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Prompt: “Sapeva già che sarebbe stato un disastro”

Missione: M2 (week 1)
Parole: 1550
Rating: teen up
Fandom: original

Warnings: linguaggio colorito



Sapeva già che sarebbe stato un disastro. Quello che non aveva considerato era la portata del disastro e le aggravanti.


Yukinaga si è sempre reputato una persona pacifica e no, essere diventato capitano della squadra di kendo e avere dei legami con un ex gruppo mafioso non è il tipo di cosa che lo definisce - né quella di cui parla con i compagni di classe durante l'intervallo, a dirla tutta. Yukinaga, il cui nome è ormai storpiato in ogni modo perché evidentemente lì in Germania c'è un problema quando una parola include troppe vocali, è lo stereotipo del ragazzo giapponese nella mente di molti lì ma non se ne è mai davvero fatto un problema. Dopotutto la sua famiglia lo conosce in ogni sua sfumatura e gli basta questo - non importa davvero che la nuance in questione sia cosa gli piaccia mangiare nei giorni in cui è giù di morale, o quante persone sarebbe in gradi di uccidere impugnando una katana. 


La situazione lì nella cucina di casa Sievert è qualcosa che definirebbe drammatica e poco importa quanto Yamato, in visita, continui a ripetergli che "dopotutto la maggior parte del cibo era già stata spostata ed è salva". I suoi occhi non si schiodano dalla figura di Rikiya che, Yukinaga non ha bisogno di leggergli nella mente per saperlo, è a metà tra cercare una via di fuga già consapevole di non averla e il desiderio di potersi far inglobare dal pavimento. O di potersi fingere morto come un opossum ed essere credibile. E' solo con la coda dell'occhio che il ragazzo, ormai inquadrato da tutti anche ufficialmente come il secondo in comando dei Miyuki - se non fosse che non serve più il concetto di un secondo in comando, ma ha rinunciato a ripeterlo soprattutto a Irina -, tiene d'occhio il disastro purtroppo già analizzato fin troppo nel particolare. La credenza? Un ricordo di altri tempi, con uno sportello ancora aperto e il resto pieno di farina e polveri di altro genere. Una cosa che in casa Sievert può significare "cacao amaro" o "polvere da sparo" ma ha deciso per il proprio bene di dare per scontato ci sia solo il primo nella cucina. Il lavandino, un'ecatombe di piatti, forchette e ciotole utilizzate sopra cui un tempo doveva esserci stato del sapone per piatti o almeno dell'acqua corrente... ora devastati da glitter. Sulla sinistra, la tavolata usata ogni mattina per la colazione senza preoccuparsi di apparecchiare nel salone dati gli orari tutti diversi degli occupanti di casa. Basta uno sguardo anche solo sbieco per rendersi conto di come sia sinistramente piegata e la tovaglia poggiata sopra per evitare macchie del cibo preparato per tutta la durata della mattina non è sufficiente a mascherare come, quasi senza dubbio, nella parte centrale debba essere spezzata. 


Un sospiro lento e lungo è quello che si fa scivolare tra le labbra, le braccia incrociate al petto e gli occhi ambrati fissi sulla figura di Rikiya come se volesse sfidarlo ad alzarsi dalla posizione seiza in cui è da cinque minuti. Quasi lo sfidasse ad andarsene senza il suo permesso -  non che di norma debba chiederglielo né Yukinaga si sia mai posto in quei termini, ma un po' di sano regno del terrore a volte è necessario. 




Yamato ha smesso anche di cercare di salvare l'insalvabile, limitandosi a restargli di fianco, sebbene Yukinaga sospetti possa essere più per un eventuale e disperato tentativo di aiutare Rikiya che non per spalleggiare lui. Non che la cosa lo offenda, in ogni caso, e la sua attenzione è comunque su ben altro adesso.


«Rikiya.»


L'altro giapponese sobbalza appena, perché Yukinaga si ricorda bene di quando una volta gli ha detto "Yuki-san, mi fai più paura quando non urli. In effetti non urli mai, quindi mi fai sempre abbastanza paura" e dunque non solo per indole, ma anche per rimarcare il concetto non alza la voce in questo momento. Aspetta però di vedere le iridi altrui posarsi sulla propria figura, vedendolo irrigidirsi nelle spalle al pari di chi sta cercando di farsi coraggio e mostrare una sorta di dignità. Gliene dà atto.


«Sono abbastanza sicuro di aver parlato con te di molte cose riguardanti il tuo potere.» comincia, senza spostare lo sguardo da lui «Proprio perché io non ne ho uno e quindi in molti casi non so bene come rendere più facili le cose a voi ability user, se non me lo dite chiaramente. Mi hai spiegato che a volte le esplosioni arrivano prima di poterle fermare o controllare, sì?» chiede una conferma di cui non ha bisogno, ma al di là di tutto ha sempre cercato di non dare per scontato niente con le abilità delle persone che Tatsuya ha conosciuto nel tempo o - come nel caso di Rikiya - direttamente accolto in casa. 


«...Esatto.» pronuncia Rikiya deglutendo, suo malgrado, in modo piuttosto rumoroso. Yukinaga finge di non notarlo.


«Se non sbaglio, poi, queste esplosioni spesso dipendono da quello che provi, giusto? Nel senso che se perdi il controllo e ti arrabbi molto, per esempio... beh.» un'occhiata laterale al tavolo «Credo di non dover fare descrizioni troppo lunghe.» aggiunge, tornando a guardare il colpevole dello stato pietoso in cui versa la cucina. Stavolta, Rikiya si limita ad annuire sebbene Yukinaga lo veda in procinto di dire qualcosa e poi ripensarci molto velocemente. Non ha bisogno di guardare Yamato per scommettere sull'alta possibilità che il suo ragazzo abbia fatto cenno a Rikiya di tacere per accelerare tutta la questione.


«Quindi» riprende, cercando di non incurvare le labbra nel sorriso spontaneo che minaccia di scappargli solo perché ha un partner troppo cuore di panna «cosa avevamo concordato riguardo i preparativi per la festa di oggi?» domanda e stavolta si assicura di guardare Rikiya in modo da non lasciare spazio a dubbi sul fatto di volere da lui una risposta verbale e articolata, non un docile annuire o dargli ragione.


«Ma Yuki-san...!» comincia lui, salvo fermarsi - deve bastargli l'occhiata che Yukinaga cerca di rifilargli in maniera inequivocabile, ossia una per suggerirgli di non iniziare da delle scuse ma da quanto si erano effettivamente... detti, più che promessi. Un accordo, per così dire appunto.


«...Avevamo detto che non avrei aiutato in cucina, ma che potevo occuparmi degli addobbi esterni.»

«E questo perché?»
«Perché se esplode qualcosa fuori al massimo chiediamo scusa ai vicini.» se ne esce Rikiya provando a buttar lì una battuta. Yamato, stavolta senza nemmeno curarsi di non farsi vedere o di indietreggiare di quel passo sufficiente a non rientrare nel campo visivo di Yukinaga, gli sillaba (con tanto di gesto della mano) un "too soon". Rikiya sembra cogliere al volo, come tutte le persone - e gli animali? - molto istintivi.


«Ehm» si schiarisce la voce «perché le esplosioni all'esterno possono essere contenute meglio. Insomma, almeno quelle del mio potere.» specifica, finendo per posare su Yukinaga lo sguardo di chi vorrebbe aggiungere altro ma non osa farlo senza permesso.


«Quindi perché è esplosa la cucina, Rikiya?» chiede lui, ancora con le braccia strette al petto, ma in evidente ascolto. L'altro giapponese sospira, sconsolato: «Perché volevo aiutare con la torta. Ma poi è passata Irina-san.» un nome una garanzia, per chi soffre di cuore (Freyr) o ha il tipo di capacità molto influenzata dall'emotività (Rikiya). Yukinaga sente già il mal di testa: «Che stava seguendo Jack» prosegue l'altro e questo, in effetti, fa inarcare un sopracciglio a Yukinaga perché non lo aveva affatto previsto.


«Jack?» ripete, per essere sicuro di aver compreso bene «Il pappagallo di Freyr?»

«Sì!» si illumina Rikiya, quasi quel riconoscimento lo scagionasse «Urlava come al solito ed Elias urlava minacce e poi Irina è entrata e pensavo volesse tipo farci il tiro al bersaglio con i coltelli da lancio.» prosegue, tutto preso dalla discussione.


«I coltelli da lancio che usa per cercare di uccidere Tatsuya-san quando si annoia, in onore dei loro vecchi tempi prima che fossero alleati ufficiali?»

«No, credo a un certo punto abbia preso quelli di Xylia della cucina.»


Un silenzio di tomba cade tra loro, sebbene per la durata di non più di una manciata di secondi.


«...Non stai per dirmi che avete fatto esplodere la cucina e lanciato via i coltelli di Xylia, vero?»

«No, quelli li ha rubati Jack. Sapevi che sapeva prenderli al volo? Ci credo che Elias non riesce ad ammazzare quel pennuto di merda. Gli avevo proposto di farlo esplodere in aria, secondo me funzio–»

«Gli hai proposto che cosa?!» sbotta definitivamente, sciogliendo l'incrocio delle braccia e fissando Rikiya come se fosse a tanto così da renderlo un puntaspilli, ma con i suddetti coltelli che in effetti - a guardarsi meglio intorno - non riesce a individuare tutti.


«Ma solo per gioco, mica lo uccido davvero!»

«Ci mancherebbe altro!» sbotta Yukinaga, finendo col portarsi una mano alla tempia per massaggiare tutto: «Okay, lasciamo stare per un attimo Jack» riprende «ti voglio fuori dalla cucina, chiama chi non sta ultimando i preparativi e mandamelo, così cerchiamo di pulire e salvare quello che non avete completamente distrutto.» pronuncia, cercando di valutare intanto a vista cosa sia fattibile abbastanza.


Rikiya pronuncia uno sbrigativo «Sì!» fiondandosi fuori dalla cucina. 


Ci vogliono trenta secondi perché si sentano un «PENNUTO DI MERDA» e un'esplosione.


Yukinaga sospira, stanco. Se non altro proviene dal giardino e il fastidioso «CRAAAAAA» di Jack gli fa supporre di non dover anche sotterrare un cadavere.


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