Feb. 5th, 2020

hakurenshi: (Default)
 

Prompt: “Sometimes good things fall apart so better things can fall together. Every story has an end, but in life every end is just a new beginning.”
Missione: M1 (prepararsi per il viaggio)
Parole: 985
Warnings: //



Il silenzio nel corridoio è a metà tra quello carico di aspettativa e quello a cui alcune persone sanno abituarsi con grande facilità, lasciando il disagio agli altri. Sono in due a occuparlo e hanno condiviso così tanto che di parlare hanno sempre avuto ben poco bisogno. Anche adesso occupano uno spazio, ma non lo riempiono con alcun suono; Tatsuya sta seduto, le braccia in un incrocio morbido vicino al petto, le spalle rilassate, le gambe accavallate. Jin - migliore amico, collega fidato, compagno di esperimenti della pubertà se si vuole - sta in piedi a pochi passi, la schiena poggiata al muro.

«Isen?»
«Con Sihan.» replica Jin, occhieggiando la porta chiusa. La sua guardia del corpo, che fino a poco tempo fa avrebbe occupato il posto della sua ombra, ora è con sua figlia; dal cambio di boss nel clan Moriguchi, anche il braccio destro del boss è cambiato e il meeting al quale un tempo avrebbero partecipato entrambi ora li vede solo in attesa che questo finisca. 

Non si poteva ancora parlare di vero e proprio cambio generazionale, per così dire, ma in genere nel loro ambiente si finiva per aspettarsi la caduta di un leader e non una normale successione. Invece sia lui che Jin, per motivi diversi, avevano lasciato che accadesse tutto in maniera piuttosto naturale.

«Ammetto che un paio di nuovi leader mi fanno quasi tornare voglia di rientrare nel summit.» commenta divertito.

«Non ti darebbero altrettanta soddisfazione.» gli fa notare Jin, sulle labbra un sorrisetto sornione che dice troppe cose. Tatsuya lo adocchia ma non replica, si limita allo sbuffo di chi la sa lunga quanto il suo interlocutore; Jin resta in piedi per poco, staccandosi dalla parete e raggiungendolo con pochi passi, andando a sederglisi di fianco.

«Vogliamo scommettere sull’esito della votazione?»

Non dovrebbero, quando la votazione in corso è su un argomento così delicato come lo scatenare o meno un secondo conflitto “interno”- con il primo c’erano, hanno colpito quello che era il vertice del loro summit, ripulito e ricostruito; stavolta si tratterebbe di far cadere una grande organizzazione con un ruolo importante ricoperto da anni e le cui valide alternative sono tutte troppo lontane per la maggior parte delle persone che ne hanno bisogno. Non stanno solo scegliendo se provare a liberarsi di qualcosa (e qualcuno) che farò resistenza prima di cadere, ma anche di capire se stiano davvero eliminando qualcosa di buono per qualcosa di ancora più buono e non per qualcosa di caotico e potenzialmente pericoloso. Non è già questa una scommessa pericolosa?

«So come avremmo votato noi» risponde Tatsuya «ma su qualche leader non metterei la mano sul fuoco.»
«Itsuki voterà sì.»

Si guardano un attimo e sanno entrambi che è così: Itsuki conosce i precedenti, ha una responsabilità data dalla cognizione di causa. 

«Penso che anche Eishi-kun finirà col votare a favore della guerra.» aggiunge Jin e non c’è, di nuovo, nessuna sorpresa. Guardare quei due giovani leader è per entrambi come guardarsi allo specchio. Le incognite sono altre, consigliate ognuna da un braccio destro pacato o inadatto alla guerra e allo scontro o al rischio. 

La porta si apre e cominciano a uscire; Tatsuya sofferma lo sguardo su ognuno di loro, senza bisogno di chiedere, molto più portato a indovinare, a insinuarsi nei pensieri degli altri. Quasi non guarda Itsuki ed Eishi, gli basta un breve sguardo per Sakura, Soen sembra avere il principio di un mal di testa che tradisce tante idee e tante opinioni ascoltate ma anche lo scontro di punti di vista - quindi, è abbastanza evidente, non c’è stata subito unanimità.

Gli ultimi a uscire sono Yukinaga e Rokuya, eccezionalmente accompagnato da Izumi. Il più giovane dei Sohma ha l’aria decisamente provata, il sudore a imperlargli la fronte ed è pallido come se avesse appena fatto un tale sforzo fisico dall’essere a un passo dallo svenimento . Tatsuya risconosce quella condizione fisica come la risposta a un utilizzo spropositato e ripetuto di un’abilità psichica.

Il Butterfly effect. Quasi scontato che lo avrebbero sfruttato per decidere al meglio possibile - esiste un meglio? Izumi è in grado di vederlo, quando non è tanto sul futuro ineluttabile che si affaccia la sua capacità quanto più si una serie di concatenazioni possibili?

Rokuya forza Izumi a sedersi e riprendersi un minimo: Yukinaga intanto raggiunge Tatsuya e Jin, con un’espressione che sarà sempre troppo seria per la sua età. Tatsuya allunga una mano per dargli una pacca sulla schiena, un gesto discreto e di conforto. Yuki è troppo giovane per capirlo davvero - che non si cerca di fare meglio solo quando va male ma anche quando va bene, quando è difficile lasciarsi dietro qualcosa di positivo per paura di abbandonare una sicurezza per l’ignoto. Tatsuya lo sa, perché dopo la perdita del suo gruppo aveva trovato qualcosa che poteva almeno essere un palliativo e sarebbe stato abbastanza, ma in qualche modo nel lasciarli aveva avuto una famiglia nuova, in cui non aveva nemmeno osato sperare. E da allora, forse perché il karma lo aveva già preso a calci in culo abbastanza, ogni parentesi chiusa si era aperta su qualcosa di migliore e aveva cancellato l’ansia e la paura di lasciarsi dietro le cose già buone, il senso di colpa per un apparente non accontentarsi mai. 

Lo sguardo di Yukinaga dice, in silenzio, “sarà guerra”, che vuol dire “forse dovremo uccidere chi ti ha dato una casa quando noi non c’eravamo ancora”. Yuki ha il cuore buono e semplice di chi ha bisogno di pochissimo per essere felice e non sente la necessità di aspirare a qualcosa di più.

«Sarà guerra.» dice davvero, non solo con lo sguardo «Forse dovremo colpire i tuoi ex compagni.» aggiunge piano. Tatsuya sente almeno quattro paia di occhi su di sé; può peggiorare, sì, e può avere danni collaterali.

Ma se invece andasse meglio?

Guarda Jin, con un sorriso enigmatico: «La scommessa è ancora valida?»


hakurenshi: (Default)
 

Prompt: pioggia, sereno, neve
Missione: M2 (ogni posto è casa mia)
Parole: 2881
Warnings: human!characters, shonen-ai 



L’Arena Celeste nel corso dei secoli non aveva mai avuto un’affluenza “di mezza misura”: o la si trovava gremita di divinità per le occasioni importanti e ricorrenti durante l’anno, oppure incontrava pochi presenti richiamati per un colloquio privato con il Signore Celeste. In questo caso, non era piena quanto i rituali e le feste la rendevano, ma contava di diverse teste. La maggior parte degli spettatori in condizioni normali avrebbero dovuto cercare di fermare quanto si stava scatenando nell’arena, ma dal momento in cui il Signore Celeste aveva dato disposizioni che così si risolvesse quella rivalità ormai divenuta quasi insostenibile, nemmeno quelli convinti che tutto quello fosse disdicevole avevano osato andare contro alla sua scelta.

L’arena somigliava in tutto e per tutto a una di quelle che i mortali negli anni avevano costruito per i loro giochi o i loro scontri di fronte al grande pubblico, molte delle quale erano ormai considerati niente più che cimeli di storia che presto o tardi i cambi meteorologici avrebbero modellato di nuovo o stroncato del tutto. Grandi spalti si affacciavano a destra e a sinistra della zona centrale e circolare, mentre a nord c’era un solo grande trono, posto d’onore per il Signore Celeste. 

Quando l’arena ospitava i giochi erano diversi i protagonisti che si ponevano al centro oppure - in casi di specifici rituali - soltanto due o addirittura uno. Era davvero un’occasione più unica che rara vedere tre persone contemporaneamente e con l’unico scopo di combattersi l’un l’altro.

«Osserva con attenzione, Suna.» pronunciò l’uomo al suo fianco e Suna non poté che focalizzarsi ancora di più sui tre occupanti dell’area centrale. Il divino Tsuchi lo aveva preso sotto la sua ala protettiva da quando era diventato una divinità minore e da quel momento Suna aveva cercato di apprendere da lui più possibile; il suo aspetto era quello di uomo che tra i mortali non sarebbe risultato che a metà della propria vita, anche se essendo un dio quel che si portava sulle spalle erano almeno novecento anni se non di più. Fin da subito Suna non aveva faticato né a riconoscerlo come una divinità importante - essere Signore della Terra non era qualcosa che si poteva ottenere dall’oggi al domani o con poco e negligente esercizio - né a comprendere che da lui avrebbe potuto solo imparare, e per questo cercava di non deludere le sue aspettative e di essere un degno sottoposto.

Nel voltarsi a guardarlo quando lo sentì parlare di nuovo, Suna notò il sorrisetto divertito dipinto sulle labbra del suo maestro: «Per quanto siano giovani e sciocchi nel migliore senso possibile, i tre che vogliono sfidarsi sono comunque del tuo stesso grado anche se a un diverso livello e un giorno potresti essere ai vertici proprio con uno di quei tre.» assicurò concentrandosi su di loro, le braccia incrociate al petto.

Ovviamente quando la notizia che il Signore Celeste aveva richiesto uno scontro ufficiale tra ben tre divinità minori era serpeggiata tra le abitazioni celesti, la voce si era sparsa in fretta e Suna aveva cercato più informazioni possibili su di loro; in un primo momento credeva che fosse una lite tra sottoposti della stessa divinità maggiore - quella dell’Acqua - ma poi sapendo che anche il Signore del Sole si trovava tra i tre litiganti, aveva dovuto rivedere le sue certezze. 

Al lato destro dell’arena, stava una delle prime divinità minori che Suna avesse incontrato quando era arrivato alla dimora degli dèi. La Signora della Pioggia era una personalità particolare: per il fatto che lavoravano insieme, lei e il Signore del Fulmine giravano molto spesso insieme tanto che molti pensavano fossero fratello e sorella; in verità non soltanto si erano conosciuti solo “sul lavoro”, ma avevano personalità così diverse che non era raro venissero scambiati l’uno per l’altra. Nelle sue vesti plumbee come i cieli che oscurava quando portava la propria essenza tra le nuvole, teneva un grande ventaglio nella mano sinistra, ampio abbastanza da coprirle buona parte del torace quando era interamente aperto - forse anche per la sua fisicità piuttosto minuta, scelta per due motivi importantissimi (a suo dire) che non si stancava mai di ripetere se richiesto, ossia “le ragazze mortali piccole di statura sono più carine” e “così tutti pensano che sia innocua, questa è strategia vincente”. Il suo carattere era il completo opposto di quello che si associava alla pioggia, ossia grigio, tendente al triste e al depresso; era esplosiva, sempre carica di energia e competitiva. Persino Suna l’aveva erroneamente creduta una sottoposta della Signora del Fuoco.

«Kaminari, Kaminari!» la vide esclamare, dando in parte le spalle ai suoi avversari per sbracciarsi verso il Signore del Tuono in prima fila tra le tribune alle sue spalle «Guarda come si fa! Così puoi combattere anche tu per l’orgoglio di noi del brutto tempo!» aggiunse con il petto gonfio di orgoglio. Suna non poteva esserne certo, dalla sua posizione, ma era abbastanza sicuro che l’indole remissiva e timida del Signore del Tuono gli stesse facendo desiderare di scomparire, inghiottito dal suo stesso posto a sedere, e di non dover mai combattere per l’orgoglio di niente e nessuno. Specie il proprio. 

Non appena si fu di nuovo voltata verso i suoi avversari, non perse tempo a sventolare due volte il suo ventaglio; in un momento, come incantate da una musica ipnotica, le nuvole sopra le loro teste cominciarono a farsi più vicine prima e grigie poi, sempre più scure e cariche, pesanti. Senza ulteriori indugi, Ame - quello il nome della Signora della Pioggia - portò il ventaglio davanti a sé e dall’alto al basso diede un terzo colpo. Quasi in risposta a un comando, la pioggia cominciò a cadere, dapprima fina e poi sempre più fitta. Per il pubblico non era ovviamente un problema, grazie all’immenso potere del Signore Celeste, ma altresì non si poteva dire degli altri sfidanti: in un attimo sia quello al lato sinistro dell’arena, sia quello al lato sud vennero completamente bagnati dalla testa ai piedi, con grande disappunto di entrambi probabilmente. Soddisfatta, Ame puntellò un pugno sul fianco, lo sguardo orgoglioso sullo sfidante davanti a lei e poco più di uno sguardo all’altro. 

Chiunque avrebbe potuto pensare che scorresse cattivo sangue più tra Pioggia e Sole che non tra Pioggia e Neve, ma Suna aveva appreso con facilità il motivo della maggiore rivalità tra i secondi e si doveva al fatto che a differenza di Ame e Kaminari, Ame e Yuki - il Signore della Neve - non potessero davvero coesistere insieme nemmeno nel maltempo. L’acqua, d’altronde, veniva congelata se c’era la neve e viceversa la presenza della pioggia implicava temperature troppo basse per la neve. Così i due riuscivano a coesistere ancora meno pacificamente di quanto facessero con il Signore del Sole - che, forse, era aiutato anche dal suo carattere estremamente mite e poco adatto a scontri come quello. Non c’era da stupirsi dunque che non avesse l’aria di volersi prestare a tutto questo e, al contempo, che gli altri due non lo stessero degnando di particolari attenzioni.

Yuki alzò lo sguardo verso la pioggia, le sopracciglia aggrottate in un’espressione abbastanza seccata. La sua veste bianca gli fasciava il corpo snello e slanciato. Suna aveva sentito dire spesso, ancora prima di incontrarlo, che fosse conosciuto in tutto il Regno Celeste: bello ed etereo, si mostrava di tanto in tanto ai mortali che si smarrivano nelle tempeste di neve causate dal suo malumore per evitare che morissero congelati a causa sua e tutti, senza eccezioni, rimanevano affascinati da lui come dal canto di una sirena. In effetti si diceva anche che il canto del Signore della Neve fosse rarissimo da udire ma anche meraviglioso, uno dei suoni di cui il Signore Celeste amava bearsi in privato e che aveva richiesto fosse messo a disposizione dei rituali più importanti del Regno. Occhi azzurro ghiaccio e chioma lunga, legata in una morbida treccia che scivolava sulla spalla sinistra, il Signore della Neve sembrava quasi una bambola. 

Peccato avesse un carattere e un vocabolario orribili.

Suna vide la sua mano portarsi con un gesto lento vicina al fianco dove una piccola custodia aveva sempre dato l’impressione che potesse esserci dentro una spada corta, minimo sindacale per l’autodifesa; invece Yuki ne estrasse un flauto, lungo e bianco alabastro che nessun mortale avrebbe mai usato per uno strumento musicale ma che era poca cosa da gestire per uno spirito o una divinità, anche se ancora minore. Nel momento in cui le labbra del Signore della Neve toccarono lo strumento, una melodia lenta e leggera invase l’aria dando la sensazione di stare rallentando ogni cosa. Solo dopo qualche istante Suna comprese come stesse davvero rallentando la pioggia: ne scese sempre meno, e per quanto le nuvole rimanessero scure e raggruppate su di loro, alla fine le gocce rimaste a cadere da esse parvero cristallizzarsi e prima che tutti gli spettatori potessero rendersene davvero conto, piccoli fiocchi di neve avevano cominciato a cadere ed ammassarsi in silenzio a terra. 

Ame fece un cenno stizzito, senza però darsi per vinta così facilmente; il ventaglio, che non era mai stato chiuso, fu mosso più volte e a ogni ondata nuova pioggia si scatenava e in risposta Yuki continuava a suonare, rallentando l’intero processo. A un certo punto sembrava impossibile distinguere quando la pioggia iniziasse e finisse lasciando spazio alla neve. Un attimo prima sembravano coesistere, cosa che non erano mai state in grado di fare, e l’attimo dopo in realtà cercavano solo di travolgersi a vicenda.

«Smettila di essere così odioso, la tua stupida neve non fa altro che rendere tutto freddo e inavvicinabile!» sbottò Ame, frustrata di certo dal non riuscire a prendere il sopravvento come avrebbe voluto. Yuki, che non aveva detto una sola parola da quando avevano iniziato a scontrarsi, sfruttò lo stesso tipo di comunicazione che in genere si utilizzava con i mortali nei rari casi in cui una delle divinità decideva di parlare con uno di loro: un’espressione mentale, che permetteva di non parlare direttamente con loro e, in questo caso, faceva sì che il Signore della Neve non dovesse interrompere la musica cadendo in una trappola semplice ma efficace.

«Forse dovresti imparare a stare al tuo posto e lasciare l’inverno al sottoscritto. Odio le mezze divinità che non sanno nemmeno quale stagione sia di loro competenza.»
«Io posso esserci sempre!» esclamò irritata, dando un’altra ventagliata e scatenando un acquazzone che - se avesse combattuto insieme al Signore del Tuono - sarebbe stato di certo una tempesta tremenda già da un pezzo.

«Come quando in estate rendi tutto insopportabilmente appiccicoso? Bellissimo. Che schifo
«COME OSI.»

Suna continuava a mantenere lo sguardo su di loro, attento, quando sentì il divino Tsuchi accanto a sé sospirare rassegnato, mormorando un «Ah, non c’è niente da fare...» che non comprese finché non vide i gesti della Signora della Pioggia e del Signore della Neve. Indignata, Ame aveva portato il ventaglio in alto, stendendo il braccio verso il cielo; da lì, con la stessa forza che un combattente avrebbe potuto mettere per schiacciare l’avversario a terra a mani nude, lei abbassò il suo fido compagno e questo portò le nuvole a scaricare una tale quantità d’acqua che se l’arena non fosse stata incantata dal potere del Signore Celeste, sarebbero stati inondati. E per la verità, il rischio per i tre contendenti era alto: Yuki in risposta pronunciò mentalmente un «E’ per questo che odio le persone e le divinità stupide!» e velocizzò la sua melodia, come se avesse improvvisamente cambiato brano, e un  muro di solida neve si frappose tra lui e tutta la pioggia che si stava accumulando tra loro.

Suna temette seriamente che la barriera isolante avrebbe ceduto - o, visto che essa dipendeva dal Signore Celeste il cui potere era ben superiore anche a quello di dieci divinità minori messe insieme, che i tre avversari sarebbero rimasti travolti non solo gli uni dai poteri degli altri ma anche dai propri. Invece, quando ormai non vedeva una soluzione pacifica a quel litigio, la pioggia cominciò lentamente a placarsi; quando si fu fatta meno fitta, la neve di Yuki prese a sciogliersi fino a diventare acqua sotto lo sguardo inizialmente confuso sia di lui che di Ame. Infine, sotto lo sguardo degli spettatori e delle due divinità minori, sia l’acqua piovana che quella una volta neve, presero a evaporare e uno spiraglio di sole fece capolino dalle nuvole scure. Un raggio dopo l’altro, divenne chiaro cosa stesse succedendo: distratti dal fare dei due più presi dalla battaglia, anche Suna e gli altri spettatori avevano rimosso la presenza del terzo contendente.

Ancora fermo al lato sud dell’arena, quasi finora la cosa non lo avesse riguardato, il Signore del Sole aveva già attivato la sua reliquia da tempo: un pendente con una pietra preziosa e di generose dimensioni incastonata al suo centro stava galleggiando a mezz’aria tra le mani del suo padrone. Suna aveva sempre avuto un’impressione molto vaga del Signore del Sole: amichevole, sorridente, dall’animo mite per sentito dire e di aspetto semplice, con un impatto minimo. A vederlo le sue fattezze lo facevano sembrare più giovane del Signore della Neve e più o meno coetaneo della Signora della Pioggia; agli occhi dei mortali sarebbe sembrato poco più di un ragazzino la cui pubertà era iniziata da pochi anni e sebbene Suna sapesse che era molto più anziano e che aveva una “vera forma” più adulta, sapeva anche che quasi nessuna delle divinità minori l’aveva mai vista.

Taiyou, questo il suo nome, si teneva lontano dai litigi e non negava il suo aiuto a nessuno; viveva un’immortalità spensierata, raramente scendeva tra i mortali e faceva il suo lavoro meticolosamente ma senza mai emergere tra i risultati o nelle dispute, le rare volte in cui ci finiva di mezzo come ora. In effetti Suna non era nemmeno certo che c’entrasse qualcosa, in quel litigio che si cercava di risolvere in maniera “ufficiale”.

Sia Yuki che Ame portarono gli occhi su di lui, ma ormai era troppo tardi: il cielo non era più coperto da nuvole, nemmeno dall’ombra di una di esse, tornato azzurro e limpido. Il sole riscaldava con raggi tiepidi l’arena e il tempo ormai tornato sereno sembrava aver rasserenato anche gli animi al punto tale che, nonostante un blando tentativo della Signora della Pioggia di ribattere, alla fine persino lei dovette arrendersi. Il Signore della Neve, invece, non ci aveva nemmeno provato e aveva già rinfoderato il suo strumento musicale.

«Questo non è per niente leale!» esclamò Ame, un broncio infantile ma il ventaglio chiuso e ormai riposto, segno che non sentiva più abbastanza competizione da volersi ribellare all’ormai evidente vittoria del Signore del Sole. Taiyou sorrise, con fare bonario, muovendosi verso entrambi.

«Spero che non vorrai arrabbiarti troppo con me, Signora della Pioggia. Ma non pensi che una giornata serena sia preferibile? Anche tu ti bei del sole e della bella stagione. Anche se la pioggia è importante.» chiarì subito, quasi ci tenesse a farle vedere il suo valore e che la rispettava in virtù di questo. Suna lo vide muoversi verso Yuki, che sembrava osservarlo di sottecchi pur senza dire nulla, ma fermarsi a pochi passi: «Non potremmo passare del tempo insieme, a goderci il tempo? Per quanto mi riguarda, ogni tua parola è dimenticata, Signora della Pioggia.» assicurò - Suna si chiese, il litigio era forse cominciato a causa di qualche offesa?

Taiyou, vedendo che non c’era rifiuto da parte di Ame, si focalizzò su Yuki: «Il mio Signore può perdonare l’offesa da cui ha cercato di difendermi e unirsi a me?» chiese, un sorriso mite che sembrava suggerire il suo conoscere già la risposta. Il Signore della Neve sospirò, scuotendo appena la testa quasi a sottolineare di non voler credere di aver risolto tutto in modo così poco soddisfacente. Quella parve però una risposta sufficiente per il Signore del Sole.

«I cieli sereni non sono fatti per chi fa nevicare durante l’inverno.» sottolineò piccato, scatenando niente più di una risata cristallina nell’altro.

«Yuki, non sei per niente onesto.» lo riprese con gentilezza «Allora diciamo che sarebbe un peccato se io mi intristissi perché non vuoi farmi compagnia. Oggi è una festa importante per i mortali, cosa faresti se a causa tua io non riuscissi a far restare il cielo limpido e sereno per permettergli di portare avanti i rituali con cui ci accrescono il nostro potere ogni giorno?»

Suna vide il Signore della Neve fissare l’altro con fare quasi truce, in un primo istante, per poi fare un gesto stizzito e acconsentire a lasciarsi trascinare in quella pacifica risoluzione di una lite scatenata poi da una sciocchezza.

«Come volevasi dimostrare.» sentì commentare al proprio fianco, ritrovandosi ad alzare lo sguardo sul suo mentore, incuriosito.

«Divino Tsuchi» lo chiamò «sapevate già che il Signore del Sole ne sarebbe uscito vincitore?»
«Non c’erano molti dubbi.»
«Perché si dice che sia molto più anziano degli altri e con un potere maggiore?» lo interrogò, avido di conoscenza. Dubitava, Suna, che sarebbe mai stato più di una divinità minore ma anche così sentiva di dover sapere quanto più possibile per essere un buon sottoposto del suo Signore. Tsuchi, tuttavia, scoppiò in una risata divertita.

«Ma no, ma no! Solo che il Signore della Neve è debole nei confronti di qualsiasi richiesta venga dal suo consorte!»
...il suo cosa?!

Profile

hakurenshi: (Default)
hakurenshi

April 2025

S M T W T F S
  1234 5
6789101112
1314151617 1819
20212223242526
27282930   

Most Popular Tags

Style Credit

Expand Cut Tags

No cut tags
Page generated Jun. 9th, 2025 11:35 am
Powered by Dreamwidth Studios