l'autostop, si limita a chiudere la porta sbattendola appena. Spera sia eloquente abbastanza, come risposta.
*
Non lo è. Di base perché Diluc è veramente troppo stanco e la doccia non ha fatto altro se non rilassarlo più di quanto si concederebbe mai di fronte a qualcuno che non conosce, perciò è preso in un momento di debolezza quando Kaeya bussa alla sua porta e promette del cibo più che decente se Diluc lo lascerà entrare. In verità conosce sicuramente meglio dell'altro quello che il piccolo esercizio gemellato al motel offre, avendoci mangiato diverse volte, ma vede bene di non offrire all'altro ulteriori motivi per attaccare bottone su un argomento che potrebbe durare ore, in potenziale. Così si arrende e si fa da parte, dopo averlo osservato per qualche momento e non impegnandosi a celare il sospiro stanco quando gli dà un tacito via libera a entrare.
Kaeya scivola dentro con la naturalezza di chi non ha fatto altro che condividere gli spazi con Diluc per tutta la vita, cosa che lo rende ai suoi occhi assolutamente inaffidabile. Però è vero che porta con sé la scelta migliore che il motel possa offrire, perciò deve almeno dargli atto di una capacità di giudizio del cibo sopra la media.
Mangiano in un inaspettato e confortevole silenzio. Kaeya passa la maggior parte del tempo in cui mastica a guardare fuori dalla finestra, sebbene il panorama non abbia molto oltre la strada, l'orizzonte e stelle più visibili di quanto sarebbero in città. Devono essere quelle ad attirare in qualche modo la sua attenzione, perché Diluc gli sente dire «Anche dove io e Dain abbiamo passato l'estate da piccoli le stelle si vedevano così.»
Sembra l'inizio di un racconto lungo e invece nasce e muore così, con un tono di voce più morbido, quasi una carezza per un segreto prezioso mantenuto da anni. Diluc decide di non fare domande e, almeno per questa volta, di non rifilare all'altro uno sbuffo irritato come quelli riservati agli aneddoti in macchina. Offre una tregua aprendo le due birre recuperate prima di salire in camera e porgendogliene una.
Per un istante Kaeya sembra sorpreso in maniera genuina, ma si perde quasi subito in un sorrisetto divertito.
*
Potrebbe dire che è l'alcol se solo lui si fosse mai ubriacato in vita sua, così come potrebbe imputare la situazione al gioco d'azzardo improvvisato con un vecchio mazzo di carte in uno dei cassetti della stanza e finte monete di scambio al cui posto sono state messe scommesse degne di due adolescenti. Ma la verità è che non ne ha idea. Sa solo che la maglia di Kaeya è per terra poco lontano da loro, che le birre giacciono ancora semi piene sul tavolino che hanno usato come appoggio per mangiare, che anche la sua maglietta è andata a finire da qualche parte non meglio identificata tra un lato del letto e altra opzione non pervenuta.
E che Kaeya gli sta facendo un cazzo di pompino.
La bocca di Kaeya continua a succhiare e Diluc onestamente non ha proprio la lucidità di mettersi a disquisire sul perché e sul fatto che la cosa sia piacevole - se non fosse lui, farebbe anche una battuta di terza categoria su quanto avrebbe voluto saperlo prima, che sarebbe bastato così poco a farlo stare zitto. Invece ha ancora la decenza di non cadere così in basso, mentre una mano affonda tra i capelli scuri e ormai quasi del tutto sciolti dell'altro e lo guida a un contatto più profondo. Sente la sua lingua muoversi contro la sua pelle e, davvero, se questo è l'atto di ribellione di un figlio di buona famiglia comincia a capire perché gli unici accenni fatti dall'altro siano stati al presunto fratello maggiore. Non crede vada d'accordo con suo padre, fare sesso orale con uno incontrato per strada e fermato con l'autostop.
Kaeya si tira indietro abbastanza da evitare che Diluc gli venga in bocca ma non tanto da risparmiarsi del tutto. L'altro non commenta e si limita a leccarsi le labbra in quello che Diluc suppone sia un gesto istintivo più che provocatorio, anche se poi alla fine il risultato ottenuto non è così diverso. Lo vede alzare gli occhi blu su di lui e si guardano per qualche istante, in silenzio, entrambi intenti a riprendere fiato per motivi diversi.
Sarebbe così facile cacciarlo dalla stanza, a questo punto. Non avrebbe nemmeno bisogno di dargli una spiegazione o di scusarsi, visto che non sono amanti né si sono promessi niente se non un passaggio fino alla prossima città. Ma che gli piaccia ammetterlo o no, ha notato in Kaeya il modo in cui i capelli gli scivolano morbidamente sulla spalla in condizioni normali, gli occhi blu, l'acqua scivolargli lungo il mento e se hanno condiviso un orgasmo diventa un po' tardi farsi venire i dubbi su quanto questo potrebbe complicare lasciarlo alle porte della città domani.
Se aveva deciso di pensarci su, comunque, Kaeya per una volta sembra poco intenzionato a lasciare spazio alle parole che siano queste espresse a voce o ammassate solo nella mente di Diluc. Si alza in piedi e abbassa i pantaloni, calciandoli senza tante cerimonie; i boxer fanno una fine molto simile poco dopo. Se ne sta nudo di fronte a lui, quasi a farsi ammirare e lo fa consapevole di offrire qualcosa di più che discreto con il fisico allenato, i muscoli definiti, la pelle ambrata. Diluc nota di sfuggita una piccola cicatrice vicina all'inguine ma poco dopo l'altro è a cavalcioni su di lui e ci sono tutta una serie di impedimenti in più.
Ti piacciono gli uomini?, gli ha chiesto Kaeya e Diluc non ha più bisogno di rispondere, anche se si aspetta che potrebbero esserci altre domande molto più fastidiose di quella se adesso poggia una mano sul suo fianco e con l'altra infila le dita tra i suoi capelli, spingendolo per baciarlo. Gli interessa così poco da non dover nemmeno riflettere se fare tutto questo o no.
Le labbra di Kaeya si schiudono quasi subito e lui lascia scivolare la lingua nella sua bocca, cercando quella dell'altro. Non è un bacio romantico, ma più come quello di non ha tanto tempo da perdere e vuole sentire comunque ogni centimetro di pelle altrui contro la propria e ogni fibra del suo corpo nelle proprie mani. Stringe il suo fianco quasi ci volesse lasciare le impronte, mentre sente un braccio di Kaeya cingergli il collo e l'altra mano scendere lungo la sua schiena, strisciare come un serpente fino a quando due dita non si intrufolano tra le sue natiche. Non vanno in cerca di un intrusione, lo stanno solo stuzzicando; lo capisce quasi nell'immediato ma questo non gli impedisce di irrigidirsi per un istante.
Kaeya gli succhia il labbro inferiore e poi glielo morde, muovendo lento il bacino contro di lui, cercando di strusciarsi su più punti possibili del corpo di Diluc. Ci vuole meno di quanto si pensi a risvegliare l'eccitazione di Diluc nonostante ci sia già stato un primo orgasmo, mentre quello di Kaeya sembra pericolosamente vicino. Diluc abbandona la sua bocca per deviare sul suo collo: lecca la pelle, la morde, la succhia. Lo sente lamentarsi a un certo punto ma lo ignora, preferendo concentrarsi sul lasciargli un succhiotto che resterà parecchio visibile. Quando finisce però Kaeya richiede di nuovo attenzioni con un bacio, due, tre, veloci e umidi e senza una briciola di romanticismo ma solo urgenza.
E' una sorpresa quando si ritrova le dita di Kaeya tra le labbra, quando le sente giocare con la sua lingua in una muta richiesta a succhiargliele. Non gliela darebbe vinta se solo non fosse già piuttosto impegnato a stringergli una natica con la mano che è scivolata giù dal suo fianco. Kaeya chiacchiera anche durante il sesso, sebbene mai quanto in macchina. E' quel tipo di partner che crede nella comunicazione e continua a dire cosa gli piace, cosa lo sta facendo uscire di testa, si aggiusta e permette a Diluc stesso di aggiustarsi per avere più piacere possibile. Fugacemente, il pensiero che possa avere un immenso kink per il dirty talking gli attraversa la mente ma non ha tempo di sincerarsene.
Kaeya sfila le dita dalla sua bocca e Diluc lo vede portarsele dietro la schiena; il modo in cui si inarca è sufficiente a capire che se le deve essere appena infilate dentro per prepararsi e nemmeno Diluc si aspetta la scarica di eccitazione che questo gli causa - si piega a mordergli di nuovo il collo, la spalla, il capezzolo. La posizione non gli rende semplice scendere più di così ma se lo fa bastare, mentre si concede un verso frustrato contro la sua bocca prima di baciarlo di nuovo. E' un casino considerato che nel mentre Kaeya continua a infilare le dita più a fondo che gli riesce e si muove contro di lui per far sfregare più possibile il suo membro contro lo stomaco di Diluc, alla ricerca anche della più piccola frizione. Lo masturberebbe se non fosse quasi sicuro che Kaeya raggiungerebbe l'orgasmo in pochissimo, iper stimolato a quel modo.
Non sa se passi qualche manciata di secondi o minuti, ma a un certo punto il movimento che lui fa per allontanare le dita di Kaeya da quest'ultimo e il gesto autonomo dell'altro sono quasi in contemporanea. Keaya puntella le ginocchia sul materasso e si tira appena su, mentre Diluc si aggiusta per permettergli di scendere sulla sua eccitazione. Sente di forzare leggermente, ma Kaeya non si lamenta se non stringendosi il labbro inferiore tra i denti e Diluc ovvia alla cosa appropriandosi della sua bocca ancora una volta mentre finisce di penetrarlo del tutto. Due spinte lente e Kaeya quasi grida nella sua bocca e comincia a muoversi per agevolarlo, cercando lui stesso di sentirlo uscire ed entrare da lui.
Diluc perde quel briciolo di lucidità rimasta quando Kaeya abbandona la sua bocca e porta la propria all'orecchio di Diluc, prendendo il lobo tra i denti e mordendo piano, cominciando a succhiare; poco dopo inizia a muovere il bacino in modo ritmico, in avanti, come se dovesse fottergli lo stomaco e a quel punto Diluc pianta entrambe le mani a metà tra i fianchi e le natiche altrui e spinge. I gemiti di Kaeya riempiono la stanza in poco tempo, mentre lui si spinge cercando ogni volta un punto più profondo, anche se fisicamente non è possibile e ha già trovato la zona erogena.
Kaeya viene contro di lui, dando finalmente sfogo all'orgasmo di cui aveva bisogno. Accecato dal climax si muove ancora per più di qualche spinta, quasi cercasse di prolungare più possibile la sensazione che lo porta a stringersi intorno a Diluc e ad ansimare contro il suo orecchio in un modo indecente che non fa altro che portare Diluc ad aumentare il ritmo delle sue spinte. Lo sente più sensibile che mai mentre di proposito porta una mano a pizzicargli un capezzolo prima e a toccargli l'eccitazione come se non fosse appena venuto contro il suo stomaco. Non sa se Kaeya sia tipo da implorare ma in quel momento lo fa: come in uno stato febbrile gli chiede di più, poi gli chiede di lasciarlo andare, poi di nuovo di più, di più Diluc.
Gli viene dentro in un modo che sembra quasi violento, improvviso; sente le unghie di Kaeya affondare nella sua schiena e glielo lascia fare.
*
Si sveglia e se lo ritrova di fianco. Kaeya dorme accanto a lui, mentre le prime luci dell'alba suggeriscono a Diluc che ha ancora un paio di ore buone per dormire prima di doversi alzare per prepararsi a partire di nuovo.
Non sa ancora se tra qualche ora lo lascerà davvero alle porte della città o se deciderà di fingere di perderlo di vista per poi ritrovarlo e offrirgli un passaggio al ritorno.